La rivista - Italianieuropei

il Sommario

l' Editoriale

Ha un futuro la Costituzione europea?

La risposta alla domanda del titolo dipende da due ordini di argomenti, dei quali uno solo è oggetto dei frequenti dibattiti che si svolgono su questo tema. Si discute infatti della perdurante utilità (o meno) delle innovazioni contenute in quel testo e dei modi per ottenerne l’approvazione, in particolare delle modifiche, mutilazioni e integrazioni che possono agevolarla negli Stati che l’hanno inizialmente rifiutata o che ancora non vi hanno provveduto. Non si discute invece delle condizioni politiche di cui c’è bisogno per una tale approvazione e quindi del grado di consenso e di omogeneità politica attorno al futuro comune europeo in ciascuno dei nostri paesi; un argomento in più casi sgradevole, che i politici preferiscono ignorare e che né i tecnici né i retori dell’ingegneria costituzionale frequentano quanto servirebbe per far loro percepire le mine che ne vengono sui percorsi da loro disegnati. È dunque essenziale soffermarsi sul primo ordine di argomenti (anche perché alcune delle più radicate resistenze politiche si nascondono dietro di essi), ma è non meno essenziale guardare in faccia anche gli altri.

gli Articoli

Economia e finanza

L'Europa e l'Italia negli scenari globali. Il declino non è inevitabile

di Pier Carlo Padoan
Come sarà il sistema globale tra dieci anni? E tra trenta? Come sarà l’Italia in queste date? E l’Europa? Sono domande che ci si pone sempre più di frequente di questi tempi. Che sono tempi relativamente favorevoli per il sistema globale nel suo complesso ma da cui l’Europa e l’Italia stentano a trarre in pieno i benefici. E soprattutto ci si chiede: ci sono margini per Europa e Italia, per migliorare la propria posizione relativa ed evitare di subire nel lungo periodo le spinte del processo di globalizzazione?
Economia e finanza

Cina: crescita, squilibri, opportunità

di Ferdinando Targetti
In Cina la rapidità del cambiamento del paese è evidente ad occhio nudo, basti pensare al fiume di biciclette a Pechino, che nel giro di un paio d’anni è stato sostituito da un impetuoso fiume di automobili. Di tale rapidità di cambiamento non c’è da stupirsi se si guardano i dati dell’economia cinese. Dal 1990 ad oggi la produzione industriale è cresciuta del 10% annuo medio (in certi anni fino al 14%), in questo lasso di tempo il PIL si è triplicato e il suo valore ha superato quello dell’Italia, quello del Regno Unito e quello della Francia. In termini pro capite la crescita è quasi altrettanto consistente, considerando i tassi di incremento demografico che la politica del figlio unico rende contenuti. In genere dopo un boom così prolungato e a tassi di crescita così elevati (superiori a quelli di qualsiasi paese prima di ora, anche del Giappone nel secondo dopoguerra) si presentano netti segni di rallentamento.
Economia e finanza

Squilibri e disuguaglianze nell'economia globalizzata

di Silvano Andriani

Da alcuni anni ormai le principali istituzioni economiche internazionali segnalano che il crescente deficit della bilancia dei pagamenti corrente degli Stati Uniti rappresenta il principale e più pericoloso squilibrio dell’economia mondiale. Tale deficit non è di origine recente, è nato all’inizio degli anni Ottanta nel corso della grande ristrutturazione economica avviata da Ronald Reagan e Margaret Thatcher che ha ridato alle economie anglosassoni, e in particolare a quella statunitense, il ruolo di traino dell’economia mondiale. Da allora esso è diventato strutturale, è persistito anche durante gli anni di Clinton nonostante la politica di rigore fiscale seguita da quella Amministrazione. Se tuttavia si considera la sua evoluzione nel tempo e soprattutto il passaggio dagli anni Novanta al XXI secolo, la storia di quel deficit mostra che il rapporto dell’economia statunitense con quella mondiale è cambiato.

