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Politiche del lavoro e limiti della (mancata) crescita italiana

La riforma del mercato del lavoro appena approvata si inserisce in un quadro di debolezze strutturali del nostro sistema produttivo, caratterizzato da un terziario avanzato non solo di ridotte dimensioni ma addirittura in decrescita e dalla grande diffusione del lavoro parasubordinato e delle partite IVA monocommittenti. Per uscire dalla via bassa alla competitività non sono sufficienti sole misure di incentivazione indiretta. Occorre una nuova politica degli investimenti che sia in grado di agire direttamente sulla domanda rilanciando la creazione dioccupazione nei settori a più alto tasso di valore aggiunto.

Il Jobs Act non cambia verso alla crisi dell’occupazione e del paese

L’austerità fiscale e la flessibilità del lavoro, malgrado non siano riuscite a trainare l’Europa fuori dalla gravissima crisi degli ultimi anni, continuano a rappresentare i pilastri della sua politica economica. Anche il Jobs Act non si discosta da queste direttrici, in quanto attua una politica che mira alla stagnazione dei salari nominali. Ciò che invece appare indispensabile per rilanciare lo sviluppo è la crescita della produttività e delle retribuzioni, che deve essere agevolata il più possibile attraverso l’individuazione di un’adeguata politica industriale e dell’innovazionee la rimozione dei vincoli fissati a livello europeo.

Dignità del lavoro e lavoro dignitoso

È sufficiente, anche in un periodo di crisi, porsi il problema di offrire occupazione o è necessario interrogarsi sulla qualità dell’occupazione che si intende creare, sulle sue caratteristiche, sulla dignità stessa del lavorare? Che sia doveroso intervenire sulle norme che regolano il nostro mercato del lavoro è innegabile, ma non rinunciando a mantenere integra la dignità del lavorare, e non solo per motivi etici o filosofici: far lavorare in condizioni poco dignitose, a lungo termine, compromette la produttività e la competitività delle nostre imprese.

Jobs Act: tutele al ribasso

Il nuovo contratto a tutele crescenti introdotto dal Jobs Act è una riforma dal sicuro impatto mediatico ma che si rivela nella sostanza nebulosa e ingannevole. Nato come misura emergenziale in risposta alla progressiva perdita di qualità del lavoro degli italiani, esso non sembra essere in grado di migliorare le condizioni di vita dei lavoratori, a meno che non sia affiancato da un sistema di tutela del lavoro e dei redditi ampio e diffuso come quello che ha funzionato in Italia per quarant’anni, seppure con enormi limiti. Così strutturato, il contratto a tutele crescenti non può dunque che rivelarsi uno strumento per la creazione di nuove diseguaglianze. E anche se inizialmente produrrà un aumento delle assunzioni, difficilmente riuscirà a rendere stabile questa tendenza.

Jobs Act a rischio di incostituzionalità

Se in termini generali è possibile nutrire dubbi circa la compatibilità costituzionale dell’intero modello di flexicurity che le continue modifiche al diritto del lavoro stanno costruendo il Italia, il Jobs Act, nello specifico, presenta diversi elementi di incoerenza con i principi fondamentali della Carta costituzionale italiana e dell’ordinamento europeo, in merito sia alla scelta del ricorso alla delega legislativa, sia alla disparità di trattamento tra vecchi e nuovi assunti e alla precarizzazione del contratto a tempo indeterminato che va a introdurre.

Lavoro in Italia: vecchie debolezze e insicurezza crescente

Le numerose riforme che si sono succedute negli anni hanno reso sempre meno veritiera l’immagine di un mercato del lavoro italiano statico e soffocato da rigidità. I dati rivelano infatti che, complice anche la crisi economica prolungata, il lavoro in Italia si caratterizza sempre più per il suo essere atipico e a tempo parziale, strutturato su orizzonti temporali molto brevi, con frequenti casi di sovraistruzione e una perdurante precarietà anche per le fasce di età più adulte. È questa la realtà in cui si colloca il Jobs Act, e solo nel lungo periodo sarà possibile valutare appieno l’impatto del nuovo contratto a tutele crescenti e verificare se esso porterà davvero a ridurre la precarietà o non contribuirà piuttosto a estendere a una più ampia platea di lavoratori il sentimento di insicurezza che oggi caratterizza solo alcuni.

L’impatto della riforma del lavoro

La discussione in corso sulla riforma del mercato del lavoro conseguente all’approvazione del Jobs Act si è incentrata soprattutto sulla relazione tra flessibilità e crescita economica. Aggiustare il livello e la composizione della forza lavoro per adattarla alle nuove esigenze del mercato e favorire così la crescita delle imprese può essere senz’altro utile al rilancio dell’economia. Non bisogna però sottovalutare l’aumento dei costi sociali che queste misure possono comportare, nonché le implicazioni sul sistema politico e sulla qualità della democrazia del nostro paese.