La tripletta dell’AKP

Written by Ekrem Eddy Güzeldere Friday, 17 June 2011 10:33 Print
La tripletta dell’AKP Foto: Neil Simon
Dopo una campagna elettorale lunga e piuttosto aggressiva, le elezioni nazionali in Turchia si sono concluse con un risultato chiaro. Eppure, nonostante abbia quasi raggiunto il 50% dei voti, il partito di governo non ha forza sufficiente per cambiare la Costituzione. Sarà dunque necessario un accordo con le forze dell’opposizione per affrontare il compito più importante dei prossimi mesi: la stesura di una nuova Costituzione civile, che tenga in considerazione le richieste della popolazione curda.



Un comico bavarese, Gerhard Polt, disse una volta parlando della politica bavarese «noi non abbiamo bisogno di un’opposizione. Siamo già democratici». La Turchia dopo le elezioni nazionali del 12 giugno ha quasi raggiunto quel punto in cui l’opposizione è ridotta a dati statistici. Il Partito giustizia e sviluppo (AKP) del primo ministro Recep Tayyip Erdogan è riuscito a conquistare per la terza volta consecutiva la maggioranza assoluta. Questo, già di per sé, è un evento abbastanza insolito per la politica turca, ma fino ad oggi – nella storia del multipartitismo turco, a partire dal 1950 – non era mai capitato che un partito di governo riuscisse a incrementare i propri voti per la terza volta di seguito. Dopo il 34% raggiunto nel 2001, il 47% nel 2007, l’AKP è riuscito a ottenere qualche giorno fa il 49,9% dei voti e a diventare il più forte partito in 66 delle 81 province turche. Con questo risultato l’AKP si è assicurato 326 seggi sui 550 della Grande Assemblea Nazionale (TBMM). Eppure ciò significa anche che, nonostante la maggioranza schiacciante, l’AKP non è riuscito a ottenere un numero di seggi sufficiente ad approvare da solo le riforme costituzionali. Per queste, infatti, è necessaria una maggioranza di tre quinti dell’Assemblea, ovvero occorrono 330 voti.

Questo non è certo quanto di peggio possa accadere alla democrazia turca. Perché invita o forse addirittura costringe i partiti rappresentati in Parlamento a collaborare nella ricerca di un consenso per una nuova Costituzione.

 

Quattro partiti in Parlamento: AKP, CHP, MHP, BDP

Altri tre partiti sono riusciti a entrare in Parlamento. Il più grande partito di opposizione era e rimane il Partito repubblicano del popolo (CHP), che sotto la leadership del suo nuovo presidente, Kemal Kilicdaroglu, ha conquistato il 25,9% dei voti e 135 seggi, un miglioramento rispetto al 20,8% raggiunto nel 2007. Il CHP, però, sperava di ottenere almeno il 30% e il mancato obiettivo ha immediatamente suscitato un dibattito interno circa la leadership e la strategia elettorale. Il partito più vecchio della Turchia si trova di fronte al dilemma che ha caratterizzato anche la campagna elettorale: trasformarsi in un partito socialdemocratico, filoeuropeo, pronto a impegnarsi nella ricerca di una soluzione alla questione curda e in grado di attrarre i voti delle minoranze e degli elettori confessionali, oppure rimanere ancorato allo status quo e vicino alle Forze armate, che interferiscono con la politica quando lo ritengono necessario. Nelle liste elettorali, e adesso nel gruppo parlamentare, sono presenti elementi di entrambi gli schieramenti ed è difficile dire al momento quale dei due risulterà dominante.

La campagna elettorale del Partito d’azione nazionalista (MHP), di orientamento conservatore, ha avuto ben poco a che fare con contenuti veri, ma è stata dominata da uno scandalo a sfondo sessuale, che ha indotto dieci dei candidati a ritirarsi dalla competizione. Ciononostante, sembrerebbe che lo scandalo abbia rafforzato il partito che, serrati i ranghi, ha conquistato un rispettabile 12,9% (53 seggi). Meno che nel 2007, ma chiaramente al di sopra della soglia di sbarramento del 10%.