Economia e finanza

Come evitare la fine di Eurolandia

di Simon Tilford

L’Unione economica e monetaria (UEM) è il progetto più importante e coraggioso mai intrapreso nell’Unione europea. Il successo dell’euro non è soltanto cruciale per la salute economica di Eurolandia e dei suoi membri, ma anche per la credibilità dell’UE nella sua totalità. Le economie europee hanno maggiore possibilità di successo in un’economia globale se dotate di un mercato unico, con una moneta unica e mercati dei capitali integrati. Sfortunatamente, è troppo presto per affermare che l’UEM sia un evento positivo. La moneta unica doveva teoricamente unire l’Europa, ma invece rischia di creare intralci a livello economico e di diventare una fonte di divisione a livello politico. Tra gli Stati membri persistono ancora differenze significative e le economie in Eurolandia stanno divergendo in maniera seria e preoccupante. L’euro è indubbiamente, da molti punti di vista, una moneta alla ricerca di un mercato.

Economia e finanza

Gli ostacoli sulla via di Lisbona

di Marco De Andreis
Le riforme strutturali sono la parte più importante – ma anche più difficile e più controversa politicamente – della Strategia di Lisbona. Riforme strutturali vuol dire deregulation, liberalizzazioni, riforme per l’apertura e il migliore funzionamento dei mercati del lavoro e dei prodotti. L’idea che esse siano essenziali per il rilancio dello sviluppo economico europeo precede il varo, nel marzo del 2000, della Strategia di Lisbona: Commissione e Consiglio le chiesero a voce sempre più alta ai paesi membri dell’Unione già durante la marcia d’avvicinamento all’Unione monetaria, ben prima dunque del gennaio 1999.
ECONOMIA E FINANZA

Il sistema bancario italiano in Europa. Italianieuropei intervista Marcello Messori

di Marcello Messori

Italianieuropei Dopo il rapido processo di consolidamento degli anni Novanta, il sistema bancario italiano sembrava essersi bloccato. Invece, di recente, vi sono state nuove aggregazioni. Che cosa è cambiato? 

Marcello Messori Credo che vi siano state almeno due novità di rilievo. Innanzitutto, a metà del 2005 uno dei maggiori gruppi bancari italiani (Unicredit), che già aveva acquisito una posizione di leadership nei mercati dell’Europa dell’Est grazie a lungimiranti acquisizioni di importanti banche in molti di quei paesi e che già vantava una dimensione internazionale nelle attività di asset management, specie grazie all’acquisto di società statunitensi, si è trasformato in uno dei maggiori player bancari europei mediante l’incorporazione del secondo gruppo bancario tedesco per dimensione dell’attivo (cioè HVB). In secondo luogo, a seguito del fallito tentativo di difendere l’italianità di Antonveneta e di BNL a scapito della trasparenza e del corretto funzionamento dei mercati, a metà dicembre 2005 si è dimesso il governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio. Oltre a permettere la ridefinizione della governance della nostra banca centrale, ciò ha portato – dopo molti anni – alla nomina di un governatore (Mario Draghi), che non era un membro del direttorio della banca stessa e che ha posto fine a uno stile molto intrusivo di vigilanza bancaria.

ECONOMIA E FINANZA

«Industria 2015» e mercato dell'innovazione

di Renato Giallombardo

Le politiche industriali dei governi del mondo occidentale sono sempre state condizionate da una fondamentale domanda di sistema. Fidarsi o non fidarsi del libero mercato? Fidarsi o non fidarsi della capacità dell’insieme di cittadini e imprese che costituiscono il mercato, quella immateriale entità composta da tutti coloro che contribuiscono alla produzione e allo scambio di beni e servizi, di regolarsi autonomamente verso la migliore allocazione e il miglior sfruttamento delle risorse al fine di soddisfare al meglio i bisogni economici di tutti, a breve così come a lungo termine?

