Gli interventi su scuola e università dei governi di centrodestra hanno modificato profondamente il sistema dell’istruzione in Italia, perseguendo non tanto l’obiettivo della riqualificazione e dell’ammodernamento della macchina formativa quanto quello della contrazione della spesa, in controtendenza rispetto a ciò che invece veniva fatto nelle altre economie avanzate. Gli effetti di quest’azione sistematica sono riscontrabili nell’altissima percentuale di giovani che non studiano né lavorano, nell’alto tasso di abbandono scolastico, nel basso livello medio di istruzione dei nostri giovani e nell’aumento delle diseguaglianze nel nostro paese. Può essere questo il momento buono per invertire la tendenza, ripristinando i finanziamenti tagliati, semplificando la governance del sistema e delineando finalmente un progetto di rinnovamento della filiera della formazione che risponda agli effettivi bisogni degli studenti.
Il tema della riforma universitaria appare centrale non solo per l’importanza strategica che il sistema universitario riveste per il paese, ma anche per gli innumerevoli interessi trasversali che esso muove. Ripensare e ridisegnare l’università italiana è dunque un processo complesso, che il governo sta affrontando con provvedimenti volti soprattutto a razionalizzare la spesa e a riorganizzare il meccanismo di reclutamento del personale. Tra gli elementi di debolezza del disegno di legge spicca l’assenza di nuovi investimenti in ricerca e sviluppo, centrali per la ripresa dell’economia di qualunque paese.
Alcuni politici e addetti ai lavori continuano a sprecare fiumi di parole sul ruolo che esse dovranno (o dovrebbero) avere nella società, in Italia come in Europa; sugli investimenti che esse dovranno (o dovrebbero) ricevere dallo Stato e dai privati; sulle riforme al sistema nazionale dell’alta formazione e della ricerca. Apparentemente sta crescendo la consapevolezza del fatto che le sfide del futuro richiedano di investire in conoscenza e che l’università sia lo snodo della società della conoscenza per il suo rapporto privilegiato tra formazione, ricerca e innovazione.