L'Unione europea e la Russia: principi o pragmatismo?

Di Katinka Barysch Mercoledì 01 Marzo 2006 02:00 Stampa

L’Unione europea e la Russia stanno ancora cercando di lavorare insieme in maniera costruttiva. Il lungo confronto che si è svolto fra di loro circa i «valori condivisi» ha contribuito ben poco alla costruzione della annunciata «partnership strategica». Tuttavia la cooperazione ha progredito in aree di interesse comune, come l’economia, la sicurezza o la tecnologia. La decisione di costruire quattro «spazi comuni» riflette uno spostamento nelle relazioni fra l’UE e la Russia dai principi al pragmatismo. Concentrando gli sforzi sulla cooperazione quotidiana, l’UE e la Russia potrebbero essere in grado di costruire una fiducia e una comprensione reciproche. L’Unione europea e la Russia dovrebbero però concedere a questo nuovo approccio un po’ di tempo per permettergli di funzionare. Per il momento, dovrebbero evitare di negoziare un nuovo trattato globale che rimpiazzi l’«accordo di partnership e cooperazione», la cui scandenza è prevista nel 2007. 

L’Unione europea e la Russia stanno ancora cercando di lavorare insieme in maniera costruttiva. Il lungo confronto che si è svolto fra di loro circa i «valori condivisi» ha contribuito ben poco alla costruzione della annunciata «partnership strategica». Tuttavia la cooperazione ha progredito in aree di interesse comune, come l’economia, la sicurezza o la tecnologia. La decisione di costruire quattro «spazi comuni» riflette uno spostamento nelle relazioni fra l’UE e la Russia dai principi al pragmatismo. Concentrando gli sforzi sulla cooperazione quotidiana, l’UE e la Russia potrebbero essere in grado di costruire una fiducia e una comprensione reciproche. L’Unione europea e la Russia dovrebbero però concedere a questo nuovo approccio un po’ di tempo per permettergli di funzionare. Per il momento, dovrebbero evitare di negoziare un nuovo trattato globale che rimpiazzi l’«accordo di partnership e cooperazione», la cui scandenza è prevista nel 2007. 

 

Retorica e realtà

Negli ultimi anni la disillusione reciproca è stata l’elemento dominante nelle relazioni fra l’Unione europea e la Russia. Forse questo era inevitabile: quando, all’inizio degli anni Novanta, l’UE e la Russia iniziarono a costruire le loro relazioni diplomatiche, le due parti sapevano ben poco l’una dell’altra, ma avevano grandi aspettative. La Russia – che ancora si stava scrollando di dosso il suo passato comunista – era desiderosa di entrare a far parte di una «casa comune europea». Da parte sua, l’Unione europea era convinta che la Russia avrebbe scelto il sentiero percorso dai paesi dell’Europa centro-orientale verso la democrazia liberale e il capitalismo di mercato. Per sostenere questa trasformazione, l’UE offrì aiuto, accordi commerciali, consigli e, sopratutto, un graduale trasferimento di valori, regole e leggi che consentissero alla Russia l’integrazione con l’Unione europea.

Già dal 2003 divenne chiaro che il progetto originario per una «partnership strategica» fra Unione europea e Russia non stava funzionando. Le dichiarazioni comuni fatte durante i grandi vertici non possono più nascondere il fatto che le due parti non concordano sugli obiettivi finali della loro partnership. Intensi scambi di opinione sull’opportunità di fondare le relazioni reciproche sugli interessi comuni o sui valori condivisi non hanno portato da nessuna parte. I russi detestano la politica dell’Unione europea, che considerano arrogante e inopportuna. Politici e funzionari dell’Unione europea sono turbati dal fatto che la Russia respinga le loro benevole offerte. Nonostante il proliferare di accordi e discussioni, i rapporti quotidiani fra le due parti sono guastati da incomprensioni e sfiducia. La frustrazione regna da entrambe le parti. I contrasti abbondano, siano essi sulle elezioni in Ucraina e Bielorussia, sull’interruzione delle forniture di gas, o sulle tasse imposte agli aerei europei che sorvolano la Siberia.