ECONOMIA E FINANZA

I gruppi cooperativi

di Alberto Zevi
Nel corso degli ultimi decenni le cooperative sono cresciute significativamente, sia come numero che come addetti impegnati. Lo sviluppo cooperativo, che si è manifestato in misura evidente a partire dagli anni Settanta, è continuato anche in questi primi anni del nuovo secolo. I dati disponibili per il 2004 testimoniano una crescita in termini di addetti rispetto al 2001 di un ulteriore significativo 9,3%. Come già era stato evidenziato nell’articolo pubblicato su questa stessa rivista nel 2005, l’aspetto più interessante di tale crescita va ricercato nel peculiare tragitto di espansione che ha caratterizzato il fenomeno cooperativo. In effetti se si considerano i dati per dimensione d’impresa si constata che, nel corso degli anni, è significativamente aumentato il peso delle cooperative più grandi rispetto al totale delle imprese delle stesse classi dimensionali.
GRAN BRETAGNA

Il futuro del Partito Laburista

di Patrick Diamond
Il Partito Laburista britannico sta attualmente attraversando un periodo di agitazioni dopo oltre un decennio di stabilità, di armonia politica e di risultati positivi al governo. All’origine del successo di Tony Blair e del governo laburista ci sono tre vittorie elettorali consecutive, dopo un secolo durante il quale il partito conservatore era stato la forza dominante della politica britannica.
GRAN BRETAGNA

Quale futuro per il New Labour britannico?

di Colin Crouch
Tre fattori hanno contribuito a sabotare il carroccio del New Labour britannico: la guerra in Iraq, il progetto di occupare tutto il terreno dei conservatori per costringerli a spostarsi sempre più verso destra e la politica della liberalizzazione e privatizzazione del welfare State britannico, un aspetto, quest’ultimo, che deve essere ricollegato a quello precedente.
AMERICA LATINA

I paradossi e le sfide istituzionali del presidenzialismo latinoamericano

di Alberto Filippi
È utile compiere una riflessione sulle aspre polemiche che si sono svolte negli ultimi mesi in America Latina, anche a seguito delle diverse tornate elettorali che hanno eletto e rieletto molti presidenti della Repubblica. Spesso – e non soltanto in Europa – si è interpretato, e si continua a interpretare, il ruolo della figura del presidente alla luce della tradizione dei grandi leader storici del populismo (basti pensare a caudillos così distinti come Cárdenas, Perón, Vargas o Betancourt) o, persino, dei dittatori militari del secolo scorso, i quali effettivamente concentravano ed esercitavano, sia pure con motivazioni e scopi del tutto opposti, enormi poteri che trascendevano il ruolo dell’esecutivo.
AMERICA LATINA

I poveri del Brasile garantiscono la vittoria di Lula

di Giancarlo Summa
Domenica 29 ottobre, le dieci di sera. Luiz Inacio Lula da Silva, rieletto presidente del Brasile con 58,2 milioni di voti, ha già ricevuto la telefonata di rito del suo avversario sconfitto, Geraldo Alckmin, e ha appena rilasciato una breve dichiarazione davanti a trecento giornalisti, cameraman e fotografi di tutto il mondo stretti nel salone di un hotel. Adesso, dopo mesi di campagna elettorale massacrante e un anno e mezzo sotto il fuoco incessante dei mass media, è il momento di gettarsi tra le braccia della sua gente, di lasciar parlare il cuore.
AMERICA LATINA

In Cile tira aria nuova

di Marcelo Contreras
Come si spiega che in Cile, un paese con una società tradizionalmente maschilista e quanto mai conservatrice, non solo una donna, ma addirittura una donna separata, non credente e socialista sia divenuta la prima donna capace di espugnare la presidenza della Repubblica?
AMERICA LATINA

Linee della nuova politica estera dell'Italia verso l'America Latina

di Donato Di Santo

Nella sua audizione presso le commissioni esteri riunite di camera e senato, il ministro degli esteri Massimo D’Alema, riaffermando l’esigenza di valorizzare la dimensione multilaterale della nostra politica estera, ha annoverato tra i nuovi grandi protagonisti mondiali a livello continentale l’Asia e l’America Latina, e a livello dei singoli paesi con in sé un potenziale «subcontinentale», la Cina, l’India e il Brasile. Inoltre, esprimendo l’opinione che la politica estera italiana, nei cinque anni passati, non abbia operato a sufficienza in questa dimensione globale, ha indicato la necessità di lavorare per allargare gli orizzonti della nostra politica estera e consolidare i rapporti con le aree e i paesi citati, anche come risposta a fondamentali interessi economici italiani. Il presidente del consiglio Romano Prodi ha ribadito lo stesso concetto davanti a oltre duecento imprenditori brasiliani convenuti a Roma, ai quali ha annunciato il suo prossimo viaggio in Brasile.

