Visualizza articoli per tag: fisco

Liberismo, Stato e Riforma Fiscale al tempo della crisi

La crisi finanziaria del 2007, scoppiata negli Stati Uniti e diffusasi nel 2010 in Europa come crisi dei “debiti sovrani”, ha acceso vecchi e nuovi dibattiti intorno alle distorsioni proprie del modo di produzione e di accumulazione capitalistico nelle economie avanzate, al ruolo della finanza come motore dell’economia globale e alle conseguenti e crescenti diseguaglianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza tra classi sociali.
I persistenti effetti della crisi hanno di fatto fornito nuova linfa alla riflessione in campo economico e politico sulle possibili riforme da mettere in campo e sul ruolo che gli Stati possono assumere nell’attuale contesto di oscillazione tra fasi di avanzamento e minacce di arretramento rispetto al processo di globalizzazione, anche alla luce delle sfide imposte da vecchie e nuove questioni quali l’impatto non neutrale del cambiamento tecnologico sui fattori produttivi e sul mercato del lavoro – sia a livello nazionale che in termini di divisione internazionale del lavoro – e il ruolo della finanza come terreno fertile per la creazione di rendite slegate dall’andamento della produzione e dell’economia reale nei paesi a capitalismo avanzato.

Idee per una organica riforma fiscale

Il sistema fiscale italiano è vicino al collasso, è invecchiato, non è in grado di intercettare la ricchezza “moderna” e si fonda troppo su tributi tradizionali, come quelli sul reddito, e cioè su prelievi che, così come sono oggi congegnati, colpiscono in modo eccessivo e squilibrato le famiglie e le imprese. Gli interventi, solo estemporanei, che abbiamo avuto finora sono diretti più che altro ad aggiustare alcuni pezzi del sistema e, perciò, non sono riconducibili a un disegno generale di riforma. Occorrono invece misure coraggiose se si vuole ridurre la pressione tributaria sulla famiglia e sulle imprese e se si vuole raggiungere l’obiettivo dell’equità.

Concorrenza fiscale in Europa. Alternative alla impostazione neoliberista

Il tema della concorrenza fiscale in Europa non contiene solo l’interesse specifico dei paesi danneggiati a por fine a una distorsione clamorosa, ma investe l’esigenza di assoggettare il capitalismo multinazionale a regole globali. Finché essa persiste, sarà difficile fronteggiare la capacità delle multinazionali di sfuggire alla tassazione, producendo non solo un danno di gettito per il paese in cui il reddito viene prodotto, ma anche un’alterazione della concorrenza nel mercato. Il fisco è un altro campo in cui l’Unione rivela la debolezza dei presupposti liberisti su cui è stata costruita. L’armonizzazione dovrà essere una bandiera della sinistra per imporre uno standard mondiale in materia di fiscalità delle imprese transfrontaliere adeguato alla nuova realtà del capitalismo integrato e all’importanza che assume il commercio di beni immateriali.

Tassazione, sostegno e redistribuzione per i nuclei fa miliari

Con il passare degli anni l’imposizione diretta sui redditi di persone e famiglie, fornita dei principali trasferimenti a corredo, ha assunto sempre più chiaramente i tratti di un sistema tax benefit non organico, costituitosi per successive stratificazioni. Ne deriva un insieme che presenta caratteristiche allo stesso tempo inefficienti e inique. L’occasione della discussione sulla delega di riforma fiscale potrebbe essere utilizzata anche per esaminare gli elementi indesiderati esistenti e predisporre un nuovo disegno per superarli.

Decentramento e finanza locale: quale direzione per l’Italia?

La riforma costituzionale in corso di approvazione in Parlamento e il decreto Delrio, che ha ridisegnato la geografia degli enti intermedi in Italia, hanno profondamente modificato il quadro di riferimento per le strutture di governo substatali. È in questo nuovo contesto che deve collocarsi, se vuole risultare efficace, qualunque dibattito sulla finanza locale. Solo così si potrà sperare di avanzare adeguate proposte di riforma che altrimenti rischierebbero di apparire velleitarie.

La complessità della semplificazione

Il recente decreto semplificazioni fiscali introduce una serie di novità che suscitano un iniziale favore per l’intento semplificatore che sembra pervaderlo. Alla luce di una valutazione più ponderata, però, esso rivela non solo la mancanza di un reale e organico disegno riformatore, ma anche il perdurare di alcuni meccanismi che, sul piano pratico-operativo, disincentivano l’instaurarsi di un rapporto direttoe di fiducia tra fisco e contribuente. Per risultare davvero efficace, un processo di semplificazione fiscale a livello normativo ha bisogno di tempi di elaborazione lunghi e di interventi strutturali, chiari e pienamente fruibili dai contribuenti.

Evasione dell’IVA, le strategie di contrasto

Il fenomeno dell’evasione fiscale, soprattutto per quanto riguarda l’IVA, è ormai oggetto di stime piuttosto precise, basate su metodologie internazionalmente condivise. Anche grazie a esse la legge di stabilità per il 2015 ha modificato l’approccio al problema, adottando l’ottica della prevenzione piuttosto che quella della repressione. Ma questo“cambiamento di verso” non può risultare davvero efficace senza un preventivo miglioramento dell’utilizzo dell’enorme quantitativo di dati a disposizione dell’amministrazione finanziaria, che rischia altrimenti di non venire sfruttato appieno.

Una nuova fiscalità ambientale per l’innovazione e il lavoro

Intervenire sulla questione della fiscalità, rivoluzionandone l’approccio e modificando le priorità della tassazione ambientale, può essere l’occasione giusta per disegnare una traiettoria di sviluppo del paese alternativa, lineare e consapevole. Scegliere una chiave di innovazione ambientale per agire sul sistema fiscale italiano non è solo importante per la prospettiva che può aprire in termini di qualità dei processi e dei prodotti e di creazione di lavoro. È anche una strada realmente praticabile per individuare le risorse necessarie a rilanciare gli investimenti e promuovere la crescita.

Fisco, lotta alle diseguaglianze e rilancio della crescita

Un elemento sembra accomunare le critiche sollevate tanto negli Stati Uniti quanto nelle principali economie europee in merito ai sistemi fiscali adottati: tutte mirano al perseguimento e al raggiungimento di una migliore distribuzione di reddito e ricchezza come presupposto della ripresa di un processo di crescita duraturo e sostenibile. Se questo è l’obiettivo condiviso, occorre allora interrogarsi su quali interventi possono essere messi in campo per raggiungerlo.

Perché gli italiani pensano di pagare troppe tasse

Malgrado il carico fiscale esistente in Italia non sia dissimile da quello degli altri grandi paesi europei, gli italiani sono convinti di pagare troppe tasse. Le ragioni alla base di questa sensazione risiedono nella frequente modifica dei regimi fiscali, nell’alta evasione e nella confusione circa il ruolo dello Stato come fornitore di servizi indivisibili e come ente di protezione sociale. Sarebbe sufficiente scorporare dalla pressione fiscale propriamente detta le protezioni che hanno natura più assicurativa che sociale, soprattutto in merito alle prestazioni previdenziali, alla sanità e all’istruzione universitaria, per rendere più leggero lo Stato e ridurre la percezione di pagare tasse troppo alte in cambio di servizi poco efficienti.

Prec.
1