L’VIII Conferenza Italia-America Latina e Caraibi, principale foro intergovernativo d’incontro e di confronto tra Italia e paesi dell’America Latina e dei Caraibi, si è tenuta a Roma lo scorso 13 dicembre. Molti i temi trattati, dal rilancio dell’IILA al “buen vivir” boliviano, agli obiettivi dell’Agenda ONU 2030.
Lo scorso 22 gennaio, i colloqui di Ginevra si sono aperti su questioni “minori” (come il cessate-il-fuoco e gli aiuti umanitari), che avrebbero potuto servire a individuare un valido punto di partenza per le trattative fra i belligeranti, per poi spostarsi sul tema cruciale del governo transitorio. Il regime di Damasco, per il quale guadagnare tempo è vitale, è riuscito frattanto a riconquistare un certo credito internazionale, grazie all’impegno a smantellare il suo arsenale chimico-batteriologico e alle sempre più evidenti infiltrazioni di formazioni integraliste fra le file degli oppositori.
Lo scorso ottobre, a sorpresa, l’Arabia Saudita ha rifiutato il seggio al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, carica che il paese non ha mai ricoperto pur essendo un membro fondatore. Dietro il gesto plateale – che però non è stato ancora ufficializzato – potrebbe nascondersi la nuova strategia saudita, volta a reagire ai nuovi equilibri regionali e al mutato ruolo globale dell’alleato di sempre, gli Stati Uniti.
Lo scorso 29 novembre l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato, con una maggioranza quasi plebiscitaria, la richiesta dell’Autorità palestinese di essere ammessa come Stato osservatore non membro dell’ONU. Il voto dell’Assemblea non sorprende, ma mette in luce il crescente isolamento di Israele.
La richiesta di riconoscimento della Palestina come Stato membro dell’ONU, presentata da Abu Mazen al Consiglio di Sicurezza, ha aperto un periodo di grande incertezza nel doloroso processo di pace in Medio Oriente. L’esito appare ancora lontano, ma l’isolamento di Israele e il desiderio di Netanyahu di prolungare a oltranza i negoziati sono sempre più evidenti.