Italianieuropei 5/2002

il Sommario

l' Editoriale

Le primarie infinite

Sin dai primi anni Novanta nel centrosinistra ha tenuto banco il tema delle procedure per individuare candidati e leader. Un tema inevitabile, che altrettanto inevitabilmente ha condizionato l’Ulivo nella sua stagione di governo così come oggi – ancora di più – ne condiziona l’efficacia di forza di opposizione. In particolare sembra pesare negativamente il carattere incerto e indefinito con cui il tema delle primarie viene utilizzato nella nostra discussione. Ora come spauracchio contro questo o quel partito dell’alleanza, ora come ricetta miracolosa per restituire all’Ulivo un saldo legame con la società civile. Raramente, tuttavia, ci si è adoperati per dare alla prospettiva delle primarie una base solida e legittimata.

 

gli Articoli

Le cose da fare

Primarie per l'Ulivo (e non solo)

di Augusto Barbera e Stefano Ceccanti

Le primarie si sono radicate negli USA, con alterne vicende, favorite dall’assenza di stabili organizzazioni di partito (rilanciate, però, sarebbe da aggiungere, a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta contro le macchine locali dei partiti). Ma anche nella tradizione europea, più legata ai partiti, si stanno moltiplicando le occasioni di coinvolgimento degli iscritti e degli elettori nella scelta dei candidati.

Le cose da fare

Che cosa sono le primarie americane?

di Sergio Fabbrini

L’America è come il calcio: tutti ne parlano, ma pochi la conoscono. La democrazia americana (nel senso degli Stati Uniti) sembra essere a portata di mano, tanto appare semplice e decifrabile. Figuriamoci le primarie: semplicissime. Così semplici da dividere i favorevoli e i contrari. Ma su che cosa? Nessuno che spieghi che cosa siano. Qui, procederò diversamente. Primo, spiegherò cosa sono le primarie americane. Secondo, discuterò quando e perché sono nate. Terzo, descriverò alcune delle implicazioni che esse hanno avuto sui partiti politici. Quarto, cercherò di trarre alcuni insegnamenti utili per chi è interessato alla democratizzazione della politica. La mia conclusione è che le primarie americane non siano esportabili, tanto sono specifiche al contesto che le ha generate. Tuttavia, esse possono fornire alcune indicazioni utili al nostro riformismo.

 

Le cose da fare

Le primarie nelle democrazie occidentali

di Oreste Massari

Un trend abbastanza netto e inequivocabile si può osservare nella scelta dei leader (di partito e candidati alla premiership o alla presidenza), così come nella scelta dei candidati parlamentari (aspetto che in questa sede tralasciamo), nelle democrazie occidentali: la democratizzazione crescente dei processi di selezione. Le ragioni di fondo stanno nelle trasformazioni profonde della politica contemporanea. La politica nelle democrazie diviene sempre più focalizzata sulla personalità dei candidati.

 

Pensare la Politica

Il PSE sappia cambiare

di Peter Mandelson

La «lettera aperta» che Giuliano Amato e Massimo D’Alema hanno inviato al Partito del socialismo europeo rappresenta un contributo di grande significato e di forte carica innovativa per la discussione sulla sinistra. Il suo messaggio centrale è chiaro: la sinistra deve allargare la propria base di consenso, raggiungere nuovi elettori pronti a condividere i nostri valori, organizzarsi in forme adeguate a competere con l’ampio spettro politico rappresentato dalla destra.

 

Pensare la Politica

Ma prima costruiamo un vero partito dei socialisti europei

di Pierre Moscovici

Cari Massimo e Giuliano, l’analisi delle recenti sconfitte subite dai governi socialdemocratici europeitracciata nella vostra lettera è senza dubbio stimolante. La vostra riflessione tocca da vicino il Partito socialista francese dopo l’esito traumatico delle elezioni presidenziali della scorsa primavera, che hanno documentato inequivocabilmente il rifiuto dei francesi nei confronti della sinistra e di Lionel Jospin.

Pensare la Politica

Una proposta non realistica

di Giorgio Napolitano

La «lettera aperta» di Giuliano Amato e Massimo d’Alema offre un’eccellente occasione per riflettere e fare il punto sulla realtà del Partito del socialismo europeo. Spero che questo mio intervento non venga considerato un’indebita interferenza nel confronto che quella lettera si proponeva di aprire con i «compagni del PSE» (alcuni dei quali – i francesi Fabius, Mauroy e Rocard – hanno successivamente indirizzato a loro volta un appello ai «socialisti di tutta l’Europa»).

