Biblioteche e archivi: il digitale e le sfide per l'Italia

Di Walter Santagata ed Enrico Bertacchini Venerdì 08 Maggio 2009 18:10 Stampa

In Italia ci sono 15.502 biblioteche e 99 archivi. La digitalizzazione dei libri e dei documenti, che appare in tutto il mondo come una scelta strategica, nel nostro paese è in ritardo soprattutto per l’assenza di un progetto globale. In Italia si assiste ad una trasformazione delle biblioteche in centri culturali, ma la lettura è ancora una scelta minoritaria. Di fronte a questi dati, si comprende come l’accesso a testi e contenuti digitali possa essere concepito come una politica per far crescere il numero di lettori.

Verso il sogno della biblioteca digitale universale

A partire dai tempi dei sumeri, inventori della scrittura cuneiforme, si sono creati, secondo una stima necessariamente approssimata,1 almeno 100 milioni di libri, 750 milioni di articoli, 25 milioni di canzoni, 500 milioni di immagini, 500.000 film, 3 milioni di video e 100 miliardi di pagine web. Quello che resta di questo materiale lo si ritrova oggi disperso nelle biblioteche e negli archivi di tutto il mondo. Quando tutto questo materiale sarà digitalizzato, potrà essere raccolto, con l’attuale tecnologia, in un piccolo locale e, in un futuro non troppo lontano, nella memoria di un lettore digitale tascabile.

Come molti altri paesi, anche l’Italia possiede una buona dotazione di biblioteche e archivi. Secondo l’ISTAT,2 in Italia sono state censite nel 2006 ben 15.502 biblioteche, di cui due Biblioteche nazionali centrali, quelle di Firenze e di Roma, e una Biblioteca nazionale universitaria, a Torino. Da un campione di 12.381 biblioteche si ricava che il 4,3% appartiene a ministeri e organi centrali dello Stato, il 51% agli enti locali, il 17% alle università e il 10% agli enti ecclesiastici. Il 51% è localizzato al Nord, il 20% al Centro e il 28% al Sud. La consistenza del patrimonio librario italiano è stimabile in 350 milioni di volumi, ma la maggior parte delle biblioteche è di piccolissima dimensione e non raggiunge i 5.000 volumi.

I documenti storici italiani sono raccolti in 99 archivi, le cui scaffalature hanno una lunghezza di 1.665 km e raccolgono più di 13 milioni di documenti cartacei. Gli archivi danno lavoro a 2.742 addetti e sono stati visitati da 263.000 persone. Il costo per la conservazione e l’archiviazione dei documenti storici supera di poco i 41 milioni di euro. Il materiale conservato è spesso di pregio, come gli 1,3 milioni di pergamene, i 4 milioni di negativi fotografici, le 780.000 mappe e i 32.000 sigilli e timbri. Gli archivi sono principalmente frequentati da studiosi che, insieme a chi ne ha fatto un uso amministrativo, nel 2006 hanno consultato 24.000 fondi e 875.000 pezzi.

Questo grande patrimonio si trova oggi al centro della sfida del digitale. Siamo alla soglia di grandi trasformazioni e il futuro si confonde con il presente. Ogni politica riguardante archivi e biblioteche non può non confrontarsi con almeno quattro sogni.

Innanzitutto, il lettore vorrebbe l’accesso on line e gratuito alla biblioteca digitale universale, che raccolga tutta la conoscenza passata e presente, vorrebbe consultare con facilità e comodità le opere, accedervi dovunque, a qualsiasi ora del giorno e della notte, vorrebbe stampare il volume desiderato o in alternativa ascoltare una voce che gli legga il testo prescelto. In secondo luogo, il bibliotecario spera finalmente di ridurre i costi di gestione della sua biblioteca, rendendola allo stesso tempo un centro culturale multimediale. Sogna di semplificare la proce dura per le opere da acquisire, si vede al centro di una rete, cui partecipa attivamente e che moltiplica i benefici derivanti dall’eliminazione delle duplicazioni. In terzo luogo, l’archivista sogna ben ordinate strutture di inventariazione dei documenti, anch’esse accessibili on line, predisposte alla comparazione e assolutamente protette dall’usura e dalla negligenza di chi le consulta. Infine, l’autore sogna la più larga diffusione possibile della sua opera, compatibile con il riconoscimento del copyright e del fair use.

