Italianieuropei 1/2014
Italianieuropei 1/2014

Agenda

ISAF: Quale Afghanistan lasciamo?

Focus

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In questo numero

Nonostante gli auspici e le previsioni ottimistiche, la ripresa tarda ad arrivare. Nel frattempo, oltre tutto, non ci si attrezza per far sì che quando arriverà essa possa trasformarsi in crescita robusta. Per questo, proponiamo qui alcune “Idee progressiste per la crescita”.

Dopo dieci anni di presenza in Afghanistan, entro la fine del 2014 si concluderà la missione internazionale ISAF. Cosa accadrà dopo? E soprattutto, “Quale Afghanistan lasciamo?”

il Sommario

l' Editoriale

Editoriale 1/2014

Con l’elezione di Matteo Renzi a segretario del Partito Democratico si è aperta una stagione nuova della politica italiana. La grande partecipazione popolare alle primarie e il vasto consenso raccolto dal sindaco di Firenze offrono un’opportunità di riscatto democratico del paese, dopo un ciclo segnato dal declino economico e da una progressiva paralisi dello stesso sistema istituzionale.

gli Articoli

Prima pagina. Idee progressiste per la crescita

Il patrimonio culturale: non petrolio, ma ossigeno

of Tomaso Montanari

La cultura genera ricchezza, più che dal punto di vista economico, in termini di civilizzazione, umanità e coesione sociale: diritti fondamentali della persona che rappresentano il fine ultimo a cui dovrebbe tendere, coerentemente con quanto previsto dalla Costituzione, l’azione di tutela del paesaggio e del patrimonio culturale. Nessuno però, nemmeno a sinistra, ha mai inteso il ministero per i Beni culturali come un ministero dei diritti, né tantomeno si è visto un programma politico che associ il patrimonio culturale al concetto di cittadinanza, all’integrazione e all’educazione. Quanto siamo disposti a fare e investire per rimanere umani e civili?

Agenda. Isaf: quale Afghanistan lasciamo?

Gli Stati Uniti nel labirinto afgano: un'exit strategy per rimanere in Asia centrale

of Fabio Atzeni

Con la fine della missione ISAF e l’avvio di Resolute Support si apre una pagina nuova della storia della presenza americana in Afghanistan. L’obiettivo di Washington di conservare i risultati raggiunti e impedire il ritorno dell’area nel caos rimane immutato. Si trasforma invece il carattere del suo intervento, e l’enorme forza militare impegnata finora nel quadro del nation-building lascia il posto a una presenza meno rilevante da impiegare soprattutto in azioni antiterrorismo con una proiezione estesa a tutta l’area dell’Asia centrale.

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Strumenti nuovi per affrontare la complessità dei processi migratori

of Marcella Lucidi

Il fenomeno migratorio ha assunto in Italia, negli ultimi venti anni, i tratti di un processo epocale. A esso, pur essendo il nostro paese al centro dei consistenti flussi che attraversano il bacino del Mediterraneo, si è reagito prendendone le distanze, pretendendo di controllarlo e contrastarlo. A dimostrare quanto fosse inefficace e miope questo approccio sta la realtà della consistente presenza straniera sul territorio nazionale e della volontà di integrazione degli immigrati nel tessuto sociale. È giunto il momento, per il sistema politico, di divenire consapevole della complessità dei flussi migratori e di farsi carico, con strumenti normativi e conoscitivi adeguati, del compito di dare forma alla realtà interculturale che abbiamo di fronte.

Dizionari civile

Produttività

of Cesare Pozzi e Giuseppe Surdi

«Il linguaggio è un labirinto di strade. Vieni da una parte e ti sai orientare;
giungi allo stesso punto da un’altra parte, e non ti raccapezzi più».
Ludwig Wittgenstein

Il linguaggio è l’architrave della cultura di un popolo ed è paradossale che la sua importanza sia così sottovalutata in un’economia di mercato come quella attuale, che solo nella cultura trova fonte di vantaggio competitivo sostenibile. La confusione tra i termini produttività e competitività è l’esempio lampante dei danni che può arrecare la diffusione del “luogo comune” che impedisce al linguaggio di rendere effettivamente intellegibili le criticità, evitando confusione e la trasformazione in slogan delle parole. In estrema
sintesi, produttività è capacità di fare, competitività è convenienza a fare.

