Presentazione 2/2006

Written by Redazione Wednesday, 01 March 2006 02:00 Print

Questo numero di Italianieuropei, che abbiamo chiuso il 18 aprile, esce un mese dopo le elezioni politiche che hanno sancito la fine di cinque anni di governo di Berlusconi e del centrodestra. A questo evento e soprattutto alle sue conseguenze è stata dedicata la rubrica di apertura della rivista che abbiamo intitolato «uno spartiacque». Le elezioni di aprile, di cui Paolo Segatti fornisce una prima analisi, lo sono per più di una ragione. La prima e più ovvia è il passaggio a un governo nuovo, che si troverà di fronte la notevole sfida di risollevare il paese dopo cinque anni di governo di centrodestra, i cui guasti sul piano dell’economia sono innumerevoli e profondi come mostra l’articolo di Ferdinando Targetti. E il governo inoltre dovrà vincere questa sfida con una maggioranza esigua al senato.

 

Questo numero di Italianieuropei, che abbiamo chiuso il 18 aprile, esce un mese dopo le elezioni politiche che hanno sancito la fine di cinque anni di governo di Berlusconi e del centrodestra. A questo evento e soprattutto alle sue conseguenze è stata dedicata la rubrica di apertura della rivista che abbiamo intitolato «uno spartiacque». Le elezioni di aprile, di cui Paolo Segatti fornisce una prima analisi, lo sono per più di una ragione. La prima e più ovvia è il passaggio a un governo nuovo, che si troverà di fronte la notevole sfida di risollevare il paese dopo cinque anni di governo di centrodestra, i cui guasti sul piano dell’economia sono innumerevoli e profondi come mostra l’articolo di Ferdinando Targetti. E il governo inoltre dovrà vincere questa sfida con una maggioranza esigua al senato.

Ma le elezioni rappresentano, nel contesto italiano, soprattutto uno spartiacque politico. Come argomenta Alfredo Reichlin nel suo articolo di apertura e come anche i risultati elettorali hanno mostrato, la democrazia italiana ha urgente bisogno di una grande forza riformatrice, un nuovo partito che vada al di là dei due maggiori partiti del centrosinistra. La transizione politica italiana non è finita, né a destra né a sinistra. E senza il compimento pieno di questa a transizione non sarà possibile raggiungere gli obiettivi di risanamento dell’economia e della società che è indispensabile raggiungere. Tutto ciò in un contesto in cui le elezioni, e ancora prima una campagna elettorale dai toni senza precedenti, hanno profondamente diviso il paese e i suoi cittadini. Pur nel rispetto delle diversità di opinioni e di schieramenti, sarà indispensabile ricostruire un clima di confronto democratico civile e basato sulla discussione dei problemi e non sulle contrapposizioni ideologiche e personali.

La transizione politica non sarà compiuta se non sarà accompagnata da una transizione culturale. E a questa transizione la Fondazione Italianieuropei intende continuare a dare il suo contributo, anche rafforzando la collaborazione con altre fondazioni e associazioni culturali del centrosinistra. Non si tratta semplicemente di mettere in comune il patrimonio culturale di ognuno. Si tratta soprattutto di costruirne assieme uno in gran parte nuovo, sia per quel che riguarda le questioni italiane che per quelle dell’Europa e del mondo.

E le elezioni di aprile cadono anche in una fase di spartiacque nelle relazioni internazionali. Come argomenta Roberto Gualtieri si è esaurita quella fase, iniziata nel 1989, di rielaborazione critica dell’esperienza storica del PCI. L’approdo naturale di questo percorso, anche alla luce del voto del 9 e 10 aprile, sarà la formazione di un partito democratico dalla forte impronta riformista.

Ai temi di un nuovo ordine internazionale sono dedicate due rubriche in questo numero della rivista. La prima analizza, con articoli di John Kirton e Laura Sunderland e di Joseph Nye le prospettive del G8 che si terrà in giugno. È il primo vertice ospitato dalla Russia, in un contesto in cui il paese di Putin fa il suo debutto come «superpotenza energetica» oltre che militare. Al di là dei contenuti specifici del vertice, analizzati per quanto riguarda le prospettive dell’Italia da Cesare Ragaglini, questo vertice deve dimostrare fino a che punto il paese ospite sarà in grado di svolgere un nuovo ruolo di leadership nella governance internazionale e fino a che punto gli altri membri del G8 saranno in grado di collaborare concretamente in questo senso. In questo contesto Katinka Barysch discute dei rapporti tra Russia e Unione europea.

La seconda rubrica dedicata alla politica estera si occupa della crisi mediorientale dove in Iraq si allontana la prospettiva di una stabilizzazione, e la guerra civile da strisciante diventa più esplicita. Ne parlano Carlo Pinzani e, con una testimonianza di vita vissuta, un giovane funzionario delle Nazioni Unite impegnato in una esperienza quotidiana di sostegno al governo di Baghdad.

Ma il Medio Oriente non è solo Iraq. Lilli Gruber e Rula Jebreal analizzano i contorni della nuova crisi iraniana e i ritardi o addirittura le assenze di una riposta europea all’altezza. Completa il quadro una analisi di Fabio Nicolucci su vecchi e nuovi islamismi e intolleranza religiosa.

Continuando le analisi delle realtà locali in cui si terranno elezioni amministrative, in questo numero ci occupiamo della Sicilia, con contributi di Rita Borsellino e di Roberto Tagliavia che discute del «modello siciliano» di governo come possibile terreno di sperimentazione istituzionale all’interno del quale il nuovo partito democratico avrebbe un ruolo fondamentale. Il sindaco di Comiso Giuseppe Digiacomo, infine, racconta la «bella storia» della sua città e dell’aeroporto. Vi sono poi due rubriche che affrontano due temi programmatici di grande rilevanza: la sanità e i beni culturali.

Mario Pirani, Ignazio Marino e Claudio De Vincenti analizzano, con diverse angolature e con giudizi anche critici sulle politiche attuate in passato, l’intreccio tra la produzione di «sanità» e l’efficienza del sistema pubblico e privato. Viene messo in luce come la sanità, oltre a essere un diritto fondamentale sia anche un «bene economico» peculiare e complesso, da trattare nei sui aspetti tecnologici, manageriali e finanziari.

Anche la cultura, come la sanità è un bene complesso e multidimensionale. Anche in questo caso una politica riformista efficace deve saper trovare un equilibrio tra conservazione, utilizzazione, ed efficiente gestione delle risorse, definendo anche un quadro istituzionale in cui devono trovare spazio il livello centrale e quello decentrato di intervento, così come il pubblico e il privato. Alla gestione dei beni culturali, a cui la Fondazione Italianieuropei ha anche dedicato una apposita riflessione di un suo gruppo di lavoro, sono dedicati interventi di Giovanna Melandri, Vittoria Franco e di Pietro Giovanni Guzzo sul tema della «governance» e di Emilio Cabasino sulla riorganizzazione del mercato del lavoro nel settore.

Chiude il numero una testimonianza di Giuseppe Abbracciavento su Paolo Sylos Labini e i suoi studi sul Mezzogiorno.