 

Policy Network

Il coraggio della convinzione.La riforma dei servizi pubblici e la strada verso la giustizia sociale

di Tony Blair

La decisione di scrivere questo saggio deriva dalla convinzione che la sinistra britannica stia vivendo un momento di straordinaria e singolare importanza. Non è accaduto spesso in passato che la sinistra abbia avuto l’opportunità di poter determinare la politica del paese sulla base dei propri valori. E questa è un’occasione che noi dobbiamo assolutamente cogliere. I maggiori successi che il partito laburista ha registrato nel corso degli anni sono stati realizzati grazie alla passione riformista e al coraggio di intraprendere le riforme necessarie per fare fronte di volta in volta a nuove sfide.

 

Policy Network

Dove sbaglia Blair

di Laura Pennacchi

In questo pamphlet Tony Blair rilancia con molta passione il tema del rinnovamento dei servizi pubblici per il futuro della Gran Bretagna. Di tale passione mi preme anzitutto evidenziare tre aspetti. Il primo concerne la netta rivendicazione di appartenenza alla grande tradizione riformatrice laburista che mise in opera, subito dopo la seconda guerra mondiale, le istituzioni del welfare.

 

Policy Network

Perché Blair ha ragione

di Nicola Rossi

Capacità di definire l’agenda politica, chiarezza di obiettivi, forza comunicativa, passione civile: è difficile non scorgere questi tratti nel saggio di Tony Blair. Ed è forse anche per questo motivo, per la distanza fin troppo marcata fra quei tratti e – con la sola eccezione della passione civile – i caratteri attuali della sinistra italiana, che si può essere tentati dal leggere le pagine di Tony Blair in termini quasi esclusivamente britannici. Verrebbe da dire insulari.

 

Policy Network

A che punto è la Convenzione europea?

di Giuliano Amato

Sino a questo punto il lavoro della Convenzione è andato al di là delle aspettative iniziali per almeno tre ragioni. Prima ragione: nella Dichiarazione di Laeken non si parlava di «Costituzione». Si chiedeva alla Convenzione di fare delle raccomandazioni per la semplificazione e la ristrutturazione dei Trattati e l’aggettivo «costituzionale» compariva solo accanto al sostantivo «futuro», seguito da un punto interrogativo. Ora la Convenzione ha già approvato l’ossatura di una vera e propria «Costituzione» e il passo è avvenuto senza alcuna forzatura.

 

Il caso italiano

Il buio oltre la FIAT?

di Gianni Toniolo

Alla «Balilla a 4 marce» di mio nonno sono legati i miei ricordi infantili di magiche gite dolomitiche, lungo strade non del tutto risanate dalle ferite della guerra. Cresciuto, non ho mai posseduto un’automobile FIAT, ritenendomi, a torto o ragione, un consumatore razionale. Se pure esiste, tuttavia, questa razionalità non mi rende più facile il parlare di FIAT in modo distaccato, privo di emozioni: forse a causa di quella «Balilla», forse perché ne conosco un po’ la storia, forse semplicemente perché sono italiano.

 

Il caso italiano

Crisi della FIAT o crisi del capitalismo italiano?

di Patrizio Bianchi

La malattia della FIAT, così clamorosamente evidenziatasi con la dichiarazione dello stato di crisi richiesta ad ottobre 2002, non era certamente inattesa né imprevedibile. Da tempo si accumulavano segnali di malessere sempre più profondo al punto che lo stesso parlamento ha ritenuto di predisporre nella scorsa primavera un’indagine conoscitiva sull’industria dell’automobile. Dopo aver sentito i vertici aziendali, i sindacati, le autorità locali coinvolte, gli esperti ed infine lo stesso governo, le commissioni riunite di Camera e Senato segnalarono con chiarezza il rischio di una pesante crisi della FIAT alla ripresa autunnale, con la richiesta al governo di predisporre per tempo tutte le condizioni per evitare il collasso dell’impresa e nel contempo all’azienda ed alla proprietà di chiarire rapidamente la strategia di lungo periodo, così da ridurre quelle incertezze che segnavano in maniera evidente la situazione del gruppo.

 

Due mesi di Politica

La fiducia, gli animal spirits e la crisi di Berlusconi

di Salvatore Biasco

Mi limito a osservare dal punto di vista dell’economista, rinviando altrove un giudizio più squisitamente politico, l’appello di Berlusconi all’opposizione, all’indomani del varo di provvedimenti impopolari di stretta fiscale e dell’ammissione in parlamento di previsioni per l’economia italiana molto lontane dal quadro rassicurante sempre tracciato dal governo (e, ciononostante, a mio avviso ancora ottimistiche). Di quell’appello sorprendono anche i toni inusuali per il presidente del Consiglio: «…calmiamoci, abbandoniamo questo disfattismo, lavoriamo insieme per quattro anni, diamoci una mano per migliorare la situazione…».