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La politica di immigrazione e asilo dell'Unione europea: i ritardi, le esitazioni e le svolte necessarie

of Fabrizia Panzetti

Il drammatico naufragio al largo di Lampedusa del 3 ottobre scorso ha riportato all’attenzione pubblica il problema dell’immigrazione. Nonostante i notevoli passi in avanti compiuti al riguardo dall’Unione europea, manca ancora una reale politica comune, soprattutto a causa delle reticenze dei governi nazionali. Le pur utili iniziative sul fronte operativo – ad esempio l’agenzia Frontex o la task force per il Mediterraneo – non sono però da sole sufficienti. Bisogna infatti che l’Europa diventi attore collettivo nelle politiche di ingresso e mobilità, che avvii al contempo una più efficace lotta alla povertà ed estenda l’accesso alla cittadinanza, almeno per i cosiddetti nuovi europei.

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A quando una nuova legge sulla cittadinanza?

of Paolo Morozzo della Rocca

La legge 91 del 1992, successiva alle ondate migratorie provenienti dall’Albania e dall’Europa orientale, ha posto forti limitazioni all’acquisizione della cittadinanza italiana da parte degli stranieri residenti. Ora, però, i tempi sembrano maturi perché si stabiliscano requisiti di acquisizione della cittadinanza maggiormente aderenti alla realtà. Andando anche oltre il principio dello ius soli, criterio ormai obsoleto in una società caratterizzata da una inedita mobilità umana, per seguire invece quello dello ius culturae, più rispondente alle dinamiche di un mondo globalizzato nel quale la persona e le sue connessioni vitali contano più del luogo di nascita e dei legami di sangue.

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La lotta della UE alla tratta dei migranti

of Sandro Menichelli

Sebbene la problematica del traffico di esseri umani e della sua organizzazione e gestione da parte di gruppi di criminalità organizzata sia già stata cristallizzata sul piano della cooperazione internazionale multilaterale da più di un decennio, solo negli ultimi anni l’Europa si è dotata degli strumenti normativi necessari ad affrontare un fenomeno che ha assunto, via via, dimensioni enormi e un carattere pressoché strutturale. Sul piano concreto, però, in cosa si è tradotto l’enorme potenziale normativo sovranazionale messo in campo?

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All'origine delle migrazioni: fattori di espulsione e rotte migratorie

of Jean-Léonard Touadi

I flussi migratori sono un fenomeno di portata planetaria e costituiscono l’altra faccia della globalizzazione, della quale svelano contraddizioni e ingiustizie. Il massiccio flusso di persone, in costante crescita negli ultimi anni, non risparmia nessun continente e anzi sarebbe sbagliato pensare che il ricco Occidente ne rappresenti l’unica meta, dal momento che l’Africa è attraversata da travolgenti ondate migratorie interne. L’aspetto che però viene generalmente trascurato dalla politica e dall’opinione pubblica, anche italiane, è il contesto nel quale avviene il fenomeno, di cui vanno considerati, per una sua valutazione complessiva, non solo il punto di arrivo, ma anche i fattori di espulsione – povertà, guerra e instabilità politica, cambiamenti climatici e dissesti idrogeologici – e le rotte seguite, che costituiscono le tappe di un intenso e vergognoso traffico umano.

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L'integrazione degli immigrati in tempo di crisi:quali prospettive?

of Corrado Bonifazi

Il numero degli stranieri regolarmente presenti nel nostro paese si è più che triplicato negli ultimi dieci anni e questo perché, nonostante i governi di centrodestra, l’immigrazione continua a svolgere un’importante funzione economica. Il processo di integrazione degli immigrati non è però andato avanti di pari passo e ha subito il contemporaneo e negativo influsso della crisi economica e dei tagli al finanziamento delle politiche sociali. I forti investimenti nei centri di identificazione ed espulsione stanno d’altro canto a dimostrare che si è voluto più contrastare l’immigrazione irregolare che favorire l’integrazione. L’istituzione di un ministero specifico all’interno del governo Letta rappresenta però un forte segnale di cambiamento nell’approccio alla complessità del fenomeno migratorio.