Sia l’Unione europea sia la Russia hanno cominciato a ripensare i loro rapporti reciproci. Dalla diplomazia delle dichiarazioni comuni si è passati a una cooperazione più pragmatica e, proprio mentre molti osservatori parlavano di una «crisi» nelle relazioni fra UE e Russia, si sono ottenuti molti piccoli successi. Negli ultimi tre anni l’Unione europea e la Russia sono riuscite ad accordarsi sui termini di un eventuale ingresso della Russia nel WTO, ad estendere l’«accordo di partnership e cooperazione» (PCA) ai nuovi membri dell’UE, a rendere più semplice la circolazione di persone e di merci tra Kaliningrad e la Russia vera e propria, a chiarire la questione dei piani per la costruzione dei quattro «spazi comuni», a rilanciare la cooperazione su sicurezza e difesa e a costituire nuovi forum di cooperazione, come il «consiglio permanente sulla partnership» per le questioni relative ai trasporti e un gruppo di esperti sulla questione della rimozione delle barriere agli scambi. Ma sono riuscite anche a semplificare le procedure per la concessione dei visti, a sottoscrivere una dichiarazione sulla non proliferazione e un accordo sulle imposte, a fondare una sede del Collegio d’Europa a Mosca e a intensificare la cooperazione tra le forze di polizia russe e l’Europol per la lotta al terrorismo.

Lavorare insieme in tutte queste aree – sebbene possa essere talvolta frustrante – sta insegnando molto all’Unione europea e alla Russia su quanto esse amano e deplorano l’una dell’altra. Diplomatici e funzionari sprecano ora meno tempo a discutere dei principi e, al contrario, verificano quanto i valori e gli interessi divergenti influiscano sulla cooperazione quotidiana. Sembra che il progresso sia oggi possibile proprio perché l’Unione europea e la Russia hanno finalmente il coraggio di riconoscere che qualche volta possono essere in disaccordo.

 

I valori come strumento

La formula «crisi internazionale» è usata spesso per descrivere lo stato delle relazioni fra l’Unione europea e la Russia. In effetti, se si prendono come termine di paragone le aspettative ottimistiche degli anni Novanta, le loro relazioni possono sembrare disastrose. Alla base della strategia originaria dell’Unione europea c’era l’assunto che la Russia volesse essere «come noi». Ne conseguiva che l’UE insistesse (senza essere contraddetta dalla Russia) sul fatto che le relazioni bilaterali fossero fondate su «valori condivisi». Ma negli ultimi cinque anni la Russia ha optato per la «democrazia controllata» piuttosto che per il pluralismo, e per il «capitalismo di Stato» piuttosto che per il libero mercato e la competizione. Sin dal secondo mandato presidenziale di Vladimir Putin è diventato evidente che le politiche del Cremlino sono basate su valori che la maggior parte dei cittadini europei non condividerebbe. Putin ha lasciato le istituzioni democratiche al loro posto, ma la stampa, i partiti politici, il parlamento, e persino le ONG oggi hanno una sola funzione: realizzare i desideri del Cremlino. Oggi la Russia più che post-sovietica può essere definita neo-zarista.1

L’Unione europea può – e dovrebbe – continuare a perorare la causa del pluralismo democratico, dell’economia liberista e del rispetto dei diritti umani. Ma dovrebbe anche rinunciare all’illusione che questi argomenti possano avere un impatto sostanziale sulla Russia – specialmente in un momento in cui i guadagni inattesi derivanti dall’aumento del prezzo del petrolio hanno rafforzato la fiducia del paese in se stesso. Finora sembrerebbe che il dibattito sui valori abbia avuto principalmente l’effetto di alienare la Russia e di dividere l’Unione europea, visto che i governi dei principali paesi membri dell’UE hanno sistematicamente deviato dalle posizioni precedentemente concordate al fine di costruire un rapporto preferenziale con Mosca.2

I politici russi insistono sul fatto che i valori russi – in qualunque modo essi siano definiti – debbano essere solo «russi» e, quando trattano con il resto del mondo preferiscono formulare le loro politiche in termini di interessi. Molti russi ritengono che l’Unione europea richieda una piena adesione ai suoi standard democratici e alle sue regole economiche per costringere Mosca a fare ciò che vuole Bruxelles. In pratica, i russi temono che i valori dell’UE siano un cavallo di Troia per realizzare gli interessi della Comunità. I governi dell’Unione europea e i funzionari di Bruxelles potrebbero suggerire ai loro omologhi russi che i valori dell’UE costituiscono un valido strumento mediante il quale raggiungere gli obiettivi indicati dal governo di Mosca, ovvero fare di nuovo della Russia un paese forte e prospero. Per esempio, la Russia non riuscirà a costruire un’economia forte e diversificata fino a quando i diritti di proprietà non saranno garantiti, la corruzione continuerà a essere diffusa e l’iniziativa imprenditoriale sarà punita invece di essere premiata. Inoltre la Russia non potrà ripristinare il proprio status di grande potenza fino a quando non sarà in grado di offrire un modello da seguire, aperto e responsabile, ai paesi vicini e non.

