Brasile 2014: dopo il 7-1, inizia la partita elettorale

Di Gianandrea Rossi Venerdì 18 Luglio 2014 16:12 Stampa
Brasile 2014: dopo il 7-1, inizia la partita elettorale Foto: Global Panorama

Il Brasile si avvicina alle elezioni presidenziali, che si terranno il prossimo ottobre, in un momento di rallentamento della crescita e di forti rivendicazioni sociali da parte di quella classe media che proprio il predecessore di Dilma, Lula, ha contribuito a far uscire dalla povertà. Nonostante le difficoltà, la presidente Rousseff ha forti probabilità di vincere e di continuare a guidare un paese che si candida a giocare un ruolo da leader in America Latina.


Se è vero che il Brasile ha giocato una delle partite di calcio più brutte della storia della Coppa del mondo, non altrettanto può essere detto per la “partita” giocata dal governo brasiliano e il sistema paese in occasione del mondiale, che, messo alla prova da un evento di tale portata, ha reagito bene e portato a termine con successo uno degli appuntamenti sportivi internazionali più importanti del mondo. 

E questo dato appare tanto più importante, quanto più lo si confronta con le molte aspettative che hanno preceduto l’avvio del mondiale, che di certo non lasciavano spazio a scenari positivi come quelli che si sono verificati, con circa un milione di turisti stranieri e 3 milioni di brasiliani in movimento per seguire le partite. Prima dei mondiali, numerose piccole manifestazioni hanno animato alcune delle principali città del paese: poche migliaia di persone in totale (spesso infiltrate da gruppi violenti) che, a confronto con i milioni di cittadini coinvolti nella festa calcistica, si perdono in alcuni titoli di giornali che hanno lasciato perplessi molti osservatori.

Forte di questo risultato, Dilma si avvia a chiudere il suo primo mandato, che scadrà il prossimo 31 dicembre. E a dimostrare il clima positivo con cui la candidata di Lula si avvicina al voto del 5 ottobre, i dati dei sondaggi più severi con l’attuale presidente, quelli di Datafolha, che all’inizio di questo mese accreditavano un certo recupero di consensi per Dilma Rousseff: la presidente uscente otterrebbe il 38% dei voti, quattro punti in più rispetto all’ultimo sondaggio realizzato nelle settimane precedenti, Aecio Neves, candidato del Partido da Social Democracia Brasileira (PSDB) si collocherebbe al 20%, mentre Eduardo Campos si fermerebbe al 9%.

Così, finita la competizione dei mondiali, inizia quella delle elezioni. Sono state perfezionate le candidature presso il Tribunale federale: a competere per il posto di presidente della Repubblica vi saranno undici candidati. Dei trentadue partiti riconosciuti dalle autorità elettorali, oltre al PT, otto partiti hanno annunciato il loro sostegno alla rielezione dell’attuale presidente: il PMDB (Partido do Movimento Democrático Brasileiro), il PDT (Partido Democrático Trabalhista), il PRB (Partido Republicano Brasileiro), il PP (Partido Progresista), PSD (Partido Social Democrático), PR (Partido da República), il PCdoB (Partido Comunista do Brasil) e il PROS (Partido Republicano da Ordem Social).

Per quanto riguarda l’opposizione, il PSDB ha, come detto, finalmente approvato la candidatura di Aecio Neves, trovando un accordo fra le diverse anime del partito. Sia José Serra che il governatore di São Paulo, Geraldo Alkmin, hanno formalizzato il loro appoggio al candidato “tucano”, risolvendo la storica contrapposizione interna, attenuata peraltro dalle decisione di candidare a vicepresidente il senatore del PSDB di São Paulo, Aloysio Nunes. Oltre al DEM (Democratas), storico alleato del PSDB, sosterranno Aecio, anche il PTB (Partido Trabalhista Brasileiro), la recente formazione politica Solidariedade, il PMN (Partido da Mobilização Nacional), il PTdoB (Partido Trabalhista do Brasil) e il PTC (Partido Trabalhista Cristão).

