Giorgio Napolitano

Giorgio Napolitano

è presidente emerito della Repubblica italiana.

Settanta anni dalla nascita della Repubblica. Elogio di una classe dirigente

Nei mesi cruciali che segnarono la nascita della Repubblica italiana, la nuova classe dirigente che aveva assunto su di sé le sorti della nazione risorta a indipendenza, libertà e democrazia, diede grandi e molteplici prove di sapienza e, con saggezza e lungimiranza, riuscì a garantire continuità di istituti storici e di risorse umane tra lo Stato ereditato dal fascismo e quello postfascista. L’opera di quella classe dirigente illuminata è durata fino agli ultimi decenni del Novecento. Ma da ormai non pochi anni è aperto un cantiere da cui resta difficile prefigurare quel che nascerà e si consoliderà nell’assunzione di responsabilità di lungo periodo per le sorti del nostro paese.

Unione politica ed europeizzazione della politica

Pubblichiamo di seguito l’intervento svolto dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nell’ambito del Festival della Politica, che si è tenuto a Mestre dal 5 all’8 settembre 2012.

Solo in missioni di pace… A proposito di Bettino Craxi e della politica estera italiana

L’impostazione che Craxi diede ai temi della politica internazionale (nell’aprire – da neo-presidente del Consiglio – il dibattito sulla fiducia il 10 agosto 1983) appare oggi abbastanza significativa nelle sue caratterizzazioni e nelle sue priorità, e, si può ben dire, equilibrata e aperta. L’accento fu posto, in via prioritaria, sulle questioni del sottosviluppo e delle disuguaglianze nel mondo, anche in relazione alle difficoltà della pace e ai conflitti locali (l’acutezza dei quali era peraltro correttamente rinviata alla «contesa mondiale», cioè alla contrapposizione e alla sfida tra le due superpotenze).

 

Una proposta non realistica

La «lettera aperta» di Giuliano Amato e Massimo d’Alema offre un’eccellente occasione per riflettere e fare il punto sulla realtà del Partito del socialismo europeo. Spero che questo mio intervento non venga considerato un’indebita interferenza nel confronto che quella lettera si proponeva di aprire con i «compagni del PSE» (alcuni dei quali – i francesi Fabius, Mauroy e Rocard – hanno successivamente indirizzato a loro volta un appello ai «socialisti di tutta l’Europa»).

 

Le nuove istituzioni

L'emozione e l’allarme con cui ne scriviamo a poche settimane di distanza ci rendono difficile un giudizio più ponderato sull’impatto di quegli avvenimenti sconvolgenti, ma un dato ci sembra evidente e indubbio: quella data, 11 settembre 2001, ha segnato uno spartiacque, e non può che segnarlo anche nella riflessione sull’Europa. Se appaiono in questo momento imprevedibili gli svolgimenti che potrà avere il confronto, anche militare, col terrorismo internazionale, è un fatto che la strategia della «grande coalizione» avviata dalla leadership americana implica e apre un campo di profondi ripensamenti e cambiamenti negli equilibri mondiali. Anche perché l’11 settembre ha fatto precipitare – rappresentando in questo senso uno spartiacque – i più complessi e gravi problemi che si erano venuti accumulando e acuendo in rapporto agli sviluppi, e alle  esigenze di governo, del processo di globalizzazione.