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L'altra sponda del Pacifico: gli USA e l'ascesa asiatica

Come per l’Europa, le relazioni fra gli Stati Uniti e i paesi asiatici sono state dettate dagli equilibri scaturiti dal secondo conflitto mondiale e dall’ordine della guerra fredda. La revisione della strategia americana verso la regione comincia però già negli anni Settanta con la celebre diplomazia del ping pong che ha dato origine a quel rapporto, pragmatico e conflittuale, che ancora oggi lega Stati Uniti e Cina, e aperto le porte al travolgente inserimento di quest’ultima nella globalizzazione. Lo sviluppo economico e la crescente prosperità che ne sono seguiti non hanno messo un punto alle tensioni e alle rivendicazioni fra i diversi paesi dell’area. E Washington, che ha ben compreso le implicazioni dell’ascesa asiatica, deve trovare il modo di dialogare con questa parte di mondo che il successo economico ha reso meno arrendevole.

Disoccupazione, diseguaglianza e instabilità. L'impatto del TTIP

Il TTIP fra USA e UE, attualmente in fase di negoziazione, costituisce una nuova forma di trattato commerciale che, concentrandosi sulle barriere non tariffarie, va al di là della semplice riduzione delle tariffe doganali. Se per l’UE esso pone non pochi problemi di natura politicosociale ed economica – quali quello di uniformare le regolamentazioni europee a quelle americane, di norma meno stringenti, o quello della riduzione del costo del lavoro – e rischia di produrre effetti negativi su occupazione e stabilità economica, per gli Stati Uniti dovrebbe portare, almeno nel breve e medio termine, alcuni vantaggi economici. Tuttavia, una strategia di crescita, come quella statunitense, incentrata su una sempre più difficile espansione commerciale e che non cerchi di porre rimedio alle sempre più ampie diseguaglianze sociali non sembra poter condurre, nel lungo periodo, a una crescita sostenibile.

Obama tra scelte e necessità

All’inizio del mandato di Obama, la politica estera del primo presidente afroamericano degli Stati Uniti fu caricata di eccezionali aspettative, in parte giustificate dal carattere multilaterale e dal realismo etico che la Casa Bianca avrebbe voluto imprimerle. Obama si è trovato però non solo a dover raccogliere la difficile eredità dei due conflitti iniziati dal suo predecessore – e delle ripercussioni che essi hanno avuto sul teatro mediorientale e sui rapporti con il mondo arabo-islamico –, ma a dover agire proprio nel momento di ridefinizione della mappa del potere mondiale. Il presidente americano, in sostanza, è stato costretto dalle circostanze a ripensare il ruolo degli USA in un mondo in cui l’egemonia occidentale incontra crescenti resistenze.

Luci e ombre dell'Obamacare

La riforma del sistema sanitario attuata negli Stati Uniti dal presidente Obama appare assai ridimensionata rispetto all’ambizioso progetto iniziale. Sotto i colpi della forte opposizione del Partito repubblicano è caduto il proposito di creare un ampio piano assicurativo pubblico in grado di competere con le assicurazioni private, che continuano invece a rappresentare la maggiore componente del sistema sanitario americano. Nonostante l’apprezzabile tentativo dell’Obamacare di fornire una copertura sanitaria anche agli indigenti, molte rimangono le ombre rilevabili nell’attuazione della riforma.

Conquistare le minoranze per vincere le elezioni

Negli USA il peso elettorale delle minoranze è in costante crescita. La conquista e il mantenimento del consenso di Latinos e afroamericani costituiscono dunque una sfida impegnativa per i partiti statunitensi e in particolare per i democratici, che tradizionalmente ne raccolgono il sostegno. I due gruppi hanno però comportamenti elettorali diversi e il loro livello di integrazione nella società e nella politica americana è differente. Se per assicurarsi il voto dei Latinos sarà essenziale una riforma delle politiche sull’immigrazione, per mantenere l’appeal sull’elettorato nero i democratici dovranno lavorare per ridurre la segregazione che è ancora oggi un forte limite alla partecipazione degli afroamericani alla vita sociale e politica del paese.

Democratici e repubblicani alla corsa per la Casa Bianca

Il successo dei repubblicani alle elezioni di mid-term dello scorso novembre ha confermato ampiamente le previsioni, dimostrando ancora una volta come in questo genere di competizione il partito oggi all’opposizione goda di un certo vantaggio grazie a una base elettorale meno propensa all’astensione. Per quanto riguarda le elezioni presidenziali del 2016, il trend demografico, che vede l’aumento del contendibile elettorato asiatico e ispanico, una maggiore affluenza al voto e la presenza di un candidato forte come Hillary Clinton sono fattori che potrebbero favorire i democratici, sui quali pesa però la relativa impopolarità di Obama. Decisivo naturalmente sarà il candidato repubblicano, il quale dovrà essere in grado da una parte di attirare i voti dei Latinos e dall’altra di raccogliere ingenti risorse economiche per affrontare la costosa campagna elettorale.

Le elezioni di mid-term 2014: un referendum sull'operato di Obama

Le elezioni di metà mandato dello scorso novembre hanno fatto registrare una sconfitta del Partito democratico americano più grave di quanto si temesse. La mancata percezione da parte dell’elettorato dei benefici della ripresa economica, le controverse scelte di Obama in politica estera e la disaffezione degli americani verso la politica e i suoi rappresentanti, in primis il presidente, sono le principali ragioni dell’esito negativo di una tornata elettorale che gli avversari repubblicani hanno trasformato in una sorta di referendum sull’operato di Obama. Quali lezioni è possibile trarre da questo voto in vista delle presidenziali 2016?