Anche il PSB (Partido Socialista Brasileiro) ha proclamato il suo candidato: Eduardo Campos, ex governatore di Pernambuco ed ex ministro del governo di Luiz Inácio Lula da Silva, che ha raccolto il sostegno della Rede di Marina Silva. A sostegno della sua candidatura si sono schierati inoltre il PPS (Partido Popular Socialista), e i piccoli PHS (Partido Humanista da Solidariedade), PPL (Partido Patria Livre), PRP (Partido Republicano Progressista) e il PSL (Partido Social Liberal).

Nelle settimane scorse hanno formalizzato le proprie candidature anche altri partiti minori. Il PSC (Partido Social Cristão), il PV (Partido Verde) e il PSTU (Partido Socialista dos Trabalhadores Unificados). Il PSC, che rappresenta parte del settore evangelico, ha confermato il nome di Everaldo Pereira, su una piattaforma oscurantista orientata contro i diritti civili e l’aborto (secondo il sondaggio potrebbe raggiungere il 2% dei voti). Il Partido Verde ha scelto Eduardo Jorge, che potrebbe aspirare fino all’1% dei voti. Il PSTU ha confermato il sindacalista José María de Almeida, già candidato in tutte le precedenti tornate elettorali. Il PCO (Partido da Causa Operária), una piccola formazione di sinistra, ha annunciato che presenterà nuovamente la candidatura del giornalista Rui Costa Pimenta; mentre il PRTB (Partido Renovador Laborista Brasileiro) ha candidato il giornalista Fidelix Levy e il PSDC (Partido Social Democrata Cristão) l’avvocato e imprenditore José Maria Eymael. Infine, gli ultimi due candidati sono Luciana Genro (figlia del più noto Tarso) del PSOL (Partido Socialismo e Liberdade) e Mauro Iasi, del PCB (Partido Comunista Brasileiro).

Si profila dunque uno scenario molto teso, in cui il dibattito determinerà le sorti del futuro del paese, tra la continuità del modello Dilma o le alternative proposte dai due principali avversari, che in un eventuale secondo turno, potrebbero costituire un blocco di consensi cruciale per il successo della rielezione presidenziale. Al di là delle critiche che hanno colpito il governo nei mesi di preparazione al mondiale, vi sono serie difficoltà per l’attuale governo. A preoccupare vi è il rallentamento della crescita, determinato da un rallentamento globale: nel 2010, quando vinse la Roussef, la crescita era del 7,5%; nel 2014, essa è stimata tra l’1% e il 2%. A ciò si aggiunga che l’inflazione resta piuttosto alta, al 6,5%, cioè oltre due punti oltre le previsioni della Banca centrale.

Vi è inoltre una complessa evoluzione dello scenario politico interno al paese, legato alle profonde trasformazioni che lo hanno attraversato negli ultimi anni. Le manifestazioni del giugno 2013 hanno portato in piazza oltre un milione di persone che hanno mostrato all’opinione pubblica la novità di una nuova classe media disposta a protestare per rivendicare più diritti, più servizi e maggiore partecipazione al sistema politico, mostrando insofferenza per una situazione di stallo del sistema democratico che risale agli anni della fine della dittatura. Proprio il nodo della riforma politica, a partire dal sistema elettorale e dal tema del finanziamento privato ai partiti, non è stato affrontato dal governo a causa dell’opposizione costituita proprio dall’alleato principale, attualmente egemone in Parlamento, il PMDB.

Le numerose difficoltà di gestione nei rapporti con la maggioranza, alcuni episodi di corruzione e lo tsunami determinato dallo scandalo del mensalão (divenuto vero e proprio processo politico ad alcuni protagonisti del primo governo Lula) hanno portato, nei primi due anni dell’Amministrazione Roussef, alla sostituzione di un terzo dell’esecutivo, che è apparso spesso bloccato, costretto a muoversi soltanto attraverso decreti legge, le cosiddette “misure provvisorie”, marginalizzando il Congresso.

Il PSDB, forte soprattutto nel primo e nel secondo collegio elettorale del paese, São Paulo e Minas Gerais, ha finalmente candidato il giovane Aecio Neves, esponente mineiro del partito, fatto questo che rappresenta una novità assoluta, le candidature precedenti avevano infatti visto in prima linea l’ex governatore di São Paulo, José Serra. Aecio, nelle parole dell’ex presidente Cardoso, si candida a intercettare il malcontento di quella classe media fortemente cresciuta, e insoddisfatta per i molti ritardi nei servizi.

