Sotto la parola Italia c’è

Italiana, lo sono diventata tardi. A diciotto anni, in un pomeriggio di maggio con lo scirocco che oscurava lo sguardo e stropicciava le pagine dei libri. La maturità era alle porte, incombeva sulle nostre vite esili come fili d’erba, e noi passavamo giornate intere a farci percuotere dal vento di sud-est per diventare cuoio. Quel pomeriggio io, Anna e Carmine avevamo acceso la televisione – il nostro tempio moderno – e ci eravamo appollaiati sul balcone, spalancando le finestre di tutta la casa.