Chávez: democratico o illusionista?

Di Rossana Miranda Giovedì 14 Ottobre 2010 10:50 Stampa
Chávez: democratico o illusionista? Foto: Bernardo Londoy

All’alba di lunedì 27 settembre, il giorno dopo le elezioni legislative venezuelane, gli abitanti di Caracas non avevano una chiara idea di chi avesse vinto. I chavisti? L’opposizione?

Le città possono essere uno specchio della realtà fedele e ambiguo allo stesso tempo. All’alba di lunedì 27 settembre, il giorno dopo le elezioni legislative venezuelane, gli abitanti di Caracas non avevano una chiara idea di chi avesse vinto. I chavisti? L’opposizione? Il primo rapporto del Consiglio nazionale elettorale che riportava i risultati è uscito dopo le tre del mattino. Un paradosso, visti i miliardi che sono stati spesi per avere un sistema automatizzato, uno dei più avanzati al mondo, che avrebbe dovuto garantire un responso quasi immediato e, invece, ha garantito soprattutto le accuse di frode. Dopo i primi numeri, i sostenitori del presidente Hugo Chávez e gli oppositori si sono lanciati per le vie caraqueñas in un’ondata di gioia (democratica). Come se avessero vinto la coppa del mondo. Non si riusciva però a capire con quale squadra.

La vittoria chavista del 26 settembre è la più ambigua e confusa degli ultimi tempi. L’opposizione, dopo sei anni di attività extraparlamentare, ha ottenuto una maggioranza dei voti che, alla fine dei conti, si è rivelata minoranza. La Mesa de la Unidad Democrática, alleanza dei partiti oppositori al governo di Chávez, ha ottenuto il 52% dei voti. Ma il disegno dei cosiddetti “circuiti elettorali”, che danno un peso ad ogni municipio, favorendo quelli popolari dove Chávez ha più appoggio a danno di quelli della classe media, ha fatto sì che questo risultato si traducesse in un terzo dei rappresentanti in Parlamento. Il Partido Socialista Unico del Venezuela, chavista, ha ottenuto 95 deputati su 165, mentre la Mesa de la Unidad Democrática soltanto 64 seggi. Tra le prime mosse dei parlamentari d’opposizione ci sarà quella di presentare un progetto di riforma per questa curiosa legge elettorale.

Fino ad oggi la corrente “socialista bolivariana” aveva avuto il campo libero, dopo che l’opposizione si era ritirata durante le elezioni legislative del 2005. Come un Aventino, volevano delegittimare l’eventuale vittoria chavista. Con il risultato di permettere invece l’egemonia chavista in Parlamento. Adesso il paese ha una vera democrazia legislativa, visto che per approvare qualsiasi proposta di legge ha bisogno di due terzi dei voti del Parlamento. Chávez si era detto sicuro di poterli ottenere e mantenere così il potere. Ha dovuto invece fare i conti con una battuta d’arresto più dura di quella del referendum per la riforma costituzionale del 2007 (modifiche che poi Chávez ha fatto passare dal Parlamento monocolore). La popolazione ha fatto sentire il suo scontento, dopo dieci anni di governo che hanno lasciato gravi problemi di violenza e criminalità, il 30% di inflazione solo nell’ultimo anno, molta disoccupazione, un grave deficit di abitazioni, attacchi alla proprietà privata e divisione sociale.

«Una bestia ferita è ancora più pericolosa» ha scritto nel suo editoriale postelettorale il quotidiano terzista “Tal Cual”, diretto da Teodoro Petkoff, fondatore del Movimento del socialismo in Venezuela. Chávez, dopo questa pesante sconfitta, potrebbe prendere due strade: approfondire la piega totalitaria che da tempo sta prendendo il suo governo (e, per non cadere nella trappola, l’opposizione deve essere pronta a giocare sul terreno democratico); oppure adeguarsi finalmente ad un confronto alla pari nel campo democratico di un Parlamento pluralista.

Nel 1999 Gabriel García Márquez, dopo un viaggio tra La Habana e Caracas con l’allora neopresidente venezuelano, scrisse che questo personaggio d’importanza regionale costituiva un mistero: “L’enigma dei due Chávez”. Raccontava di aver parlato con due uomini diversi, per molti aspetti opposti. Così come suggeriva il padre di Facondo, anche questa volta non si sa quale dei due Chávez entrerà nella storia: quello democratico, in grado di cambiare il destino del suo paese e del continente, o un illusionista, un despota autoritario in più per l’America Latina.

 

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Foto di Bernardo Londoy

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