Infine, vi è la novità rappresentata dall’alleanza del movimentismo della Rede di Marina Silva e dei socialisti di Eduardo Campos, entrambi ex alleati di Lula,[1] a capo di una coalizione che propone una “correzione” del modello Lula, senza rinnegarne le grandi conquiste economiche e sociali: si tratta di una opzione che strizza l’occhio ai movimenti “ruralisti” vicini a Marina Silva e alla fascia più debole della popolazione del Nord-Est, in parte rimasta ancora esclusa dalle profonde trasformazioni del paese (anche se la scissione del Partito Socialista tra sostenitori e non di Dilma mostra alcuni limiti delle scelte di Campos).

Ma la partita di Dilma è aperta, e a oggi, molte sono le probabilità che vengano confermati i sondaggi di vittoria in un eventuale secondo turno. Come noto, in Brasile gran parte della campagna elettorale si gioca attraverso i messaggi pubblicitari televisivi, che ben intercettano i consensi delle decine di milioni di persone uscite dalla povertà e beneficiate dalle politiche di inclusione dell’era Lula e proseguite da Dilma. Dal 19 agosto, infatti, saranno trasmessi due volte al giorno, alle 12 e alle 20, due blocchi di propaganda di venti minuti ciascuno; inoltre, tre giorni a settimana, saranno dedicati al voto presidenziale, mentre i rimanenti agli altri candidati degli Stati e del Congresso. I tempi degli annunci vengono attribuiti dal tribunale elettorale in base alla forza parlamentare delle singole candidature. Rispetto al 2010, segnaliamo la maggior presenza di Dilma nei tempi televisivi. Dilma Rousseff potrà contare su 9 minuti e 41 secondi; Aecio Neves su 3 minuti e 10 secondi e Eduardo Campos su appena un minuto e 46 secondi. Oltre al tempo concesso, in virtù dell’appoggio di otto partiti, che garantirà a Dilma il triplo del tempo di Aecio, si aggiunge, nei singoli Stati, lo spazio per i candidati alla carica di governatore. Il PT correrà, infatti, con candidatura autonome, collegate a Dilma, in sei Stati in più rispetto al 2010 e, soprattutto, nei sei principali collegi elettorali del paese: São Paulo, Rio de Janeiro, Minas, Bahia, Rio Grande do Sul e Paraná, che rappresentano il 60% degli elettori (nel 2010 il PT non presentò candidati a Rio, Minas e Paraná).

Insomma, quello di Dilma Rousseff, è un Brasile sconfitto ai mondiali, ma ancora in campo. È il Brasile che investendo 12 miliardi di dollari nelle infrastrutture collegate alla Coppa del mondo, ne ha attratti complessivamente 60; è il Brasile che può ricevere, il giorno dopo la finale, a Fortaleza, i leader dei BRICS, mostrando al mondo la foto storica con Dilma al centro tra Vladimir Putin, Xi Jinping, Jacob Zuma e Pranab Mukherjee, che simboleggia il nuovo impegno contro la povertà e per lo sviluppo di un’area che rappresenta il 40% del PIL del pianeta (incontro durante il quale è stata lanciata la banca per lo sviluppo dei BRICS e si è deciso lo stanziamento di 200 miliardi di dollari, 100 per investimenti e 100 di garanzia dalle instabilità finanziarie).

È il Brasile che due giorni dopo la finale del mondiale organizza la prima Cumbre UNASUR (Unione delle nazioni sudamericane) con la Cina, che annuncia il primo vertice CELAC (Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici) con lo stesso paese, previsto a dicembre in Brasile, candidandosi a tenere le fila del nuovo intenso rapporto dell’America Latina con l’Oriente. Ancora una volta, è un Brasile che guadagna autorevolezza, con una grande visione del futuro: quella dell’unico paese fra i BRICS che può vantare la solidità di un sistema democratico che ha saputo accompagnare l’ascesa del PIL con quella di 30 milioni di persone diventate in pochi anni classe media, grazie a un processo democratico pluripartitico e libero, che ormai ha compiuto diversi decenni.



[1] Campos è uscito dalla maggioranza di governo pochi mesi fa, mentre Marina Silva fu ministra dell’Agricoltura durante il primo governo Lula.

 


Foto: Global Panorama