EUROPA/EUROPE

Un'Europa a più dimensioni per rilanciare il progetto europeo

di Antonio Armellini
Con l’ingresso di Bulgaria e Romania, l’Unione europea passa da venticinque a ventisette membri. Lo spettro del negoziato con la Turchia – a seconda dei casi evocato o temuto – continua ad aggirarsi nelle stanze bruxellesi in uno stato di sospensione problematico. Sono altrettanti aspetti di un’Europa che cambiando pelle si arricchisce di nuovi contenuti, ma che somiglia sempre meno al disegno dei padri fondatori. Politicamente, essa si conferma vincente nel ricondurre una sempre più variegata realtà economica, culturale e religiosa, al comune denominatore di valori democratici. Come work in progress verso una dimensione sopranazionale integrata tuttavia, i problemi crescono e l’identità si sfrangia.
EUROPA/EUROPE

Multilateralismo, una strada obbligata. Per una politica europea dell'energia

di Valeria Termini
Si vogliono qui portare alla riflessione comune due temi: il primo riguarda i limiti della politica europea per l’energia, il secondo la necessità di un coordinamento soprannazionale per la gestione delle risorse energetiche o, in altri termini, l’opportunità che si presenta oggi di costruire su questo terreno un percorso istituzionale basato su relazioni multilaterali.
EUROPA/EUROPE

I paesi scandinavi e la «tavola imbandita»

di Paolo Borioni
Non accade spesso che i socialdemocratici svedesi perdano le elezioni, e il risultato dello scorso 17 settembre risulta ancora più raro in quanto dagli anni Venti del XX secolo non era mai accaduto che essi raccogliessero un risultato intorno al 35%, assai modesto per i loro standard. Mentre in Norvegia governa una coalizione assai spostata a sinistra, poi, avviene che a Copenaghen governi da anni un esecutivo liberal-conservatore, con appoggio esterno nazionalpopulista, a cui solo di recente i socialdemocratici paiono saper dare filo da torcere. L’ipotesi è che le maggiori forze del centrodestra scandinave siano lontane dalle ideologie liberiste quali erano proclamate fra la fine degli anni Ottanta e il principio degli anni Novanta.
EUROPA/EUROPE

I confini «civici» dell'Europa unita

di Mario Zucconi
Nella vecchia Europa a Quindici, le incertezze e insicurezze emerse da una intensa fase di sviluppi istituzionali, quali la moneta unica, l’allargamento ad Est e lo stesso, ambizioso tentativo di costringere venticinque paesi in un’unica cornice costituzionale, negli ultimi due anni hanno trovato un punto di coagulo principale nell’opposizione a e anche accuse verso l’allargamento – tra quegli sviluppi, evidentemente, il più immediatamente misurabile. Non ha aiutato il fatto che l’accesso dei paesi ex comunisti sia arrivato in una fase di stagnazione economica nella gran parte dell’Europa a Quindici
LE IDEE

Rischio e merito

di Nicola Rossi

Provate a domandare ad un campione rappresentativo di italiani se preferiscono un lavoro sicuro ma meno redditizio ad uno meno sicuro ma con prospettive di reddito più interessanti. Provate a domandare agli stessi italiani se eventuali aumenti salariali dovrebbero essere distribuiti in maniera uguale a tutti i dipendenti di una data impresa o se invece dovrebbero essere concentrati sui dipendenti a più elevata produttività. E ancora se, guardando in avanti, immaginano orizzonti piatti o profili di vita dinamici e frontiere che si spostano incessantemente in avanti. E provate a leggere le risposte a queste domande, guardando alla composizione per età del campione.

