Una fase nuova della politica europea

Written by Massimo Bray Wednesday, 10 October 2012 11:46 Print

Se l’Europa non è crollata, se abbiamo ancora una moneta unica, se la speculazione finanziaria non ha travolto il nostro paese (come invece è successo alla Grecia), se Draghi ha potuto esporsi con tanta fermezza in difesa dell’euro, se, insomma, il peggio sembra essere alle nostre spalle, ciò non signifi ca che ogni problema sia ora risolto. Al contrario, si staglia davanti a noi, nitida e imponente, una sfi da tutta politica: la costruzione dell’Europa come entità sovrana, come federazione degli Stati che ne costituiscono l’ossatura.

È un discorso importante quello del presidente della Repubblica che abbiamo deciso di pubblicare, perché affronta il tema principale dell’agenda politica del prossimo governo. Come ci ricorda Giorgio Napolitano, è finito il tempo delle utopie ed è giunto invece quello delle risposte politiche da elaborare se si vuole dare un futuro all’Europa e ai suoi membri. Pensare a un’architettura federale vuol dire non solo definire un’agenda europea, ma definire in funzione di questa gli assetti interni di ogni paese membro. Si tratta di un progetto storico forte, innovativo, con pochi precedenti. Vuol dire ripensare le politiche nazionali per raggiungere quest’obiettivo, avendo la capacità di guardare oltre gli interessi dei singoli, oltre le difese dei propri confini e delle proprie prerogative, uscendo da scelte di piccolo cabotaggio, come ogni paese ha finora mostrato di saper fare.

Ecco perché l’agenda dell’Europa diventa ora l’agenda di ogni singolo paese; è in quest’ottica che le forze riformiste europee e, tra queste, il Partito Democratico, devono giocare la loro parte, consapevoli delle loro storie e delle loro tradizioni. Se un ceto dirigente intuì questo passaggio come necessario e doveroso negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, la stessa capacità va mostrata in questi mesi così difficili. Occorre indirizzare il paese verso una storia nuova, riscoprire quelle energie positive presenti nel paese, coinvolgere forze nuove, giovani, stanandole dalla sfera “privata” in cui si sono rifugiate, per riportarle verso l’impegno pubblico, per restituire loro il senso della consapevole partecipazione a una trasformazione di portata storica. Occorre, come ci esorta a fare il presidente Napolitano, lanciare una decisa controffensiva europeista, per non disperdere quel prezioso patrimonio di pacifica convivenza continentale che dal secondo dopoguerra a oggi è stato faticosamente costruito, ma soprattutto per volgersi al futuro con lo sguardo ottimista del “grande continente”, forte sì del suo peso economico, ma soprattutto del suo poderoso patrimonio di diritti civili e sociali e della solidità della sua democrazia.

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