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La colpa di nascere altrove

of Federica Resta

Gran parte dei migranti presenti nel nostro paese si trova in una condizione di irregolarità. È questo l’effetto di una tendenza della legislazione a stringere progressivamente le maglie dell’ingresso regolare e a sopprimere ogni elemento di flessibilità, fino a giungere all’emblematica introduzione del reato di immigrazione illegale. Forse è finalmente maturo il tempo per un adeguamento della normativa alla diffusa consapevolezza dell’insostenibilità delle politiche migratorie sinora adottate in Italia.

Agenda. Isaf: quale Afghanistan lasciamo?

La condizione delle donne afgane tra conquiste e involuzioni

of Fabrizio Foschini

La condizione delle donne in Afghanistan sta attraversando, dopo le fondamentali conquiste raggiunte durante la fase della ricostruzione e sancite, tra l’altro, dalla Costituzione del 2004, una fase di forte involuzione, che si manifesta non soltanto con un drammatico aumento degli episodi di violenza contro le donne, ma anche con una forte opposizione alla legge del 2009 per la tutela delle stesse (EVAW), opposizione promossa tanto dai gruppi religiosi conservatori, sempre più potenti, quanto dal neoradicalismo contrario a valori denunciati come un’imposizione occidentale. Le donne si trovano così costrette a sfidare da sole piccoli e grandi ostacoli, spesso senza l’appoggio del sistema giudiziario che non è in grado di garantire il rispetto dei diritti acquisiti, per adesso ancora validi. L’appoggio internazionale è più che mai necessario, ma solo a patto che si fornisca in maniera calibrata e mantenendo il riferimento alla cornice legale in vigore.

Agenda. Isaf: quale Afghanistan lasciamo?

L'impegno italiano in un paese in fieri

of Luciano Pezzotti

In dieci anni di presenza in Afghanistan, l’Italia ha contribuito in maniera sostanziale alla ricostruzione delle infrastrutture e delle istituzioni del paese asiatico, con un impegno che si è realizzato tanto a livello militare quanto civile nonostante la complessità della situazione sul terreno. La conclusione della missione ISAF entro la fine del 2014 costituirà un momento cruciale per il futuro dell’Afghanistan e un’occasione per ridefinire i termini dell’impegno occidentale in una realtà ancora in divenire ma in costante, sebbene lento, miglioramento. Un disimpegno occidentale finirebbe per fare il gioco dell’insorgenza di
matrice talebana.

Agenda. Isaf: quale Afghanistan lasciamo?

Cosa lasciamo in Afghanistan in termini di solidità istituzionale e progresso sociale

of Alessandro Gaudiano

I dodici anni di cooperazione civile dispiegata dall’intera comunità internazionale in Afghanistan hanno permesso di conseguire risultati importanti: la ricostruzione delle strutture dello Stato, l’estensione a più larghi strati della popolazione di diritti fondamentali quali quelli all’istruzione e alla sanità, la crescita economica. L’azione italiana si è esplicata principalmente nel sostenere le funzioni essenziali dello Stato, soprattutto quella giudiziaria, nel favorire lo sviluppo e le connessioni stradali delle aree marginalizzate del paese, nel promuovere la salute e la parità di genere. La via da percorrere rimane ancora lunga, ma il popolo afgano dispone
adesso di una generazione istruita e consapevole, in possesso delle potenzialità necessarie a non vanificare gli sforzi di questi anni.

Agenda. Isaf: quale Afghanistan lasciamo?

Il futuro di Kabul e le ambizioni dei paesi vicini

of Marina Calculli e Vittorio Emanuele Parsi

Nonostante i numerosi e profondi cambiamenti che hanno riguardato l’area negli ultimi decenni, l’Afghanistan resta il fulcro strategico dell’Asia centrale, crocevia dei flussi commerciali tra Medio ed Estremo Oriente e tassello fondamentale per lo sviluppo di ogni politica di potenza su scala regionale. Soprattutto Pakistan e Iran, dopo il crollo del regime talebano, hanno tessuto la loro rete di rapporti e accresciuto la loro influenza su Kabul. In questo scenario ricco di dilemmi e controsensi non è esagerato paventare che, dopo il ritiro di ISAF, il paese possa essere oggetto di pressioni contrapposte dall’esterno tali da farlo precipitare nuovamente nel caos e da renderlo un campo di battaglia diplomatico tra le potenze regionali emergenti o declinanti.

