Mario Pirani

Mario Pirani

è editorialista della Repubblica

La sanità tra aziendalizzazione e diritto alla salute

Nel pur sterminato programma dell’Unione i temi della sanità sono trattati in modo secondario e confuso. Né vi hanno trovato un riflesso incisivo le dettagliate analisi e conclusioni cui erano pervenute le precedenti conferenze programmatiche in materia sia di «Italianieuropei» che dei DS. Non risulta, peraltro, che la dirigenza diessina si sia impegnata per assicurare un approccio prioritario al tema, in sede di programma comune. Non credo che questa sottovalutazione sia il frutto di una svista o di un momento di disattenzione. Si tratta, purtroppo, di un fenomeno di assai più profonda portata e di lunga gestazione. Esso va fatto risalire agli anni dell’inflazione a due cifre e del debito pubblico crescente, quando, per fronteggiare i dissesti del bilancio e affrontare il risanamento in vista dell’euro, si è finito per assimilare come una imprescindibile necessità oggettiva una razionalizzazione in chiave aziendalistica del servizio pubblico, snaturandone la vocazione di partenza: assicurare a tutti i cittadini, senza esclusioni e in assoluta eguaglianza, il diritto alla salute, attraverso il suo finanziamento in primo luogo da parte della fiscalità generale progressiva, senza escludere tasse di scopo, ticket, collaborazione con i privati e altre misure di sovvenzione.

 

Comunanza di terra e sacralità

I tentativi per realizzare almeno una tregua nel conflitto arabo-israeliano si succedono e decadono ormai nello spazio di pochi giorni. Speranze di breve momento lasciano, talvolta, intravedere progetti di pace a più lungo termine i quali, anche se andassero in porto, non sarebbero tuttavia in grado di realizzare una pacificazione duratura. Non si dovrebbe ignorare che al di là degli aspetti politici e territoriali vi è, peraltro, anche un altro tema di fondo che sottende da sempre alla vicenda arabo-israeliana e che in genere gli osservatori (e sovente anche numerosi attori in prima persona) tendono a rimuovere o a negare: la questione religiosa.

 

Ma è una destra che viene da lontano

Si poteva presumere che, una volta perduto il governo del paese, quella vocazione ancestrale all’opposizione, che ha sempre accompagnato come una seconda natura larga parte della sinistra italiana, servisse almeno a ridisegnare nel nuovo ruolo il profilo e i compiti alternativi di questo disastrato soggetto politico. La previsione non si è però verificata. Lo smarrimento impotente permane. Sembra quasi che col passar degli anni la sinistra non riesca a scandire il suo pallido agire se non su quel simbolico, quanto speculare, meridiano di Greenwich rappresentato da Silvio Berlusconi.