insegna Filosofia teoretica all’Università di Roma “Sapienza”.
Quando si parla di Europa si usa ormai il condizionale per dire quel che avrebbe potuto essere, e non è stato. Oggi si deve ammettere che, come suggerisce il Manifesto di Thomas Piketty, l’Europa è in una inquietante impasse: da un canto movimenti politici ambigui, il cui programma sembra coagularsi solo nell’odio contro gli stranieri, d’altro canto quel liberismo “duro e puro” che pretende di imporre ovunque il dogma di un’austerità implacabile, producendo una competizione generalizzata tra tutti. A cominciare proprio dagli Stati europei.
Opporsi vuol dire anzitutto fronteggiare la parte che governa, arginandone il potere, segnandone nitidamente i limiti. In modo che per ognuno sia chiaro che la comunità in cui vive è una comunità democratica. Se si assottiglia lo spazio di gioco dell’opposizione, si riduce la democrazia. Il primo compito dell’opposizione è dunque quello di salvaguardare la dialettica interna. Il che oggi non è più così ovvio. I tentativi di restringere, o addirittura eliminare, quello spazio di giocosono molteplici e diversificati.
Sulla rabbia pende da secoli un duplice giudizio. Da un canto è vista come quell’impeto che acceca, fa perdere il lume della ragione, la lucidità e l’autocontrollo, dall’altro viene indicata come la risposta inevitabile, e per certi versi necessaria, a un’offesa subita, a un torto, a un’ingiustizia. Inibire, dunque, la rabbia o assecondarla? Reprimerla del tutto o tentare di gestirla?
L’interrogativo riguarda tutte le passioni che non si possiedono, ma dalle quali si è posseduti. L’ira epica di Achille, con cui si apre l’“Iliade” e si inaugura la letteratura europea, sembra scaturire da un’origine divina, provenire da un’energia primaria e inesplicabile. È perciò vano pretendere di sottrarsi a quella forza che scuote il corpo e fa ribollire il sangue. Si capisce perché sia andata prevalendo l’esigenza di contenere e indirizzare una passione che, se ripiegata su di sé, può avere conseguenze esiziali suscitando risentimento o provocando ritorsione. In breve, se altre passioni, tristi o non tristi, hanno uno stigma negativo, la rabbia, condannata nei suoi eccessi, viene giustificata, e anzi ritenuta giusta se, al momento opportuno e nei modi dovuti, reagisce a una sopraffazione, argina uno strapotere, ripristina l’equilibrio.