insegna Storia comparata e dirige il Master in Diritti umani all'Università di Siena
Negli anni successivi alla caduta del muro di Berlino e al crollo del comunismo, la sinistra ha cercato di costruirsi una nuova identità senza riuscire a sfuggire alla sua tradizionale dicotomia: massimalismo e verbalismo rivoluzionario da una parte, compromesso parlamentare dall’altra. E senza riuscire a rispondere all’interrogativo se il 1989 abbia sanzionato il fallimento di un’esperienza storica (quella del comunismo) o non invece la vittoria del capitalismo e la scomparsa dall’orizzonte storico di un suo possibile antagonista.