 

Due mesi di Politica

Per un nuovo spazio pubblico del sapere

di Andrea Ranieri

Il sistema della scuola, dell’università, della ricerca, della cultura italiana, sta vivendo un momento di fortissima preoccupazione per il proprio futuro. Nelle scuole le scelte improvvisate e controriformatrici del ministero stanno generando un clima di incertezza preoccupante per gli studenti e per le famiglie, tale da generare – come ci avverte un recente sondaggio – un clima di disaffezione verso il proprio lavoro e la propria funzione sociale da parte della maggioranza dei docenti. La ricerca pubblica è messa sotto tiro da una linea che contrappone assurdamente, e in controtendenza con tutti i paesi sviluppati, il privato al pubblico, la ricerca applicata a quella di base, i realizzi a breve sul mercato alle prospettive a medio e lungo termine del lavoro scientifico.

 

Versus

Non solo unilateralismo. La nuova strategia di sicurezza e il senso della potenza americana

di Federico Romero

Guerra preventiva? No, grazie: essa accrescerebbe enormemente i pericoli di destabilizzazione, distrarrebbe dalla lotta al terrorismo e darebbe vita a un neoimperialismo fondato sull’uso unilaterale della forza. Sono queste le tre critiche fondamentali mosse alla «dottrina Bush» dopo la pubblicazione – il 17 settembre 2002 – del documento che la incapsula: la National Security Strategy of the United States of America (NSS). Benché contengano fondate preoccupazioni ed evidenti elementi di verità, queste critiche rischiano di non cogliere la portata della NSS perché si focalizzano su un solo aspetto della dottrina, e neppure il più importante.

 

Versus

Una strategia neoimperiale

di Stefano Fassina

In una fase di crescente interdipendenza e di integrazione dei sistemi nazionali e regionali, le scelte degli USA in termini di politica economica interna ed internazionale e, in generale, la loro strategia di politica estera sono sempre più rilevanti per tutti. La presidenza Clinton, in linea con la tradizione multilaterale liberal e centrista della politica estera USA, ha avuto una strategia ed ha attuato, pur con errori e contraddizioni, un mix di politiche in grado di amplificare le dinamiche di crescita degli Stati Uniti e dell’economia mondiale.

 

Dopo l'11 Settembre

Una risposta europea al terrorismo

di Javier Solana

La NATO e l’Unione europea sono stati i due pilastri su cui si è fondata la pace, la sicurezza e la stabilità dell’Europa nel secondo dopoguerra, e restano gli strumenti essenziali con i quali possiamo consolidare e diffondere più ampiamente nel continente i nostri comuni valori di libertà, democrazia e giustizia. Entrambe le organizzazioni si stanno preparando ad ammettere nuovi membri, e allo stesso tempo stanno adeguando le loro capacità alle nuove sfide poste dalla realtà di oggi: e operano assieme in questo senso, come partner per la pace e la stabilità. Insieme la NATO e l’Unione europea hanno contribuito a difendere e sviluppare l’Occidente e insieme stanno contribuendo a sanare le ferite della divisione dell’Europa.

 

Dopo l'11 Settembre

L'Iran e la guerra americana

di Renzo Guolo

L’ipotesi della guerra all’Iraq manda in fibrillazione la Repubblica islamica iraniana. La presenza nella lista nera dei paesi dell’asse del male dell’Iran e la nuova dottrina Bush fanno temere al governo di Teheran, il ruolo di prossima, futura, vittima della preventive war, se questa diventasse realmente il perno della politica americana. Khatami è preoccupato. Bush non concede alcun credito alla linea riformista del presidente, giudicato troppo debole per contrastare i radicali che fanno capo alla Guida Khamenei.

 

Europa Europe / La povertà in Occidente

Cittadini a metà, Le nuove forme della povertà e dell'esclusione sociale

di Chiara Saraceno

«Il numero di persone che vivono al di sotto della linea della povertà e che si trovano in situazione di esclusione sociale all’interno dell’Unione europea è inaccettabile. Occorre prendere provvedimenti che abbiano un impatto decisivo nella direzione di un vero e proprio sradicamento della povertà attraverso la fissazione di specifici obiettivi». Sono le parole con cui si concluse il vertice di Lisbona nel marzo 2000, e con le quali la questione della povertà entrò ufficialmente nella agenda politica europea.

 

Europa Europe / La povertà in Occidente

L'Unione europea contro la povertà. Coordinamento aperto e processo di inclusione sociale

di Maurizio Ferrera, Manos Matsaganis, Stefano Sacchi

Fino alla metà degli anni Novanta, la nozione di «Europa sociale» era principalmente assimilata all’introduzione di norme sovranazionali mirate alla salvaguardia e, possibilmente, al miglioramento dei sistemi di protezione sociale degli Stati membri. Gli ostacoli politici ed istituzionali a tali norme erano ben noti in pratica ed altrettanto ben compresi in teoria, segnatamente sulla scia del dibattito relativo alla dicotomia tra integrazione positiva e negativa. La hard law, l’emanazione di regolamenti e direttive, sembrava però essere l’unica strategia d’azione efficace, visti da una parte gli scarsi effetti prodotti da strumenti istituzionali di minor vigore quali le raccomandazioni, e dall’altra i sempre maggiori incentivi al «dumping sociale» scaturiti dalla realizzazione del mercato interno.

