Michele Raitano

Michele Raitano

insegna Politica economica all’Università di Roma “Sapienza”.

Mercato del lavoro e assicurazione sociale: la lezione della pandemia

L’emergenza Covid-19 sta rappresentando per il mercato del lavoro e il sistema di welfare una sfida impensabile fino a due mesi fa. A differenza di altre crisi, per quanto gravi, questa emergenza va considerata un unicum dato che si è manifestata all’improvviso, con effetti immediati (legati al lockdown) e diffusi su una quota elevatissima di forza lavoro.
Quando si ragiona su quali misure mettere in atto per fronteggiare l’emergenza non ci si riferisce, pertanto, all’aggravarsi di “normali” eventi di disoccupazione che, in quanto tali, sono caratterizzati da una distribuzione di “rischio calcolabile” e che, data la quota comunque minoritaria di perdenti, può essere affrontata tramite forme standard di protezione sociale contributiva.

Diseguaglianza retributiva in italia: le tendenze di lungo periodo

Le diseguaglianze economiche sono generate da processi complessi, in cui interagiscono molteplici fattori. Per valutare la distribuzione del benessere economico in una popolazione bisogna guardare a come si distribuisce il reddito disponibile equivalente, che deriva dalla somma di tutti i redditi di mercato (da lavoro, capitale, rendite) percepiti da ogni membro di un nucleo familiare, al netto di imposte e contributi e includendo i trasferimenti del welfare state, con i redditi resi equivalenti mediante le apposite scale per consentire comparazioni fra individui che vivono in nuclei di diversa dimensione.

Il Jobs Act: una cura inefficace per una diagnosi errata

La mobilità del mercato del lavoro in Italia è davvero così limitata? L’evidenza empirica smentisce l’idea che prima della riforma del Jobs Act il mercato del lavoro italiano fosse rigido e porta a dubitare che il suo principale problema fosse la segmentazione fra iper-tutelati e non garantiti. A un’attenta lettura dei dati esso appariva “liquido” piuttosto che rigido o segmentato. Per questo motivo gli obiettivi di limitare la varietà contrattuale per ridurre le diseguaglianze e migliorare le condizioni di chi lavora con contratti flessibili sarebbero dovuti essere raggiunti partendo dal basso, cioè eliminando le forme contrattuali maggiormente penalizzanti e meno protette, invece che dall’alto, cioè indebolendo il contratto a tempo indeterminato, come si è invece fatto nel Jobs Act.

La non universalità degli ammortizzatori sociali in Italia

Sebbene abbia contribuito a razionalizzare le forme di tutela dei lavoratori, la riforma del 2012 non offre coperture per quelle categorie di lavoratori e di disoccupati che già in precedenza erano fuori dal sistema degli ammortizzatori sociali, ovvero chi, tra i dipendenti, non rispetta i requisiti contributivi di accesso alle indennità, i lavoratori parasubordinati e autonomi, i giovani in cerca di prima occupazione. Offre quindi una protezione parziale e solo contro i rischi di licenziamento dei lavoratori dipendenti, senza alcuna tutela contro tutti i possibili eventi da cui deriva la disoccupazione. Siamo ancora lontani dall’avere un sistema di ammortizzatori sociali e tutele di welfare effettivamente universale.

I rischi dell'invecchiamento diseguale

La riforma di dicembre 2011 ha omogeneizzato di fatto l’età di ritiro di tutti i lavoratori senza tenere adeguatamente conto dell’eterogeneità degli individui rispetto alla possibilità di proseguire l’attività lavorativa e alla loro aspettativa di vita. Le ricadute negative di questo nuovo assetto, che accresce il rischio di disoccupazione in età avanzata e avvantaggia chi già ha goduto di uno status socioeconomico più agiato, rischiano di essere considerevoli sia dal punto di vista dell’efficienza del sistema che della sua equità. Andrebbero perciò introdotte riforme complementari nel settore del welfare, nel mercato del lavoro e nel sistema produttivo tali da offrire ai lavoratori più maturi effettive garanzie di occupabilità.

Acquista la rivista

Abbonati alla rivista