Agenda. Isaf: quale Afghanistan lasciamo?

Il ritiro della missione ISAF e le prospettive di stabilità in Afghanistan

of Caroline Wadhams

Dopo dodici anni di impegno in Afghanistan, le forze internazionali di sicurezza stanno per concludere la loro missione. La stabilità del
paese comincerà pertanto a dipendere da fattori diversi da quello militare. In primo luogo, dall’ordinato svolgersi del processo di transizione politica, che culminerà nelle elezioni presidenziali e provinciali del prossimo anno; ma anche dalla generosità dei finanziamenti stranieri alla debole economia afgana e dalle possibili ingerenze dei paesi vicini, Pakistan soprattutto. Allo stato attuale è difficile dire, anche alla luce delle variabili sopra descritte, se quanto fatto in questi anni sia suffi ciente a garantire un futuro di pace e stabilità al popolo afgano.

Agenda. Isaf: quale Afghanistan lasciamo?

L’eredità di ISAF agli occhi degli afgani

of Giuliano Battiston

Se si cerca di comprendere quale sia il punto di vista degli afgani rispetto a ciò che è avvenuto nel loro paese dall’inizio dell’intervento internazionale, emerge chiaramente quanto distante sia la loro opinione da quella delle Cancellerie occidentali. Mentre queste ultime sostengono che le forze ISAF-NATO e americane siano riuscite a stabilizzare il paese, gli afgani ritengono invece che abbiano fallito nel garantire pace e sicurezza e che i talebani, lungi dall’essere stati sconfitti, si siano invece rafforzati. Alla vigilia del loro ritiro dall’Afghanistan, le truppe straniere lasciano dietro di sé un’eredità fatta di sospetti, risentimento e sfiducia. Alla politica ora il compito di recuperare “cuori” e “menti” degli afgani.

Prima pagina. Idee progressiste per la crescita

Titanic Europa?

of Stefano Fassina

La ricetta del mercantilismo liberista imposta dai conservatori nordeuropei, raccomandata dalle istituzioni dell’UE e fatta propria da ampie fette della sinistra politica e sindacale, non sta producendo alcun miglioramento della situazione economica complessiva. Austerità cieca e inseguimento disperato del pareggio di bilancio stanno generando invece recessione, disoccupazione, aumento del debito pubblico e aggravamento degli squilibri macroeconomici tra le aree della moneta unica. Così non solo si minaccia la tenuta del progetto europeo, ma si compromettono la civiltà del lavoro e la democrazia delle classi medie che sono il più grande successo dell’Europa del dopoguerra. È necessario correggere subito la rotta, per non andare a sbattere.

Prima pagina. Idee progressiste per la crescita

Una politica industriale che guardi avanti

of Claudio De Vincenti

La politica industriale, strumento che comprende non solo gli interventi riguardanti in senso stretto la politica per l’industria ma, più in generale, ogni misura a sostegno delle attività produttive, dopo un trentennio di colpevole sottovalutazione, torna oggi a essere il perno su cui incentrare l’azione di rilancio del sistema produttivo italiano. Non si tratta, però, di replicare l’impostazione del passato, ma di costruire un intervento pubblico nell’economia che sappia interagire costruttivamente con i mercati, predisporre i fattori di produzione comuni – infrastrutture e capitale umano – ed effettuare le scelte allocative più opportune in funzione dello sviluppo dell’economia e della società italiana.

Prima pagina. Idee progressiste per la crescita

Una moderna politica industriale:un tema importante per la sinistra italiana

of Gianfranco Viesti

È tornata la politica industriale: ovunque, ma non in Italia. In tutto il mondo ci si interroga sulle politiche per il rilancio del sistema produttivo, e i governi mettono in atto iniziative nuove, anche di grande rilevanza. In Italia, invece, tutto tace, con limitatissime eccezioni, sia sul fronte delle riflessioni e delle proposte che su quello dell’azione concreta.