 

Europa Europe / La povertà in Occidente

Come comprendere la povertà?

di Giancarlo Quaranta

Un deciso passo in avanti nello studio scientifico di un fenomeno vasto e complesso come la povertà nella dimensione globale è il fatto nuovo della ricerca sociale degli ultimi quindici anni. Superate le barriere ideologiche ed esorcizzato un intero mondo di significati metastorici di tipo politico e religioso, dei quali non necessariamente si mette in discussione la validità, alcuni studiosi, diversi per provenienza geografica e disciplinare, hanno realizzato un comune itinerario di ricerca scandito in tre grandi passaggi, che hanno cambiato il modo di affrontare il problema della povertà, con una notevole influenza sui programmi concreti di azione politica. Innanzi tutto, il passaggio dal «perché» al «come».

 

Le storie

Persone, idee, cose d'Italia

di Ugo Pipitone

Queste sono le osservazioni di un breve viaggio per l’Italia di un italiano che, da decenni, vive all’estero. Appunti su quello che è stato il mio paese e che, per molti versi, continua ad esserlo. Un registro di idee scandite dal ritmo cardiaco del treno che unisce i diversi punti di una geografia fatta di indirizzi cambiati, memoria incerta, persone riviste dopo anni, che sono le stesse e altre. E anche, di tanto in tanto, una sensazione di precarietà, di inadeguatezza personale di fronte al tempo e alla geografia. Insomma, cronaca di una esplorazione.

 

Novecento

Riformare il riformismo?

di Emilio Russo

Una lunga tradizione teorica ha consegnato i discorsi sull’uguaglianza alla dimensione finalistica connessa con il contenuto di filosofie della storia legate ad orizzonti di tipo utopistico. Prima che il pensiero politico contemporaneo ne fissasse in via definitiva le coordinate al paradigma della società democratica, il dibattito sull’uguaglianza si è per lo più tradotto nell’evocazione di sistemi caratterizzati dall’abolizione, spesso violenta, delle differenze tra gli individui, attraverso l’eliminazione delle situazioni di privilegio legate alla proprietà e/o al reddito.

 

Le idee

Flexicurity. Un nuovo equilibrio tra crescita, flessibilità e protezione sociale

di Thorsten Braun

In danimarca si è assistito nel corso degli anni Novanta a una svolta radicale nelle politiche del lavoro che hanno registrato risultati di successo sul livello di disoccupazione del paese. Da un sistema inflessibile e fortemente regolamentato si è passati ad un sistema altamente flessibile secondo gli standard internazionali e concentrato sui diritti e i doveri dei lavoratori. Le riforme delle politiche che riguardano il mercato del lavoro attivo e passivo realizzate attraverso il cosiddetto «modello della flexicurity», sintesi di flessibilità e protezione sociale, sembrano costituire un’alternativa originale ed efficace contro la disoccupazione rispetto al più noto approccio anglosassone, dalla quale altri paesi come l’Italia possono trarre suggerimenti utili.

 

Le idee

Democrazie bellicose

di Gabriele Patrizio

Al tempo della guerra del Golfo, all’inizio degli anni Novanta, non pochi osservatori si chiedevano se ci si trovasse di fronte al primo grande conflitto del dopo guerra fredda o, invece, all’epilogo concitato di quell’era contraddittoria di tensioni e distensioni – la lunga pace armata – che aveva caratterizzato l’ordine bipolare nella seconda metà del XX secolo. Ormai addentro nel primo decennio del XXI secolo, la guerra di lunga durata (o meglio lo Stato di belligeranza a largo spettro) che coinvolge la potenza principale, gli USA, e il fronte composito del fondamentalismo in armi, degli Stati fuorilegge e dei santuari del terrorismo globale (Afghanistan, Iraq, etc.), ripropone l’interrogativo se si sia aperta, – e quando – una nuova epoca dei conflitti nelle relazioni internazionali.

 

Archivi del Riformismo

Massimalismo senza popolo. A proposito di Giacinto Menotti Serrati

di Federico Fornaro

Dopo essere stato sostanzialmente cancellato dall’alfabeto della politica per lunghi decenni, il termine «massimalismo» è ritornato prepotentemente alla ribalta delle cronache. Il richiamo all’esperienza storica del massimalismo, però, è spesso compiuto senza aver ben chiari i contenuti e i confini temporali di quella stagione del socialismo italiano, con il risultato di produrre un «insalata storica» a cui molti attingono per formulare affrettati giudizi sul presente.