Una guerra sbagliata

Di José Luis Rodríguez Zapatero Martedì 01 Aprile 2003 02:00 Stampa

Fra un’ora, signori, la notte scenderà su Baghdad. È facile immaginare come possano sentirsi i suoi abitanti, i milioni di esseri umani che hanno avuto la fortuna e la disgrazia di nascere lì, sopra un mare di petrolio e sotto il dominio di un tiranno. Anche loro hanno paura. Abbiamo ascoltato questa mattina il presidente Bush annunciare l’invasione dell’Iraq, annunciare una guerra preventiva, una guerra che nasce da un’ipotetica paura, dalla paura che questa popolazione di soli 22.000.000 di abitanti, malnutriti, male armati, circondati dal più grande esercito del mondo, provoca in lui e anche agli altri.

 

Discorso del 18 marzo 2003 alla Camera dei Deputati

 

Fra un’ora, signori, la notte scenderà su Baghdad. È facile immaginare come possano sentirsi i suoi abitanti, i milioni di esseri umani che hanno avuto la fortuna e la disgrazia di nascere lì, sopra un mare di petrolio e sotto il dominio di un tiranno. Anche loro hanno paura. Abbiamo ascoltato questa mattina il presidente Bush annunciare l’invasione dell’Iraq, annunciare una guerra preventiva, una guerra che nasce da un’ipotetica paura, dalla paura che questa popolazione di soli 22.000.000 di abitanti, malnutriti, male armati, circondati dal più grande esercito del mondo, provoca in lui e anche agli altri. Un esercito disposto a scaricare su di loro l’arsenale di distruzione più sofisticato, più potente e più costoso di tutti i tempi, con 3.000 bombe e missili nelle prime 24 ore. Ma nelle Azzorre avete deciso che l’attesa è finita, che il danno che l’Iraq può causarci è così grande e così imminente che non rimane altro rimedio se non una guerra preventiva e ingiusta. Se non cominciamo questa notte o la prossima notte, che cosa succederà, signor Aznar? Che cosa dobbiamo temere, se non cominciamo a distruggerli oggi? Vedendo ciò che è successo negli ultimi dieci anni, vedendo gli effetti dell’embargo all’Iraq, i risultati delle ispezioni, le dichiarazioni degli ispettori, le conseguenze della contesa, lei sa che non vi è un pericolo imminente e grave, tale da giustificare il fatto di colpire per primi.

Per giustificare l’invasione e la guerra ogni giorno tirate fuori un argomento nuovo, sempre più umiliante per qualsiasi democratico; un argomento per giustificare un attacco contrario alla legalità internazionale, contrario alla Carta delle Nazioni Unite e contrario al senso comune, alla ragione morale e ai valori e principi democratici. Saddam Hussein è un tiranno, un tiranno senza scrupoli, un tiranno che potrebbe aiutare il terrorismo internazionale, che potrebbe fornire armi e denaro ai terroristi. Potrebbe, perché non avete presentato una sola prova che lo abbia fatto. Non vi erano iracheni fra coloro che hanno partecipato agli attentati dell’11 settembre. Anzi, la maggior parte di quei terroristi era dell’Arabia Saudita che, di certo, è un paese amico degli Stati Uniti. Il terrorismo non si ferma in questo modo, signor Aznar. In questo modo si alimenta il terrorismo. La rabbia, l’odio, la sete di vendetta sono cattivi consiglieri. Il terrore dell’11 settembre e una reazione basata su quel terrore non possono costruire un nuovo ordine internazionale. I terroristi non possono aver vinto. Quel fatto non può servire per costringerci ad accettare che abbiano ragione, che la forza e non il diritto deve essere la garanzia della nostra sicurezza. Poiché se accettiamo che l’ordine internazionale si fondi solo sulla forza, ai margini della legalità, nessuno sarà più sicuro. Questa è la più grande insicurezza possibile. Nessuno viaggerà più sicuro su un aereo o sulla metro. A nulla servirà la legalità internazionale, se le decisioni democratiche del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non vengono rispettate e vengono trasgredite come avete fatto voi alle isole Azzorre. È l’odio che rende potenti i terroristi, signor Aznar. Con questa azione bellica che semina odio voi non ci rendete più sicuri, bensì più vulnerabili.