 

Road map verso il niente?

Mentre il dibattito sui valori è stato spesso ragione di tensione, sia l’Unione europea sia la Russia si compiacciono di avere molti interessi in comune. L’UE è il principale partner commerciale della Russia, e la Russia è il più importante fornitore energetico dell’Unione europea. Entrambe vogliono che le regioni poste ai loro confini siano aree di stabilità e prosperità; temono il terrorismo internazionale e la diffusione delle armi di distruzione di massa e desiderano un sistema globale nel quale tutti i paesi, non importa quanto grandi e potenti, rispettino il diritto internazionale e le NU.

Sulla base di questi interessi comuni, l’Unione europea e la Russia stanno lavorando insieme in numerosi campi, dall’anti-terrorismo alla protezione dell’ambiente. La struttura principale all’interno della quale realizzare questa cooperazione è formata dai quattro «spazi comuni» – gergo dell’UE per indicare la cooperazione nel campo dell’economia e del commercio, della sicurezza interna, della politica estera e di scurezza e, infine, della scienza, dell’istruzione e della cultura. L’Unione europea e la Russia decisero di costruire gli spazi comuni al vertice di San Pietroburgo, nel maggio del 2003. Ci vollero però altri due anni per integrare questo accordo con un piano (o road map) che riempisse gli spazi. Benché il documento di cinquantadue pagine elenchi centinaia di possibili misure e istituzioni, esso contiene ben pochi progetti concreti e non indica alcuna scadenza. Per questa ragione un esperto lo ha descritto come «un altro esercizio nella gestione ragionevolmente cortese dell’ambiguità».3

Ciononostante, diplomatici di entrambe le parti possono spendere belle parole sugli «spazi comuni» e sulla road map. Essi possono dare nuovo slancio a processi di cooperazione in condizione di stallo, come, per esempio, il dialogo fra l’EU e la Russia sull’energia, inaugurato nel 2000, che ha raggiunto scarsi risultati. Piuttosto che «rilanciarlo» semplicemente in occasione di un vertice, l’Unione europea vorrebbe metterlo al centro di uno «spazio economico comune».

Prevedendo obiettivi a lungo termine, la road map potrebbe inoltre rendere più semplice la ricerca di accordi sui passaggi intermedi. Questo è ciò che è accaduto con il recente accordo sulla questione dei visti, con il quale l’Unione europea ha reso più facile per i russi ottenere visti, in cambio della promessa da parte di Mosca di riaccogliere gli immigrati illegali. Questo accordo è stato possibile perché l’UE ha promesso di concedere, in futuro, l’ingresso senza visti ai cittadini russi.

La road map elenca anche le aeree di cooperazione precedentemente concordate; in questo modo è stata eliminata la necessità di affrontare nuove discussioni su quali temi debbano essere inseriti nell’agenda bilaterale. Per esempio, l’UE e la Russia sono d’accordo (almeno in linea di principio) che gli sforzi per risolvere i «conflitti congelati» nel Caucaso e nella Moldavia debbano essere parte di uno spazio comune per la sicurezza esterna.

In quanto programma di lavoro permanente, la road map potrebbe imprimere una maggiore coerenza alle relazioni fra l’Unione europea e la Russia. In passato, la presidenza dell’UE spesso formulava individualmente le sua agenda, di modo che vi erano troppe iniziative e pochi sviluppi.

Poiché gli spazi comuni coprono quasi tutti gli aspetti delle relazioni fra l’EU e la Russia, entrambe le parti hanno la possibilità di mettere in connessione questioni diverse. Gli europei sono molto più entusiasti di questa prospettiva di quanto lo siano i russi, i quali temono che l’UE possa associare la questione degli aiuti o quella del commercio al rispetto dei diritti umani. Tuttavia persino i russi riconoscono che abbia senso collegare questioni come quella energetica all’ambiente.

