«Qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi»: è questa la definizione legale del termine “rifiuto” ai sensi della direttiva quadro 2008/98, dalla quale discendono obblighi e responsabilità per il detentore, chiamato a gestire i propri scarti nel rispetto di regole sempre più stringenti, per evitare o almeno limitare i danni che essi potrebbero causare all’ambiente.
In natura non funziona così: gli scarti di ogni processo biologico diventano alimento per altri, in un ciclo senza fine il cui motore è l’energia che riceviamo dal Sole. Solo gli scarti di homo sapiens diventano rifiuti, materiali che nessuno vuole, e per la cui eliminazione dobbiamo anzi sostenere elevati costi economici.
La valorizzazione dei rifiuti urbani, che in Italia è ancora lontana dal realizzarsi pienamente, prevede non soltanto la raccolta differenziata, ma anche degli impianti in cui trattare i materiali e, soprattutto, un mercato finale in cui collocarli, secondo il principio, sempre più diffuso a livello europeo, della responsabilità integrata. L’abbandono della discarica richiede una politica di disincentivo al suo uso, che potrebbe essere condotta, ad esempio, attraverso una tassazione sufficientemente elevata.