LE IDEE

La necessaria evoluzione della militanza politica

di Giuseppe Di Caterino e Giuseppe A. Veltri
I partiti politici sono stati spesso definiti «cinghia di trasmissione tra la società e la democrazia» per sottolineare il lavoro di mediazione che essi svolgevano tra società e potere politico. Tale metafora, tuttavia, si presta anche a indicare un altro aspetto della relazione che intercorre tra questi due relata: l’influenza che la società produce sui partiti politici.
LE IDEE

Un tentativo di aggregazione regionale nell'Africa australe. La Southern African Development Communi

di Luca Bussotti

Un’origine «difensiva» Come sovente avviene, le basi fondative delle aggregazioni di tipo regionale devono essere ricercate in motivi prevalentemente difensivi. Così, in parte, è stato per la Comunità europea, oggi trasformatasi in Unione, nata con l’iniziale obiettivo di realizzare un’area di pace e stabilità in un continente da poco uscito dal conflitto mondiale. E così è stato, circa trent’anni più tardi, per la prima organizzazione comunitaria il cui scopo era riunire i principali paesi dell’Africa australe. Il primo aprile del 1980, a Lusaka (Zambia), nove paesi di questa importante regione dell’Africa (Angola, Botswana, Lesotho, Malawi, Mozambico, Swaziland, Tanzania, Zambia e Zimbabwe) hanno dato vita alla Southern African Development Co-ordination Conference (SADCC). Tra questi non c’era il Sudafrica (allora e sino al 1994 stretto nella morsa dell’apartheid), un attore geopolitico di fondamentale importanza per minare i deboli equilibri interni di paesi che erano usciti da poco da decenni di più o meno dura colonizzazione.

LE IDEE

La rivoluzione digitale. Motore primario della riforma del sistema radiotelevisivo

di Luigi Vimercati
Due sono le domande alle quali deve rispondere il disegno di legge per una parziale riforma della legge Gasparri sul sistema radiotelevisivo nazionale, presentato dal ministro delle comunicazioni Paolo Gentiloni e approvato dal consiglio dei ministri. La prima riguarda la cosiddetta anomalia italiana, ossia l’esistenza di un duopolio RAIMediaset additato come fattore distorsivo della libera concorrenza nel settore radiotelevisivo. Al punto da indurre l’Unione europea a intervenire con l’apertura di una procedura per infrazione delle norme comunitarie su parte della legge.
LE IDEE

Breve commento alla SiTP

di Ignazio R. Marino
Fino a qualche anno fa i dati sull’allungamento della vita media nei paesi occidentali venivano annunciati con grande entusiasmo. I progressi tecnologici, la medicina, gli stili di vita, i profondi cambiamenti nei meccanismi sociali e professionali sono stati alla base di una vera e propria rivoluzione demografica, tuttora in atto, che ha mutato l’organizzazione delle nostre società, modificando significativamente la proporzione tra il numero dei giovani e gli anziani. Oggi non è più solo l’ottimismo a prevalere
LE IDEE

La salute in tutte le politiche. Una sfida per la sostenibilità dei sistemi sanitari

di Roberto Bertollini
L’evoluzione sociale e demografica in Europa pone sfide difficili per i governi e le autorità sanitarie riguardo alla sostenibilità del sistema di sicurezza sociale nel suo complesso. La discussione all’interno della comunità di sanità pubblica, e più in generale in quella dei decision maker si incentra spesso sui costi per il sistema sanitario causati da questa evoluzione in termini di aumento delle risorse necessarie alla diagnosi e al trattamento delle patologie croniche. Tuttavia, esiste una solida evidenza scientifica riguardo al ruolo che politiche in altri settori possono esercitare in direzione di un’effettiva difesa della salute. Scopo di questo articolo è discutere i motivi per i quali la strategia denominata «salute in tutte le politiche» rappresenta una risposta scientificamente solida e operativamente efficace per la promozione della salute nelle società moderne e per la sostenibilità dell’insieme del sistema di sicurezza sanitaria.
Archivi del Riformismo

John Kennedy, la presidenza e il Partito Democratico

di Leopoldo Nuti
John Fitzgerald Kennedy è stato di volta in volta definito come un politico idealista, visionario, pragmatico, cinico, privo di scrupoli, arrivista, freddo, calcolatore. La sua fortuna presso gli storici ha conosciuto oscillazioni profonde, dalle prime biografie entusiastiche di Arthur Schlesinger o Theodore Sorensen, alle critiche degli storici revisionisti degli anni Settanta e Ottanta come Thomas Reeves, fino ai giudizi più equilibrati di Herbert Parmet, Robert Dallek, Robert Giglio e altri che, pur sottolineando gli aspetti contradditori della sua personalità, concludono le loro analisi con un bilancio sostanzialmente positivo del suo mandato alla presidenza degli Stati Uniti.