L’ultimo argomento che avete tirato fuori è, apparentemente, il più altruista. Avete deciso di liberare dalla tirannia di Saddam il popolo iracheno. Avete dovuto. Quelli che sopravviveranno avranno diritti umani e sviluppo economico. Che beffa, signor Aznar. Nessun paese vuole i propri tiranni. Il problema è il prezzo da pagare per farla finita con la tirannia. Perciò non sono sicuro che gli iracheni la ringrazieranno della fretta che avete avuto, lei e il signor Bush, per liberarli dalla tirannia e spargere su di loro le benedizioni dello sviluppo economico. È possibile che fra dieci anni, nei villaggi dell’Iraq, alcune famiglie abbiano la televisione a colori in casa ma non credo che sembrerà loro un prezzo ragionevole avere sui televisori le foto dei figli morti durante questa guerra. Non credo che questo li ripaghi, signor Aznar. In qualche occasione lei ha posto la questione di come si disarmano i tiranni. Prima di tutto non armandoli, visto che a certe élite politiche non ripugna che Saddam sia un assassino ma che sia un assassino sleale. Gli assassini leali li lasciano morire governando e con tutti gli onori, in troppe occasioni.

Di che cosa ci viene a parlare, quindi, signor Aznar? Chi le crederà? Negli ultimi mesi avete tirato fuori argomenti per qualcosa che avevate già deciso. E alla fine, non avete più argomenti, non avete più un solo argomento da poter sostenere in un dibattito. Adesso che sapete che non potete convincere, dovete limitarvi a vincere. Fin dal primo momento in cui l’amministrazione americana ha deciso di inviare le truppe verso il Golfo, ha deciso di invadere l’Iraq, qualunque fosse la risposta di Saddam, era già stata presa, lei la conosceva e l’appoggiava.

Suona come un’ulteriore beffa che lei parli dei piani di ricostruzione e riabilitazione. Perché, invece di ricostruire e riabilitare, non fermate la distruzione che state per compiere? Sarebbe molto più credibile e molto più ragionevole. Suona come una beffa che parliate di aiuti umanitari. Il modo migliore per non dover portare aiuti umanitari è quello di non provocare disastri umanitari. Fermate la guerra e non dovrete dare nessun aiuto umanitario. Ma voi non state minacciando, voi avete già deciso di colpire, qualunque cosa succeda, di invadere l’Iraq, di cambiare il regime politico, di farne un paese e un territorio agli ordini della superpotenza. E il tutto ai margini della legalità internazionale e dell’autorizzazione delle Nazioni Unite. Quali rimproveri ci farà oggi? Si ricorda quando ci ha parlato di isolamento, si ricorda quando si serviva del ruolo del Consiglio dell’Unione europea, si ricorda quando diceva che avevo isolato il mio partito dal consesso internazionale? È il colmo dell’ironia, signor Aznar! Come se non bastasse il suo isolamento in questa Camera, il suo isolamento rispetto alla società spagnola, il suo isolamento nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Come se non fosse abbastanza evidente il suo isolamento – frutto della mancanza di argomenti – siete dovuti andare in un luogo molto isolato, le isole Azzorre, a dichiarare la guerra. Posso dire che mi sento molto orgoglioso di quei governanti che non hanno ceduto alle pressioni, che hanno mantenuto il no alla guerra e la via pacifica per il disarmo dell’Iraq. Non avete ottenuto la copertura legale, perché non avete ragione, perché il vostro progetto non ha alcuna giustificazione morale. Voi pensate di poter mettere in piedi un nuovo ordine internazionale dopo la guerra? Su quale base, signor Aznar? Sul diritto, sulla legalità? Nessuno le crederà. Non si rende conto? Voi non sarete i protagonisti del dopoguerra perché avrete perduto credito davanti a tutti i paesi del mondo e davanti a milioni di cittadini della terra. Chi si fiderà di voi? Chi si fiderà della vostra capacità di autolimitarvi, del vostro rispetto per la legalità, della vostra insolenza nell’usurpare le funzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, quando non avete avuto i voti sufficienti e non avete accettato la democrazia del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite? Chi si fiderà di voi? Se qualcosa non vi conviene, se la decisione di un organo internazionale di questo nuovo ordine non vi è favorevole, lo rispetterete forse? Nessuno vi crederà, signor Aznar. Non sarete voi gli architetti di questo nuovo ordine.