Prima pagina. Idee progressiste per la crescita

La grande impresa in Italia: un declino inarrestabile?

of Franco Amatori

La grande impresa ha subito in Italia un destino assai curioso. Protagonista del boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta, ha patito a lungo l’assenza di una cornice giuridico-istituzionale che le permettesse di raggiungere in modo duraturo i traguardi che l’avrebbero collocata su posizioni di frontiera a livello internazionale. Quando, sotto il forte stimolo dell’adesione al Trattato di Maastricht, furono introdotte istituzioni economiche e giuridiche simili a quelle dei paesi più avanzati, la stagione d’oro della grande impresa italiana si era inesorabilmente chiusa. E ora? Quali politiche attuare per sostenere le nuove realtà del capitalismo italiano e le poche grandi imprese sopravvissute?

Prima pagina. Idee progressiste per la crescita

Lo stato imprenditoriale e il rilancio della grande impresa

of Paolo Bonaretti

La crisi italiana è ormai profondamente strutturale e si accompagna all’avvitamento recessivo dell’industria nazionale. Per interrompere questa spirale negativa e avviarsi nuovamente lungo un sentiero di crescita è necessaria una politica industriale che rilanci il ruolo della grande impresa e sia in grado di promuovere ricerca, innovazione e competenze. In questo percorso un ruolo fondamentale spetta allo Stato, a cui non compete solo definire il campo e le regole del gioco, ma anche dotarsi di una visione di lungo periodo e di strategie e strumenti di sostegno dei driver dello sviluppo più innovativo e competitivo.

Prima pagina. Idee progressiste per la crescita

Piccole imprese oltre la frontiera

of Giancarlo Corò

Persino nell’attuale congiuntura economica internazionale, le imprese italiane registrano importanti successi commerciali e sta aumentando rapidamente il numero delle aziende, anche di piccole e medie dimensioni, che hanno rapporti con l’estero. Un’analisi più attenta rivela, tuttavia, una situazione in chiaroscuro. Se, da un lato, l’export non è da solo suffi ciente a rilanciare la crescita e l’occupazione del paese, dall’altro lato un modello di sviluppo che dipende troppo dai mercati esteri accentua il rischio della delocalizzazione di parti importanti del processo produttivo. Perciò, una politica industriale per le piccole imprese dovrebbe non solo sostenere la capacità di agganciare i mercati più dinamici attraverso migliori servizi informativi e di formazione, ma anche rafforzare, a livello locale, i beni comuni per la competitività.

Prima pagina. Idee progressiste per la crescita

Ricerca e innovazione dalle "politiche di genere" al "genere della politica"

of Maurizio Sobrero

Il dibattito italiano, e in parte anche europeo, in materia di politiche per la ricerca e l’innovazione si incentra sulle caratteristiche specifiche di queste politiche, intese però in senso funzionale e non strutturale. Manca una riflessione su come tali interventi si collochino in una visione più ampia che riguardi tanto l’oggi quanto il domani e la sua costruzione. Senza questa riflessione a monte, gli interventi fatti, sebbene corretti nelle premesse, rischiano di generare un quadro frammentato e incoerente e, dunque, incapace di dare alcun risultato in grado di mutare il quadro strutturale.

Prima pagina. Idee progressiste per la crescita

Più welfare per crescere?

of Alessandra Casarico

Malgrado lo Stato sociale rivesta due funzioni principali, quella redistributiva e quella assicurativa, nell’analisi accademica degli ultimi anni è stata la prima a prevalere, producendo un’interpretazione della spesa sociale come ostacolo alla crescita economica. Non sono però mancati segnali recenti di un’inversione di rotta, come gli obiettivi che l’UE si è posta nella strategia Europa 2020 e lo spostamento dell’attenzione del dibattito dal tema della distorsione degli incentivi a quello della promozione del progresso sociale. Si è altresì imposta la consapevolezza che intervenire in alcuni capitoli della spesa sociale, quali ad esempio la tutela del lavoro femminile e i servizi per l’infanzia, drammaticamente trascurati nel nostro paese, permetterebbe non solo di conciliare lavoro e famiglia, ma soprattutto di avviare il cambiamento.