Purtroppo questi sogni non si avvereranno rapidamente. Devono infatti prima cambiare le strutture di offerta del servizio, le tecnologie, i vincoli istituzionali, le competenze e le professionalità degli addetti. Tuttavia, qualcosa si sta facendo e uno degli scopi di questo contributo è proprio quello di descrivere che cosa avviene oggi in Italia e qual è la traiettoria di evoluzione degli archivi e delle biblioteche.

 

Storia minima della digitalizzazione nel mondo e in Italia

Le esperienze di digitalizzazione del patrimonio testuale sono abbastanza recenti e seguono di pari passo l’evoluzione dell’Information and Communication Technology (ICT). Nella Tabella 1 sono riassunte per periodo e area geografica le principali tappe della digitalizzazione a livello internazionale.

Come si può notare da questa breve rassegna, al di là della più recente iniziativa della World Digital Library, le esperienze più concrete di digitalizzazione di testi e immagini si muovono principalmente sulle due sponde dell’Atlantico, tra Stati Uniti ed Europa.

Nel caso degli Stati Uniti, nonostante l’apporto e la collaborazione di prestigiose istituzioni pubbliche, la digitalizzazione è guidata e finanziata in primo luogo dai colossi della net economy, spesso con finalità commerciali sull’uso delle risorse digitalizzate. Al contrario, l’approccio europeo si basa principalmente sulla produzione di un bene pubblico mediante il coordinamento di progetti istituzionali sorti sotto responsabilità governative e di enti di ricerca. L’obiettivo non è il perseguimento di fini commerciali, ma la preservazione e l’accessibilità del patrimonio culturale europeo.

La situazione italiana rispecchia prevalentemente l’approccio europeo mediante piani istituzionali. Il progetto maggiormente finanziato e portato avanti da istituzioni pubbliche è quello della Biblioteca digitale italiana. Creata nel 2001 dalla Direzione generale per i beni librari e gli istituti culturali (DGBLIC) del ministero per i Beni e le attività culturali e realizzata dall’Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche (ICCU), la Biblioteca digitale italiana promuove e coordina le attività di digitalizzazione del patrimonio bibliografico italiano – in particolare quel lo storico – sia mediante la digitalizzazione dei cataloghi delle biblioteche, sia mediante la digitalizzazione di collezioni di fotografie, manoscritti, libri e giornali. Le informazioni digitalizzate sono più di 10 milioni e sono disponibili tramite un portale web. Bisogna infine ricordare anche la presenza di iniziative portate avanti da privati, come l’archivio digitale Alinari che comprende più di 300.000 immagini digitalizzate provenienti dal vasto archivio fotografico.

In sintesi, nel nostro paese non mancano progetti, idee o competenze. Piuttosto si riscontra un problema nell’incapacità di affrontare in modo organico il complesso tema del digitale. Sebbene questo processo rappresenti la nuova frontiera delle politiche nazionali e internazionali per biblioteche e archivi, non c’è ancora un’idea chiara e condivisa su quali siano i suoi obiettivi e dove ci porterà.

Le ragioni principali della tendenza alla digitalizzazione sono tre. Innanzitutto, la democratizzazione e l’universalità della lettura. Attraverso le tecniche digitali, la cultura scritta, le sue immagini e i suoi suoni diventano un bene ad accesso potenzialmente gratuito e universale. Questo carattere di per sé suggerisce un aumento considerevole della domanda di lettura e soprattutto un allargamento della lettura alle fasce di lettori scoraggiati nella frequentazione di una biblioteca o di un archivio.

In secondo luogo, l’efficienza del servizio archivistico e bibliotecario. Grazie alla possibilità di una gestione elettronica dei materiali cartacei, si riducono i costi di amministrazione, conservazione e diffusione. Gli utenti inoltre diventano prosumer, neologismo che associa le attività di produzione e consumo, e partecipano più attivamente all’erogazione e fruizione del servizio.

