Superare il “teorema meridionale”: una politica per il Mezzogiorno basata sui fatti

Di Gianfranco Viesti Mercoledì 27 Ottobre 2010 15:59 Stampa
Superare il “teorema meridionale”: una politica per il Mezzogiorno basata sui fatti Foto: Emanuele Franco

Gianfranco Viesti commenta le proposte per una nuova politica di sviluppo per il Mezzogiorno pubblicate da Italianieuropei.

La scheda di Italianieuropei sulle politiche per il Mezzogiorno appare ragionevole e per molti versi condivisibile. Parte da una constatazione, che è ovvia ma che negli ultimi tempi si tende troppo a trascurare. Le condizioni nelle quali, nelle regioni del Sud, le imprese operano e i cittadini vivono sono per molti versi insufficienti a garantire un adeguato sviluppo del sistema delle imprese e una sufficiente qualità della vita. Non vi è uno specifico fattore di debolezza, ma un insieme di cause. Ad esse devono fare fronte le politiche di sviluppo regionale e le politiche ordinarie.
Le prime affrontano principalmente i grandi temi dell’infrastrutturazione materiale e immateriale del territorio: si pensi al sistema dei trasporti e alla sua cruciale importanza per consentire una adeguata mobilità delle merci e delle persone (siano esse residenti o turisti). Le seconde affrontano principalmente le questioni dei grandi servizi pubblici: si pensi all’importanza della garanzia di sicurezza e giustizia come precondizione per lo sviluppo di qualsiasi forma di impresa.
Qualsiasi politica non può che essere strutturata su un insieme di obiettivi contemporanei, e in un’ottica di lungo periodo. Il raccordo fra politiche regionali (straordinarie) e politiche ordinarie ne è un aspetto cruciale.
L’esperienza dell’ultimo decennio, con successi e insuccessi, fornisce utili elementi per migliorare tanto la progettazione quanto l’attuazione degli interventi (chi fosse interessato può guardare il mio “Mezzogiorno a tradimento”, Laterza, 2009).
Considerazioni quasi ovvie, ma che conviene sempre telegraficamente ricordare: in Italia come in ogni altro paese del mondo lo sviluppo è frutto di un’azione di lunga lena, di un lavoro continuo sulle grandi questioni di fondo. Non ci sono facili scorciatoie, ricette magiche.
Perché queste politiche? Per far tornare a crescere l’Italia. L’Italia non cresce (non cresce più, non cresce a sufficienza), anche e soprattutto perché nelle sue regioni meridionali vi sono vastissime risorse non utilizzate. Principalmente forza lavoro, specie giovane e specie qualificata, che a causa dell’insufficiente sviluppo delle imprese non ha occasioni di lavoro. Mettere al lavoro i meridionali che non lavorano è il più importante motore di crescita di cui dispone il paese: può produrre migliore coesione sociale, maggiori opportunità per i singoli, ma anche più reddito e domanda, più entrate fiscali e contributive, a vantaggio dell’intero paese. Per mettere al lavoro i meridionali c’è bisogno di un forte sviluppo del sistema delle imprese. Per un forte sviluppo del sistema delle imprese bisogna intervenire sui fattori di contesto con un insieme di politiche straordinarie e ordinarie. Daccapo, considerazioni quasi ovvie. Non ci sono facili scorciatoie, ricette magiche.
La questione davvero interessante è però la seguente: come mai questi temi hanno un ruolo ormai del tutto marginale nel dibattito politico e di politica economica nel nostro paese? Come mai l’attuale governo ha intrapreso una strada di fortissima riduzione, di pressoché totale smantellamento di queste politiche senza incontrare rilevanti opposizioni?
La scheda va bene come base per il dibattito. Ma prima di chiedersi che cosa occorra fare bisogna chiedersi come mai è così basso, ai minimi storici, il consenso sulla necessità di politiche di sviluppo delle Regioni più deboli del paese.
Qui si potrebbe aprire una pagina di grande interesse sulle dinamiche politiche e culturali in corso in Italia. Anche in questo caso, per evidenti motivi di spazio, devo rinviare il lettore eventualmente interessato al volume “Più lavoro, più talenti. Giovani, donne, Sud, le risposte alla crisi”, Donzelli, 2010. Sinteticamente, ciò che è avvenuto negli ultimi anni è l’affermarsi, ad ogni latitudine e tanto nella destra quanto nella sinistra dello schieramento politico e culturale, di un lineare “teorema meridionale”. Esso recita così: per decenni sono state trasferite al Sud ingenti risorse (prelevate dalle tasche dei lavoratori del Nord); esse sono state sistematicamente sprecate da classi dirigenti corrotte e incapaci. Fare politiche di sviluppo per il Sud non è – come indica la scheda – la soluzione, ma il problema. Non è chiara quale sia la soluzione alternativa, ma l’implicazione del teorema è chiara: meno si fa, al Sud e per il Sud, meglio è. Non è una costruzione di fantasia, ma la filosofia che ispira tanto il ministro Tremonti (e che è alla base di tutte le decisioni dell’ultimo biennio) quanto larghi strati dell’opinione pubblica e delle rappresentanze politiche e culturali. A destra come a sinistra.
Per tornare a ragionare seriamente di temi seri – come quelli presentati nella scheda – bisogna allora superare questo enorme ostacolo. Opporre al potente ma fantasioso teorema meridionale una ricostruzione delle realtà e delle prospettive del Sud basata sui fatti. Su quanto è avvenuto e sta davvero accadendo. Sugli errori delle politiche nazionali e delle classi dirigenti locali. Sulle differenze interne al Sud. Una ricostruzione attenta, critica e autocritica in tutti i casi in cui c’è bisogno, ma realistica. Quando, ad esempio, il centrosinistra italiano avvierà una riflessione non impressionistica sulla propria esperienza di governo sia al centro del paese (specie per quanto accaduto, su questi fronti, nel 1999-2001 e poi nel 2006-08) sia nelle Regioni e nelle città?
La mia convinzione di fondo è che per candidarsi alla guida del paese il centrosinistra non può non fare i conti con la questione meridionale. Senza inseguire né un facile consenso locale, né, come talvolta avviene, le sirene leghiste. Le elezioni si possono vincere non inseguendo “il consenso del Nord” o “il consenso del Sud”, ma trovando le parole per proporre a tutti gli italiani un futuro possibile diverso, in cui buone politiche per lo sviluppo del Mezzogiorno siano una componente essenziale di un progetto per l’intero paese. La scheda va benissimo, come base di discussione. Ma prima di discutere del merito delle politiche, è indispensabile una riflessione più generale, sul ruolo del Mezzogiorno nelle prospettive di crescita del paese, sul ruolo delle politiche per lo sviluppo del Mezzogiorno nel progetto del centrosinistra.

 

Altri interventi:

Mariano D’Antonio commenta le proposte per una nuova politica di sviluppo per il Mezzogiorno pubblicate da Italianieuropei.

 

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Foto di Emanuele Franco

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