Creatività e sviluppo in Italia

Di Italianieuropei intervista Massimiliano Fuksas Martedì 13 Maggio 2008 17:57 Stampa
Pochi giorni fa, lo studio Fuksas si è aggiudicato la gara per la realizzazione del nuovo terminal dell’aeroporto cinese di Shenzhen. Per prevalere sugli altri prestigiosi competitor, decisivo è stato l’apprezzamento per la qualità e la creatività del design del nostro paese, a riprova che il genio italiano è capace di vincere la sfida internazionale. Tradizione e visione del futuro si coniugano in un’idea di architettura che tenta di far assomigliare la nostra vita quotidiana a un modello astratto di perfezione in cui essere tutti un po’ più felici. Di questo abbiamo discusso con Massimiliano Fuksas.

Italianieuropei Riteniamo che l’obiettivo ultimo dell’agire politico debba essere la pubblica felicità; che la politica debba lavorare per creare un ideale luogo di felice e armoniosa convivenza, una sorta di “città ideale”. Come immagina la “città ideale” l’architetto contemporaneo?

Massimiliano Fuksas La “città ideale” dovrebbe essere priva dei luoghi della disperazione, un posto dove siano state eliminate le enormi differenze fra i ricchi divenuti ricchissimi e i poveri divenuti poverissimi. Un luogo in cui la serenità appartenga a ogni individuo e in cui la filosofia della vita sia costruita sulla cultura comune.

Ie La “città ideale” rischia a volte di venire intesa nell’immaginario dei più come un non-luogo, nel senso in cui Marc Augè ha utilizzato questo termine, ossia come un luogo spersonalizzato e spersonalizzante. È possibile invece declinare questo ideale secondo un’accezione positiva?

M.F. Non esiste la città ideale. Non è mai esistita. Come non esiste la democrazia perfetta. Esiste il tentativo di far assomigliare un modello astratto di democrazia alla nostra vita quotidiana. L’architettura è parte della democrazia e perciò può contribuire alla creazione di un’idea di città in cui l’identità di ognuno sia riscontrabile nella struttura urbana.

Ie La ricerca di una convivenza armoniosa anche fra l’uomo e l’ambiente in cui vive ci porta però a chiederci se l’architettura, oltre a porsi come obiettivo il bello e l’utile (nel senso di funzionale), non debba aspirare anche alla sostenibilità ambientale. In un contesto urbano, il problema si pone soprattutto in termini di scelta di materiali e tecniche costruttive ecocompatibili. Qual è la situazione nel nostro paese su questo fronte?

M.F. Il nostro paese è completamente estraneo a quanto in Europa si sta facendo per migliorare le condizioni di vita. La geografia deve ritornare ad essere la sintesi fra l’uomo, la natura e l’economia.

Ie Osare significa anche sperimentare con le nuove forme e i nuovi materiali. Come vive il rapporto fra creatività e innovazione tecnologica?

M.F. L’innovazione tecnologica è semplicemente uno dei tanti elementi che contribuiscono alla rappresentazione dei nostri sogni.

Ie L’Italia ha avuto in passato, e speriamo abbia ancora, una tradizione, una scuola di architettura e urbanistica molto valida. È vero questo o è solo una percezione mitizzata della realtà?

M.F. L’architettura italiana fino alla fine degli anni Sessanta ha rappresentato la migliore sintesi della cultura moderna in Europa. L’urbanistica è stata usata in chiave ideologica e perciò ha dato vita ad equivoci e a “imperfezioni urbane”.

Ie Cosa fanno i giovani architetti italiani? C’è posto per loro nel nostro paese?

M.F. In Italia c’è pochissimo spazio per emergere per un giovane architetto. Il nostro paese è preda di una follia disastrosa che fa fuggire i migliori.

Ie C’è spazio, invece, per l’artista che voglia innovare e sperimentare?

M.F. In Italia non c’è né lo spazio per chi vuole innovare né ci sono i committenti. È un paese che se non cambia rapidamente (e forse è troppo tardi) vivrà una recessione in ogni attività umana.

Ie Può raccontarci una esperienza positiva e/o una negativa dell’operare dell’artista italiano in un contesto globale?

M.F. Ce ne sarebbero molte. Lavorare con lo Stato è impossibile. I privati, pochi e illuminati, sono l’unica speranza.

Ie Si dice che alcuni esperimenti fatti all’estero (la NYT Building, solo per fare un esempio) sarebbero stati irrealizzabili in Italia. Perché? Un effetto del poco coraggio o della troppa burocrazia?

M.F. L’Italia riesce a realizzare quando vuole opere che nessun altro paese riesce neanche a pensare. I dettagli della Fiera di Milano a Rho Pero, o il Centro di ricerche Ferrari a Maranello hanno una qualità di realizzazione quasi unica al mondo.

Ie Eppure ci sono paesi in via di sviluppo dove si osa molto. Non è che in Italia, dato l’immenso e inestimabile patrimonio che possediamo, abbiamo paura di sfidare la tradizione? Di innovare?

M.F. Non credo che il patrimonio culturale sia un handicap, anzi lo considero un valore assoluto. Non c’è futuro senza un grande passato.