Infine, gli incentivi alla ricerca scientifica. I vantaggi della digitalizzazione non riguardano solo l’utente/ lettore; essi sono rilevanti anche nel campo della ricerca scientifica. L’uso dei motori di ricerca di contenuti digitali mette a disposizione del ricercatore potentissimi mezzi per la comparazione e per la conoscenza di quanto è stato fatto e scritto su un dato argomento in precedenza.

I principali limiti alla digitalizzazione possono invece essere ravvisati, in primo luogo, nella gestione del copyright. La digitalizzazione del patrimonio testuale permette senz’altro un maggiore accesso ai libri, anche quelli fuori stampa, e può portare a nuove forme di marketing e sfruttamento commerciale di cui gli autori possono beneficiare. Tuttavia, il tallone di Achille della digitalizzazione è la facile riproducibilità dei testi e la perdita di controllo del mercato da parte degli editori e degli autori. La battaglia legale avviata dalle società degli autori contro Google e conclusasi recentemente con un accordo extragiudiziale è un chiaro esempio di come sia necessario trovare un nuovo equilibrio tra nuove potenzialità di fruire testi digitali e la gestione del copyright.

In secondo luogo essi riguardano la standardizzazione delle procedure e delle informazioni. La mancanza di coordinazione degli standard e di scelte ragionate e discusse pubblica mente nel campo dei formati di codifica, in particolare per quanto riguarda la “componente testuale” (ma in certi casi anche per la “componente immagine”) del processo di digitalizzazione possono portare ad ulteriori frizioni nell’integrazione di collezioni digitali.

Infine, essi concernono la monopolizzazione del patrimonio culturale. Se il futuro del patrimonio culturale passerà attraverso il digitale, allora il rischio è che chi possiede o gestisce le tecnologie possa influenzarne la sua produzione, fruizione e conservazione.

 

Le politiche pubbliche

Diverse questioni affollano la concezione di politiche pubbliche per la lettura e per la conservazione dei documenti storici. La digitalizzazione rende più evanescente la differenza tra il ruolo di conservazione e diffusione che contraddistingue archivi e biblioteche. Di fronte a questa nuova prospettiva è necessario elaborare una chiara visione politica a livello nazionale, supportata da fondi e investimenti significativi. Inoltre, il valore di un progetto non sta solo nella digitalizzazione in se stessa del patrimonio, ma nel valore aggiunto identificabile in termini di molteplicità di usi per molteplicità di users.

 

Da biblioteca a centro culturale

Non ci sono grandi risorse pubbliche per la lettura. Per il futuro ha ancora senso spendere risorse per creare nuove biblioteche e raccogliere vecchi e nuovi volumi cartacei? Gli editori offrono già in molti casi copie digitali a pagamento itae alcuni autori pubblicano direttamente on line. Ha ancora senso costruire nuove biblioteche dove la presenza di una collezione cartacea renderà inevitabilmente più rigida e costosa la gestione delle nuove istituzioni?

