Turchia: gli ascolti delle intercettazioni superano quelli delle soap opera

Di Ekrem Eddy Güzeldere Mercoledì 05 Marzo 2014 16:15 Stampa
Turchia: gli ascolti delle intercettazioni superano quelli delle soap opera Foto: Πρωθυπουργός της Ελλάδας

A poche settimane dalle elezioni amministrative in Turchia, il partito di governo AKP e in particolare il suo leader e primo ministro Erdogan sono sotto attacco a causa della diffusione di alcune presunte intercettazioni telefoniche che proverebbero il coinvolgimento del capo di governo in attività illecite. Il paese è spaccato fra quanti ritengono false le registrazioni e quanti scommettono sulla loro attendibilità.


I turchi hanno un nuovo tipo di intrattenimento serale. Le intercettazioni di alcune presunte conversazioni telefoniche tra il primo ministro Erdogan e il figlio Bilal o alcuni politici del partito di governo AKP hanno superato in ascolti le popolari soap opera televisive. La trama è quella della corruzione e dell’abuso d’ufficio e le somme coinvolte tolgono il fiato. Tutto è cominciato lo scorso 25 febbraio quando sono state rese pubbliche cinque presunte conversazioni telefoniche tra padre e figlio, che avrebbero avuto luogo il 17 e 18 dicembre 2013.

Proprio la mattina di quel 17 dicembre, nel corso di un’operazione delle forze dell’ordine contro la corruzione, erano stati compiuti numerosi arresti. In manette erano finiti tre figli di ministri, un sindaco dell’AKP e il direttore di una banca statale. Gli arresti erano avvenuti all’alba, e alle 8:02 della mattina il telefono di Bilal Erdogan squillò. Suo padre, primo ministro turco, lo informava degli arresti e gli intimava di prendere tutto il denaro che si trovava nella loro casa di Istanbul. Quel 17 dicembre ci furono altre tre telefonate. Nel corso dell’ultima, alle 23:15, Bilal avrebbe detto al padre che c’erano ancora 30 milioni di euro in contanti in casa. Il giorno successivo, di mattina, il denaro è ridotto a “bruscolini”, appena 730.000 dollari e 300.000 lire turche, che Bilal vorrebbe dare al deputato dell’AKP Faruk Isik, al quale gli Erdogan devono comunque un milione di lire turche.

Burhan Kuzu, deputato del partito di governo e presidente della Commissione affari costituzionali commenta così i file audio: «Anche nel caso in cui questi nastri e le registrazioni fossero veri, nessuno gli darebbe credito». Kuzu non ha del tutto ragione. Con “nessuno” intende, infatti, elettori e simpatizzanti dell’AKP. Se le registrazioni siano vere o meno è una questione di fede. L’AKP sostiene che siano stati fabbricati e manipolati, al contrario l’opposizione ritiene che i file siano attendibili I media affiliati all’AKP o li ignorano o ne parlano come di contraffazioni. I media dell’opposizione li citano fedelmente e sono certi si tratti di registrazioni reali.

Comunque sia, è certo che la difesa del primo ministro e dell’AKP è stata finora debole e, almeno in parte, inventata. Erdogan afferma, infatti, che i file sono stati manipolati, ma non nega di aver parlato con il figlio il 17 dicembre. La prima reazione del primo ministro è stata di furia, in particolare contro il Movimento Gülen che si sarebbe reso colpevole di intercettare anche cellulari protetti. Però Erdogan non ha negato l’esistenza di milioni di euro nascosti nella sua casa di Istanbul.

I media vicini all’AKP, in special modo i quotidiani Star e Sabah, già il 26 febbraio hanno dichiarato che agenzie specializzate statunitensi, dopo aver esaminato i file, avrebbero attestato che si tratterebbe di falsificazioni. I due quotidiani hanno addirittura mostrato certificati, palesemente contraffatti, con le firme degli amministratori delegati delle agenzie. Quando chiamate in causa, però, sia la John Marshall Media che la KaleidoscopeSound hanno negato fermamente di aver analizzato i file e hanno addirittura smentito di possedere le competenze per farlo.

Anche il documentarista turco Ümit Kivanc ha esaminato le registrazioni sul giornale online T24 e ha spiegato che è impossibile stabilire con certezza se si tratti o meno di file manipolati, in quanto esistono solo dei file compressi e non gli originali. Sempre secondo Kivanc, tuttavia, sarebbe estremamente difficile “ritagliare” singole parole dai discorsi di Erdogan, in quanto il tono della voce cambierebbe di continuo. Non si può tuttavia escludere la possibilità che si sia trattato di imitatori che hanno letto i dialoghi. Alcune voci critiche verso l’AKP, come il giornalista Ahmet Sik e Gareth Jenkins, hanno notato come sia fortemente improbabile che il primo ministro abbia parlato apertamente di denaro e fatto nomi al telefono in una giornata come quella. Sik sostiene di aver udito suoni strani in sottofondo mentre i due parlavano al telefono e proprio nelle parti cruciali della conversazione, mentre per Jenkins talvolta sembrava «come se leggessero».

All’opposizione comunque i dubbi interessano poco. Le registrazioni sono vere perché devono essere vere. Ma questa è una scommessa pericolosa. E se si trattasse, invece, di file costruiti dagli avversari dell’AKP, dal Movimento Gülen o da altri gruppi che si sentono minacciati dall’AKP? In questo caso, gli oppositori del partito di governo rischierebbero di divenire un facile bersaglio come presunti complici di bugiardi e criminali. È vero, dunque, anche l’opposto di quanto affermato da Burhan Kuzu: nessuno vicino all’opposizione crederà mai che i file sono falsi.

Le intercettazioni, quindi, finiranno per avere un effetto limitato sulle elezioni amministrative del 30 marzo, perché per il momento entrambe le parti rimangono arroccate sulle proprie posizioni. Nel frattempo il 50% della popolazione che ha accesso a internet si gode questo nuovo intrattenimento serale.

 

 


Foto: Πρωθυπουργός της Ελλάδας