Orbán e l’UE: scontro sui valori

Written by Zita Gurmai Tuesday, 24 January 2012 16:06 Print
Orbán e l’UE: scontro sui valori Foto: jemufo

Nel corso del 2011 il Parlamento ungherese ha approvato delle riforme costituzionali – entrate in vigore lo scorso 1° gennaio – che mettono gravemente a rischio il sistema democratico del paese magiaro. Le profonde preoccupazioni per la deriva incostituzionale del governo ungherese sono approdate al Parlamento e alla Commissione europea.

 

La nuova Costituzione ungherese è entrata in vigore il 1° gennaio 2012. Lo scorso anno il partito di governo, l’Unione civica ungherese (FIDESZ), aveva usato tutta la sua maggioranza parlamentare (due terzi dei membri dell’assemblea), ottenuta alle elezioni di due anni fa, per votare in favore della nuova Costituzione. L’estrema destra, invece, aveva votato contro. L’opposizione democratica, formata dal Partito socialista ungherese e dal partito ecologista la “Politica può essere diversa” (LMP), aveva addirittura deciso di abbondare il procedimento legislativo, nella convinzione che mancassero le garanzie costituzionali per un dibattito democratico sulla nuova Carta costituzionale.

Questa, infatti, non è il prodotto di un ampio consenso politico. È stata adottata senza che avessero luogo consultazioni pubbliche e in un arco di tempo insolitamente breve.

Essa, insieme alle cosiddette leggi cardinali, che richiedono per essere approvate la maggioranza dei due terzi, in pratica esclude che si possa cambiare il governo in Ungheria attraverso elezioni democratiche.

Naturalmente, gli Stati membri dell’Unione europea sono liberi di adottare la propria Costituzione. Tuttavia, ciò non toglie che l’UE sia allo stesso tempo una comunità basata su una comunanza di valori. E le Costituzioni dei paesi che ne fanno parte e i relativi sistemi legali devono rappresentare questi valori.

Ritengo che il mio paese, l’Ungheria, costituisca in questo momento un’eccezione.

In Ungheria, lo stato di diritto e il sistema di pesi e contrappesi sono in pericolo, o comunque si stanno gradualmente erodendo. Permettetemi di fare alcuni semplici esempi.

  • Non c’è alcuna possibilità per una competizione politica libera e giusta.
  • La libertà dei mezzi di comunicazione è severamente compromessa.
  • La nomina di “amici” di FODESZ alla guida di istituzioni, che in passato avevano mantenuto un alto grado di indipendenza, per periodi disinvoltamente lunghi rende piuttosto dubbia la possibilità di un cambio al vertice.
  • L’abbassamento dell’età obbligatoria di pensionamento per i giudici e la riduzione dell’indipendenza dell’ombudsman per la protezione dei dati sono stati menzionati in modo esplicito dal commissario Viviane Reding (Giustizia, diritti fondamentali e cittadinanza) nella sua lettera al primo ministro Orbán.
  • L’indipendenza del sistema giudiziario risulta fortemente a rischio a causa della nomina di persone vicine al partito di governo a quelle posizioni in magistratura che hanno il compito di assegnare i casi ai giudici.
  • La legge sul lavoro riduce sensibilmente i diritti dei sindacati e quelli dei lavoratori.
  • La nuova legge elettorale permetterà a FIDESZ di cementare la sua maggioranza parlamentare in futuro e, attraverso l’introduzione dei voti della diaspora, esporterà la politica ungherese anche negli Stati vicini (il diritto di voto è stato esteso per la prima volta ai cittadini ungheresi che non hanno la residenza permanente in Ungheria).

 

Non è solo il rispetto dei principi democratici a essere in questione: anche la politica economica del governo è controversa. Come ha dichiarato il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso l’indipendenza della Banca centrale ungherese è stata soggetta a limitazioni.

L’iniqua e disastrosa flat tax del 16% sul reddito è stata inserita in una delle “leggi cardinali”, mentre l’imposta sugli extra-profitti (windfall tax), introdotta recentemente, è contraria alla legislazione europea.

I cittadini ungheresi sono stati testimoni della (probabilmente) incostituzionale nazionalizzazione dei fondi pensione privati – due in due anni – e di molte altre decisioni ad hoc che scoraggiano gli investitori e frenano la crescita del paese.

L’Unione europea, così come diverse organizzazioni internazionali e ONG, ha espresso profonda preoccupazione per quel che concerne gli sviluppi politici in Ungheria, ma è stata largamente ignorata.

In gennaio, la Commissione europea ha aperto tre procedimenti d’infrazione contro l’Ungheria relativi alla riforma della banca centrale, l’indipendenza del sistema giudiziario e la protezione dei dati. Il primo ministro Orbán ha un mese per dare una risposta alle preoccupazioni della Commissione.

Appena la scorsa settimana, in un acceso dibattito di tre ore al Parlamento europeo di Strasburgo, Orbán ha parlato degli importanti e necessari cambiamenti che stanno avvenendo in Ungheria. Tutti in linea con i valori dell’Unione, a suo avviso.

La maggior parte dei leader dei gruppi politici europei ha espresso serie e fondamentali preoccupazioni sui provvedimenti legali e costituzionali adottati dal governo ungherese, e sugli stessi principi democratici del paese. Il premier ungherese incontrerà questa settimana Barroso a Bruxelles per continuare la discussione.

Per il bene dei cittadini ungheresi e per quello dell’intera Unione europea, mi auguro – sperando nell’impossibile – che una soluzione venga trovata.

 

 


Foto: jemufo

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