Il lascito del revisionismo

Di Filippo Focardi Martedì 17 Aprile 2018 16:28 Stampa

Alla fine del 2006, dopo un quindicennio di tambureggiante revisionismo culturale galvanizzato dalla stagione politica berlusconiana, uno dei più acuti studiosi delle vicende dell’Italia repubblicana – lo storico Giovanni De Luna – affidava a un articolo pubblicato su “La Stampa” l’ammissione di una sconfitta: “Resistenza: hanno vinto i revisionisti”. De Luna riscontrava come ormai su giornali e televisioni imperversassero le “tesi di De Felice”, mentre il mercato editoriale era dominato “dall’infittirsi dei libri di Giampaolo Pansa e Bruno Vespa”.

In effetti, l’azione demolitiva contro l’antifascismo e la Resistenza era stata sistematica: accuse alla Resistenza come sanguinosa guerra civile voluta dai comunisti per attuare i propri progetti rivoluzionari; riduzione dell’8 settembre a “morte della patria” e a “giorno del disonore” anziché inizio del riscatto democratico del popolo italiano; richiesta di “parificazione” – anche legislativa – tra partigiani e “ragazzi di Salò”;

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