Le istituzioni previste dal PCA, infine sono troppo rigide per affrontare gli alti e bassi delle relazioni fra l’Unione europea e la Russia. La road map, al contrario, lascia aperte le questioni istituzionali, in modo da permettere la formazione delle più diverse strutture istituzionali, dai piccoli gruppi di esperti ai grandi vertici governativi.

L’Unione europea e la Russia sono ora impegnate nella ricerca di strumenti e di meccanismi che permettano la realizzazione della road map. Tuttavia, proprio quando questo nuovo approccio pragmatico sembrerebbe sul punto di apportare benefici, l’UE e la Russia potrebbero scivolare di nuovo nelle accese e astratte discussioni del passato. Nel 2007, il PCA, che costituisce la base legale delle loro relazioni bilaterali, dovrebbe concludere il suo decennale periodo di validità.4 Il dibattito sulla sua sostituzione – e su cosa dovrebbe eventualmente sostituirlo – è soltanto all’inizio. Molti russi ritengono che sia necessario un altro accordo globale per sancire finalmente la piena uguaglianza fra i due contraenti. Alcuni leader dell’Unione europea lamentano la lentezza negli sviluppi della cooperazione e preferirebbero concentrarsi nella definizione a lungo-termine delle relazioni fra l’UE e la Russia.

Evidentemente un trattato non può nascondere le divergenze e le difficoltà presenti nelle relazioni fra l’UE e la Russia. Ne consegue che i negoziati saranno probabilmente lunghi e spesso tesi. Bene, dicono i fautori di un nuovo trattato, perché questo aiuterà a definire le rispettive posizioni e a sgombrare il terreno dagli ostacoli.

Tuttavia, al momento, i negoziati per un nuovo trattato potrebbero non solo distogliere l’attenzione e le poche risorse dalla cooperazione reale – per esempio sull’energia o l’istruzione, specialmente perché il governo russo è dolorosamente a corto di specialisti comunitari – ma anche risollevare la questione «valori contro interessi», che fino a questo momento non è stata molto costruttiva o riportare a galla altre annose richieste (per esempio, alcuni politici russi vorrebbero che il nuovo trattato permettesse la costituzione di un «consiglio russo-europeo» nel quale la Russia possa incontrare contemporaneamente tutti i venticinque stati membri: una richiesta che l’Unione europea ha sempre respinto).

I negoziati potrebbero inoltre far puntare di nuovo i riflettori sulla Russia in merito a diverse questioni delicate, erodendo ulteriormente in questo modo l’immagine che l’Unione europea ha della Russia. Ma potrebbero anche approfondire fratture già esistenti all’interno dell’Unione europea sulla questione della «giusta» politica da adottare nei confronti della Russia, specialmente fra i nuovi membri e i paesi più grandi dell’UE.

Nessuna delle due parti ha ancora deciso come procedere. In Russia alcuni preferirebbero sottoscrivere un trattato molto più ambiguo del PCA – un «trattato di associazione» che crei le basi di una maggiore integrazione della Russia con l’UE.5 Altri ritengono che ogni riferimento all’integrazione e all’armonizzazione dovrebbe essere rimosso dal nuovo trattato e che questo dovrebbe servire essenzialmente a riconoscere la Russia come partner di pari livello per l’Occidente.6 L’Unione europea, nel frattempo, sta riflettendo su diverse opzioni. Molti governi nazionali vorrebbero un nuovo trattato globale, nella speranza di dare alle relazioni fra l’UE e la Russia una cornice legale più attendibile e aggiornata. Un simile trattato riunirebbe tutti gli accordi esistenti, da quelli sugli spazi comuni al dialogo sulla sicurezza. Altri invece preferirebbero un accordo più ampio sui principi e gli obiettivi delle relazioni fra l’Unione europea e la Russia che lascerebbe i due contraenti liberi di concludere patti settoriali o su temi specifici ogni volta che ne emergesse la necessità. Questo genere di trattato potrebbe essere sia una dichiarazione politica non vincolante, sia un «accordo che conferisce poteri».

