Doppio lutto. La scomparsa di Steve Jobs e lo spegnersi di un paese

Written by Antonio Menniti Ippolito Wednesday, 26 October 2011 13:19 Print
Doppio lutto. La scomparsa di Steve Jobs e lo spegnersi di un paese Illustrazione: Alessandro Sanna

Tutto il mondo piange Steve Jobs. L’uomo valeva, è fuor di dubbio, e tutto l’aiutava a diventare l’icona che era e che in misura ancora maggiore oggi è: una sorta di Gandhi o di Mandela, addirittura una specie di alternativa maschile alla Monroe. Ma tutti lo sanno, ed è inutile dirlo: è più conveniente vivere che morire, anche per impedire i fanatismi, le esagerazioni, i lumini o i disegnini con la mela fuori dai centri commerciali, il dolore a comando o ostentato.


Tutto il mondo piange Steve Jobs. L’uomo valeva, è fuor di dubbio, e tutto l’aiutava a diventare l’icona che era e che in misura ancora maggiore oggi è: una sorta di Gandhi o di Mandela, addirittura una specie di alternativa maschile alla Monroe. Ma tutti lo sanno, ed è inutile dirlo: è più conveniente vivere che morire, anche per impedire i fanatismi, le esagerazioni, i lumini o i disegnini con la mela fuori dai centri commerciali, il dolore a comando o ostentato.

Jobs aveva tutto: una biografia particolarissima punteggiata per di più da un viaggio in India e dalla propensione al buddhismo, la genialità riconosciuta così come la spietatezza, l’eccentricità, una certa selvaticità, una fisicità accattivante, una visione straordinaria del futuro, la ricchezza ecc. Sarebbe facile e crudele dire che ogni paese ha i grandi imprenditori che merita. Da noi il monopolista che ha approfittato delle aderenze politiche, dei vuoti normativi e di altri espedienti per rimbambire una nazione, più a ovest un uomo capace, con altri, di creare ricchezza e futuro rendendo più facile, più fruttuoso, lavorare, comunicare, creare. Da un lato il campione del progresso, un progresso che voleva bello anche nelle forme in cui questo doveva imporsi e dall’altro il disastro, il grottesco, il clownesco che abbiamo ancora sotto gli occhi, ma… lasciamo perdere.

E veniamo al punto. Non pochi dei “coccodrilli” che in misura straordinaria hanno riempito i media italiani suonano di una falsità totale. Un paese dalla burocrazia ancora borbonica che chiama, orribilmente, i biglietti ferroviari “titoli di viaggio”, che definisce l’atto di timbrarli col verbo “obliterare”, che rinomina, per rimanere in tema, le lenzuola dei vagoni letto “effetti letterecci” e i semafori “impianti semaforici”, che cosa ha a che fare con Jobs? E al di là di queste terrificanti ridicolaggini e per essere più seri, un paese che ha lasciato evaporare una esperienza come quella dell’Olivetti, dove da un lato si distrugge la scienza e dall’altro si lasciano le università e i centri di ricerca liberi di riprodurre all’infinito logiche clientelari, nepotistiche, tutt’altro che meritocratiche? Dove le scuole tutte, dagli asili a quelle di eccellenza di ogni livello, sono considerate dei depositi di anime e non luoghi di produzione del futuro della comunità? Una nazione con un ministro dell’Istruzione che non perde occasione per mostrare l’inadeguatezza propria o quella del proprio mandato, che pare solo quello di distruggere quanto è pubblico nel sistema dell’educazione e della ricerca? Un paese che sta distruggendo il proprio paesaggio unico e straordinario, le biblioteche e gli archivi e con questi anche la memoria di sé? Cosa ha a che fare l’Italia di oggi, parte almeno di questa Italia, quella che ci governa, non solo politicamente (i nostri capitalisti, cosa riescono a essere i nostri capitalisti!), con Steve Jobs? Purtroppo nulla, e questo paese meriterebbe invece assai di più. Se solo però si svegliasse, se smettesse di aspettarsi d’essere salvato da altri, se si ricordasse d’aver generato nei secoli molti Steve Jobs, se si impegnasse a recuperare un po’ di dignità, se ciascun italiano applicasse le proprie capacità per cercare di risolvere non i problemi propri ma quelli dei figli o dei nipoti.

E il necrologio di Jobs, personalità complessa e magnifica, si è qui trasformato nella commemorazione di una nazione, questa nostra, mai così spenta e sfiduciata. Ogni paese ha, oltre tutto, anche i lutti che si merita. Ma il domani, almeno per quel che riguarda la possibilità di rimuovere presto il tappo che per troppi anni ha depresso gli entusiasmi e le virtù migliori di noi tutti, si potrebbe preannunciare migliore. Non può che essere tale. Deve esserlo.

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