In questo contesto, sembra necessario un ripensamento dell’idea stessa di biblioteca. Le grandi biblioteche della modernità sono molto famose: la Bibliothèque nationale de France di Dominique Perrault, la Biblioteca universale di Aveiro di Álvaro Siza Viera, la Biblioteca municipale di Dortmund di Mario Botta, la nuova Biblioteca di Alessandria d’Egitto di Snøhetta & Associati. Di fatto esse hanno trasformato il concetto di biblioteca da luogo polveroso di studio e documentazione a centro culturale polivalente, dove la presenza di una collezione non è più il cuore dell’istituzione. Da un lato, le biblioteche hanno superato vecchie e inadatte visioni, ma dall’altro sono ancora in mezzo al guado nella traversata verso la costruzione di una biblioteca digitale universale. In Italia, in un panorama nazionale statico e ancora poco aperto alle innovazioni tecnologiche, a Torino e a Milano si stanno progettando e realizzando due nuove biblioteche, le cui caratteristiche, a parte il materiale cartaceo che conserveranno, le avvicinano molto a un centro culturale. Il contenitore diventa luogo di produzione di cultura e di spettacolo, di scambi intellettuali, di espressioni d’arte e di incontri multietnici; luogo di facile accessibilità, moltiplicata potenzialmente all’infinito dall’uso di postazioni multimediali connesse alla rete digitale delle collezioni bibliotecarie che a livello europeo e mondiale si stanno creando. La nuova Biblioteca civica di Torino prevede, ad esempio, un milione di volumi, 1.500 posti a sedere predisposti per l’installazione di postazioni multimediali e per l’impiego di personal computer, 5.000 frequentatori giornalieri attesi. E ancora, 1.800 mq per la sala conferenze (con 300 posti) e la sala polivalente (con 150 posti). La distanza con le vecchie biblioteche è notevole e secondo Mario Bellini, a capo del progetto, «la nuova Biblioteca sarà percepibile immediatamente come una biblioteca di tutti e per tutti: per informarsi e aggiornarsi, incontrarsi e comunicare. Predisposta per un uso intensivo delle nuove tecnologie, sarà un centro culturale e informativo, ma anche luogo di incontro e di socializzazione, facilmente accessibile ad utenti di tutte le età e delle più diverse condizioni sociali». La Biblioteca europea di informazione e cultura (BEIC) di Peter Wilson a Milano costerà 240 milioni di euro per 80.000 metri di suolo, e avrà i caratteri duplici di una grande biblioteca di consultazione e di una biblioteca di ricerca, formazione e apprendimento a distanza, collegata con le grandi biblioteche internazionali. Ospiterà 750.000 volumi a libero accesso e 3,5 milioni nei magazzini. La gestione a regime sarà di circa 18 milioni di euro l’anno. Saranno a disposizione del pubblico circa 900 postazioni per i personal computer, 1.000 posti nell’auditorium, sale conferenze e aule, 600 posti in servizi di ristorazione. Ci saranno inoltre 3.700 mq da destinare ad attività commerciali e si prevedono tra i 2.600 e i 5.000 utenti giornalieri e 340 operatori. In sostanza sarà, secondo le intenzioni di Wilson, «uno spazio architettonico dove si possono tranquillamente incrociare la classica lettura silenziosa, le attività digitali, insieme ad un sacco di altre attività: conferenze, un negozio di libri, caffetterie, ristoranti e media forum».

 

Come aumentare la domanda di lettura?

I lettori in Italia sono troppo pochi. Nel 2006, solo 24 milioni di italiani aveva letto almeno un libro nei 12 mesi precedenti e solo 3,2 milioni ne avevano letto almeno uno al mese. Ancora più sconfortante sembra essere la domanda di biblioteche: il prestito bibliotecario per abitante in Italia è quattro volte inferiore alla media europea.3 Dal lato dell’offerta, il sistema bibliotecario soffre di un sottoinvestimento cronico. In Italia l’indicatore di libri posseduti dalle biblioteche per abitante è più basso della media europea e la spesa bibliotecaria per abitante equivale ad un terzo di quella europea.

Di fronte a questi dati, si capisce come l’accesso a testi e contenuti digitali possa essere concepito come una politica per far crescere il numero di lettori nel nostro paese. La consultazione delle opere in formato digitale all’interno delle biblioteche potrebbe essere un primo passo. La digitalizzazione permetterebbe un più facile reperimento di opere fuori stampa e potenzierebbe in modo esponenziale l’accesso ai testi. Mettendo in rete le collezioni elettroniche di più istituzioni si potrebbero consultare all’interno delle biblioteche non solo i testi presenti in quel luogo, ma anche quelli disponibili in altre istituzioni consociate, superando così i limiti fisici del prestito interbibliotecario. Queste potenzialità di accesso trovano però dei limiti per le opere ancora coperte da diritto d’autore. Verrà permesso alle biblioteche di fornire la consultazione on line di opere di cui non hanno acquisito copie nelle loro collezioni? Come gestire la digitalizzazione di opere “orfane”, cioè di cui non si conosce più il detentore dei diritti? Un ulteriore nodo riguarda la remunerazione degli autori per il prestito bibliotecario introdotta con la direttiva 92/100/CE. Questa scelta, rendendo più costoso l’accesso al libro per gli utenti o l’acquisto dei volumi per le biblioteche, ne può ridurre la domanda o l’offerta. Proiettandosi verso il futuro, bisogna anche pensare ai “libri elettronici”, cioè ai nuovi strumenti di lettura portatile. Finora questi nuovi gioielli della tecnologia, che potrebbero rivoluzionare le nostre abitudini di lettura, sono stati proposti da operatori commerciali, con l’obiettivo di favorire l’acquisto di copie digitali di libri. L’uso di questi strumenti potrebbe essere anche sfruttato nei servizi di prestito bibliotecario, a patto che si superino gli scogli normativi imposti dalla gestione del diritto d’autore.