Un accordo del secondo genere potrebbe essere una buona idea a medio termine. Per il momento, però, l’Unione europea e la Russia dovrebbero sforzarsi di far funzionare gli accordi già esistenti, in modo particolare i quattro «spazi comuni» e il dialogo sull’energia. Come sottolinea un funzionario della Commissione europea: «se la road map fosse attuata nella sua interezza, l’UE avrebbe con la Russia una relazione che non ha precedenti per portata e intensità». I progressi ottenuti all’interno della cornice degli spazi comuni creerebbero fiducia, e – a tempo debito – formerebbero le basi per un nuovo accordo bilaterale caratterizzato da ottimismo piuttosto che dalla delusione reciproca.

In questo momento, le relazioni fra l’Unione europea e la Russia possono sembrare tese. Tuttavia, la reciproca disillusione e la rivalutazione dell’altro cominciata cinque anni fa potrebbero costituire le basi per un nuovo inizio. L’UE e la Russia possono essere in disaccordo su molte questioni, ma entrambe devono riconoscere che la crescente interdipendenza non lascerà loro altra scelta che lavorare insieme. Per esempio, esperti dell’UE predicono che le forniture di petrolio e gas dalla Russia diventeranno sempre più importanti nei prossimi decenni. Questa dipendenza è reciproca: la vendita di energia all’Unione europea rappresenta, infatti, la maggior parte degli introiti russi derivanti dalle esportazioni. E, sebbene la Russia stia tenendo d’occhio la crescita dell’economia cinese, l’Europa rimarrà comunque il suo mercato più importante e sicuro nel prossimo futuro. Sin dall’interruzione dell’erogazione di gas attraverso l’Ucraina dello scorso gennaio, gli Europei si chiedono se la Russia rimarrà un fornitore affidabile. La Russia – colta alla sprovvista dall’adirata risposta dell’Unione europea – ha però ripristinato velocemente le forniture, dimostrando quanto tenga in considerazione l’UE come cliente. È chiaro che entrambe le parti hanno un forte interesse a migliorare il dialogo fra l’Unione europea e la Russia sull’energia e a evitare simili incidenti in futuro.

Un’altra area di reciproca dipendenza è costituita dai rapporti con i «vicini comuni». La nuova politica europea di vicinato fino a questo momento non ha permesso all’Unione europea di esercitare una grande influenza sui paesi al di là dei suoi nuovi confini orientali. Ma nemmeno la Russia è stata in grado di attirare questi Stati entro la sua orbita. Al contrario, la maggior parte dei paesi che costituiscono il «comune vicino» stanno cercando di determinare autonomamente il proprio destino. Il presidente della Georgia, Mikhail Sakaashvili, parla di avvicinarsi all’Europa, ma allo stesso tempo sopprime ogni tentativo di opposizione politica interna. In Ucraina, alle elezioni parlamentari dello scorso marzo, il partito filorusso di Viktor Yanukovich, è diventato il partito di maggioranza relativa, mentre gli eroi della «rivoluzione arancione» hanno ottenuto risultati deludenti. Nonostante questi sviluppi, è necessario che l’Unione europea e la Russia discutano del futuro della grande Europa per evitare di essere assorbiti in un conflitto o di scivolare in reciproche incomprensioni.

La combinazione fra un approccio più pragmatico e orientato a ottenere risultati concreti e la crescente interdipendenza potrebbero essere la chiave per migliorare in futuro le relazioni fra l’Unione europea e la Russia. Esse dovrebbero concentrarsi, dunque, sullo sfruttamento di queste potenzialità, piuttosto che lanciarsi ora nei negoziati per un nuovo trattato.

 

Bibliografia

1 D. Trenin, Reading Russia right, Policy brief 42, Carnegie Endowment for International Peace, ottobre 2005.

2 K. Barysch, The EU and Russia: Strategic partners or squabbling neighbours?’, CER pamphlet, maggio 2004.

3 M. Emerson, Four common spaces and the proliferation of the fuzzy, Policy brief 71, Centre for European Policy Studies, maggio 2005.

4 Il PCA sarà rinnovato automaticamente ogni anno a partire dal 2007, a meno che L’UE o la Russia vi rinuncino con almeno sei mesi di preavviso. Sia Bruxelles sia Mosca hanno annunciato che non rinunceranno al PCA fino a quando questo non sarà sostituito da un nuovo accordo.

5 N. Arbatova, Y. Borko et al., Concept of the modernisation of the PCA and conclusion of a cohesion partnership agreement establishing an association, Committee for «Russia in a United Europe», 2005.

6 S. Karaganov et al., Russia’s European strategy: A new start, in «Global affairs», luglio-settembre 2005.