 

Candidati dipendenti… indipendenti per superare la soglia di sbarramento

E proprio a causa di questa soglia del 10%, la più alta in Europa e fra i paesi dell’OCSE, il partito filo-curdo Partito pace e democrazia (BDP) ha deciso, come nel 2007, di non correre alle elezioni come partito, ma con candidati ufficialmente indipendenti, che dovevano conquistare da soli i voti necessari alla conquista di un seggio in una data provincia. In totale 36 candidati sostenuti dal BDP sono riusciti a entrare in Parlamento, dove hanno formato un gruppo BDP. Si tratta di un incremento di 15 membri rispetto alle elezioni precedenti. È rilevante il fatto che questi candidati “indipendenti” siano stati eletti non solo nella Sud-Est del paese, dove i curdi costituiscono la maggioranza della popolazione in molte province; tre candidati indipendenti sono stati eletti a Istanbul, uno ad Adana e uno a Mersin.

Questa soglia di sbarramento così alta costituisce una grave discriminante per i partiti più piccoli che con queste elezioni hanno visto ulteriormente ridurre le loro dimensioni. Il più grande fra i piccoli partiti è Saadet, che ha ottenuto l’1,25% dei voti; il Partito democratico (DP), conservatore, ha avuto lo 0,65%, il Partito della sinistra democratica (DSP) lo 0,25%, il Partito del vero sentiero (DYP) lo 0,15%… Tutti partiti di governo negli anni Novanta, ridotti oggi all’irrilevanza politica.

 

Più donne e un cristiano assiro

La politica turca è sempre stata fortemente maschilista. Le donne in politica hanno sempre costituito una specie rara. Tuttavia, sin dal 2002 la rappresentanza femminile in Parlamento è cresciuta in modo costante, dal 4,4% del 2002 all’8,8% del 2007, fino ad arrivare all’attuale 13,5%, il che significa che 78 membri del Parlamento sono donne: un record assoluto. Ancor più che per le donne, la politica turca costituisce uno spazio scarsamente accessibile per le minoranze. Negli anni Novanta un solo membro del Parlamento era ebreo, e l’ultimo deputato cristiano era stato eletto negli anni Cinquanta, quando ancora vivevano a Istanbul (che allora aveva un milione di abitanti) circa centomila greci. Questa volta e per la prima volta, un cristiano assiro è stato eletto come indipendente nella provincia di Mardin. Erol Dora – un avvocato impegnato anche nei casi che riguardano il monastero assiro di Mor Gabriel – entrerà a far parte del gruppo parlamentare BDP.

 

La nuova Costituzione e la questione curda

Le questioni più urgenti emerse durante la campagna elettorale che il nuovo Parlamento dovrà affrontare sono la stesura di una nuova Costituzione e il problema curdo. I due temi sono strettamente connessi, in quanto la Costituzione autoritaria del 1982 costituisce l’ostacolo legale più rilevante al miglioramento della situazione dei cittadini curdi e delle altre etnie non turche. Per questa ragione la nuova Costituzione dovrebbe evitare qualunque riferimento etnico per quanto concerne la cittadinanza, e dovrebbe permettere l’uso di altre lingue, oltre al turco, sia nell’istruzione sia nelle amministrazioni locali. In primo luogo, sarebbe opportuno adottare la Carta europea delle autonomie locali, tentativo già fatto nel 2004. Una nuova Costituzione servirebbe anche a favorire l’introduzione di ulteriori riforme, in quanto molte leggi entrerebbero in contraddizione con la Costituzione, come ad esempio parte del Codice penale, la legge contro il terrorismo o quella sui partiti politici.

Nel migliore degli scenari possibili, questo dovrebbe condurre a un’ondata di democratizzazione, a un ampliamento dei diritti politici, civili e culturali, portando a una diminuzione della tensione e a una graduale trasformazione della Turchia in qualcosa di più simile a una normale democrazia europea. Il peggiore degli scenari sarebbe invece il mantenimento dello status quo, nessuna nuova Costituzione, una riforma alla meglio con qualche modifica “estetica”, un aumento della tensione e, di conseguenza, della violenza, degli scontri, delle operazioni militari.

A questo punto dovrebbe essere chiaro a tutti che non c’è più tempo da perdere.

 

 


Foto di Neil Simon