 

Nuove politiche per la conservazione

La conservazione, intesa tradizionalmente, consiste nell’assicurare la stabilità nel tempo dei supporti fisici, in modo da assicurare l’accesso all’informazione da essi veicolata. Oggi la crescente quantità di informazioni in formato elettronico ha spostato l’attenzione su nuovi fattori di rischio, legati non solo alla labilità dei supporti, ma anche alla veloce obsolescenza di sistemi operativi e formati. Il problema dell’obsolescenza coinvolge tutti i documenti elettronici, quelli ad accesso locale (CD-ROM, DVD) e quelli ad accesso remoto, quelli nati digitali e quelli derivati per digitalizzazione da precedenti documenti cartacei. Cambiano i costi, le competenze e le condizioni dell’attività di conservazione ed è quindi necessario riconsiderare le strategie di conservazione degli archivi e biblioteche e dotarli di risorse e competenze adeguate.

 

Politiche di archiviazione di opere create in digitale

Le nuove possibilità espressive create dall’innovazione digitale rendono infine più evanescente la distinzione tra autori con pubblicazione a stampa e autori di opere create e pubblicate direttamente in digitale, come blog, testi on line e pagine web. Se da un lato la diffusione di questo materiale avviene via internet in modalità gratuita o all’interno di canali commerciali, dall’altro si pone il problema se sia indispensabile e come archiviare questi materiali. In questo contesto, sta nascendo da parte degli Stati e dei main players di internet una maggiore consapevolezza riguardo la necessità di archiviare e preservare il patrimonio culturale digitale nazionale. Alcuni paesi, come la Francia e la Finlandia, hanno già iniziato a predisporre iniziative e normative rivolte alla preservazione di questo nuovo tipo di patrimonio culturale, impiegando risorse e mezzi. Anche in questo caso, l’Italia è posta davanti ad una nuova sfida nel mondo digitale a cui dovrà corrispondere una politica pubblica adeguata. Come delineare lo spazio web nazionale da archiviare? Quali contenuti scegliere? Quali risorse e competenze tecnologiche mettere in campo?

 

Conclusioni

Le conclusioni che si possono trarre dalle osservazioni svolte nel presente contributo sono implicite in quanto detto: l’Italia non deve perdere la sfida della digitalizzazione. Questa può ancora essere vinta a due livelli: quello nazionale, rafforzando le iniziative in corso in biblioteche e archivi e rendendo i processi digitali accessibili, interessanti e allettanti, e quello europeo e internazionale, contribuendo al massimo al successo di Europeana, la European Digital Library, e alla Digital World Library dell’UNESCO. In questo senso in Italia la lettura e la conservazione di libri e documenti storici continuerà ad avere il carattere saliente di un bene pubblico e collettivo.4



[1] K. Kelly, Scan this Book!, in “The New York Times”, 14 maggio 2006.

[2] ISTAT, Statistiche Culturali 2006, ISTAT, Roma 2008.

[3] Si vedano a tale proposito i dati dell’Associazione italiana biblioteche.

[4] Si ringrazia per gli utili commenti Gianni Bonazzi, direttore dell’Ufficio studi del MiBAC. La responsabilità per quanto sostenuto nell’articolo rimane degli autori.