Luisa Ribolzi

Luisa Ribolzi

insegna Sociologia dell’educazione e della famiglia all’Università di Genova

Da dove ripartire per una scuola di qualità

Tra i provvedimenti più importanti per la valorizzazione del ruolo e per il riconoscimento della centralità della scuola, si ricordano quelli necessari per potenziare l’equità, per superare la gerarchizzazione fra saperi teorici e saperi applicativi, per far crescere l’affidabilità della scuola, attestata da un solido e capillare sistema di valutazione; per ripensare e valorizzare le nuove tecnologie di informazione e comunicazione. Tutti questi obiettivi passano per la qualificazione degli insegnanti.

Una scuola senza qualità?

Un sociologo, in genere, lavora con le parole: analizza i fenomeni sociali, cerca di capire le ragioni di quel che succede, indica, se non le soluzioni, almeno le priorità. Un sociologo che – come chi scrive – si occupa del sistema educativo in Italia, oggi fa un lavoro particolarmente frustrante, e nei momenti di sconforto tende a pensare che tutte le parole siano state già dette e che nessuno le abbia ascoltate o abbia intenzione di ascoltarle, a prescindere dalle dichiarazioni di facciata sulla centralità dell’educazione nelle società della conoscenza. Forse, il motivo profondo di questa percepita inutilità delle parole è il fatto che le riforme educative efficaci non nascono nel vuoto o a tavolino, ma sono parte di un progetto sociale di più ampio respiro, ed è precisamente questo progetto che manca. Tenendo ben presente questo limite, pesantissimo, si cercherà qui di indicare alcune priorità, a partire da una premessa che si dà, ottimisticamente, per condivisa: se si crede realmente che il benessere di una società – comunque ciascuno lo intenda – si fondi sull’educazione, non ci si può limitare ad affermare questo principio come una specie di mantra salvifico, ma è necessario renderlo operativo attraverso una strategia di lungo periodo, e mettendo a disposizione le adeguate risorse umane e finanziarie.