Lei, il signor Bush e il signor Blair avete preso la decisione di usurpare le funzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il rapporto di Hans Blix, nel quale sono raccolti e contenuti evidenti progressi dell’atteggiamento dell’Iraq rispetto alla verifica del disarmo, non è stato ascoltato. È stato completamente messo da parte ed è emersa tutta una strategia che avevate già da tempo. Via via che aumentavano le possibilità di disarmo dell’Iraq, più fretta avevate perché non c’era più un solo argomento a favore dell’attacco militare. Questo è ciò che è successo, signor Aznar. Questo era ciò che pensava la maggioranza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, o almeno nove paesi, nove paesi e voi non avete potuto aspettare perché ogni giorno che passava perdevate la battaglia diplomatica, perdevate la battaglia di opinioni, perdevate la battaglia degli argomenti, perché veniva fuori la vostra vera intenzione, che non era altro che quella di attaccare l’Iraq in nome del signor Bush e impossessarvi di quel territorio e delle ricchezze economiche che tutta quella zona possiede. È chiaramente così. Ecco che cosa vuol dire colpire lo spirito e la lettera della Carta delle Nazioni Unite, colpire la Risoluzione 1441 e colpire la legalità internazionale, senza alcun requisito di estrema urgenza, senza alcun requisito di quello potrebbe rappresentare un danno umanitario in questi momenti e senza alcun requisito di minaccia imminente e reale a nessun paese e a nessun popolo, perché, per fortuna, il regime dell’Iraq non è in grado di avere questa capacità.

Questa è la realtà, signor Aznar. Qualsiasi altro paragone con circostanze storiche che abbiamo vissuto non ha fondamento. Consenso internazionale nell’ONU, consenso nella NATO, pieno consenso nell’Unione Europea e consenso in questa Camera sull’obbligo di evitare un massacro e un genocidio. Ma in questo caso non c’è nessun massacro e nessun genocidio. Il disarmo procedeva in maniera adeguata. Dicevate: i soldati sono molti perché la minaccia deve essere credibile. I soldati sono molti perché deve esserci una pressione, perché questa è l’unica cosa che farà disarmare Saddam Hussein. Che grande menzogna! Che grande falsità, signor Aznar! Non si trattava di pressione, bensì di preparazione dell’attacco militare, della guerra e dell’occupazione dell’Iraq. Questa è la conclusione razionale alla quale si giunge.

Signor Aznar, la politica estera del nostro paese, l’ordine internazionale sono argomenti molto seri. Non dovrebbero cambiare ogni volta che si forma una nuova maggioranza politica e soprattutto non dovrebbero essere cambiati così come ha fatto lei, dall’alto verso il basso, perché richiedono un ampio consenso. La sua maggioranza assoluta non le dà diritto a tutto. Lei non può cambiare la reputazione del paese né 25 anni di tradizione e di politica estera, di dialogo e di rapporto con il mondo arabo, di appoggio e di legami con l’America Latina, di pieno sostegno a ciò che significa la nostra vocazione europeista. Non può mettere tutto questo in discussione. È un capitale misurabile in termini di credibilità e di rispetto che la Spagna democratica ha costruito e raggiunto in quest’ultimo quarto di secolo. Non si rende conto, signor Aznar, che in pochi mesi ha sperperato questo prezioso lascito della nostra storia democratica? Non si è accorto che questa sventata deriva ha distrutto le basi essenziali della nostra politica estera? Non è una buona eredità quella che ci lascia?

È prioritario che la Spagna torni quanto prima al suo posto, ad una politica che ci riconcili con le nazioni arabe, che ci affratelli con i paesi ispanoamericani che, come hanno fatto il Cile e il Messico, nonostante difficoltà e pressioni, hanno dimostrato molta più dignità del suo governo; ad una politica che collochi la bandiera spagnola accanto e non dalla parte opposta alla vecchia Europa, che la situi dalla parte della legalità internazionale; ad una politica di consenso che intenda la nostra alleanza con gli Stati Uniti come l’amicizia fra due nazioni sovrane e non come la sottomissione che abbiamo potuto osservare in questo periodo. Però, signor Aznar, signori, se è gravissimo ciò che lei ha fatto, ancora più grave è ciò che potrebbe arrivare a fare. Siamo tutti consapevoli, e lei più di tutti, del fatto che siamo solo all’inizio di una escalation; che dopo l’attacco all’Iraq verrà l’occupazione e dopo, chissà cosa per adempiere ai disegni del signor Bush e di questo ordine  internazionale che intende imporre con la forza e la cui unica regola - è un’ironia sentirla parlare qui di regole – è che comanda chi possiede più armi. Signor Aznar, ne lei né nessun’altro ha il diritto di trascinarci in un’avventura capeggiata dai settori più radicali e illuminati della destra degli Stati Uniti. Né lei né nessun’altro ha il diritto di trascinare la Spagna ad una deriva che nessuno sa dove porta; gli unici che avrebbero il diritto di prendere una decisione di questa portata sono gli spagnoli, signor Aznar. Lei si trova nella situazione più grave in cui possa trovarsi un uomo di governo democratico; sta dalla parte opposta ed è separato dal suo popolo e sta appoggiando una guerra illegale.