Le origini dell'Europa

Di Jacques Le Goff Venerdì 08 Maggio 2009 17:33 Stampa

Se l'Europa, come ogni territorio che si contraddistingua con un nome specifico, è il risultato dell'incrocio tra geografia e storia, è legittimo chiedersi quali siano i suoi limiti geografici e le sue radici storiche. L'indeterminatezza dei confini orientali dal punto di vista geografico e l'eredità del mondo greco e romano, così come del cristianesimo, hanno contribuito a costruire la comune civiltà europea.

Un territorio che nel corso della storia si distingue con un nome specifico, soprattutto se assume una forma più o meno politica, è sempre il risultato di un incrocio tra geografia e storia. L’Europa è pertanto, in primo luogo, figlia della geografia. Lo è per il suo territorio, in quanto estremità occidentale del continente eurasiatico. Ma se il mare, pur disseminato di isole di varia grandezza, le dà limiti precisi a nord, a ovest e a sud, a oriente non ha nessuna frontiera specifica, né naturale né storica. Il generale de Gaulle aveva coniato una formula celebre, «dall’Atlantico agli Urali», che però non vale come definizione dell’Europa. I geografi dell’antica Grecia e gli enciclopedisti del Medioevo che da quelli traevano ispirazione ne cercavano una frontiera più o meno netta tra il Dniepr e il Dniestr, ma era una frontiera ipotetica, anch’essa non corrispondente a un vero e proprio confine geografico o storico, ma che fornisce solo un dato in più al dossier Europa, che è particolarmente complesso riguardo alla sua estensione a oriente.

Allo stato attuale l’Europa non ha oltrepassato né il Mediterraneo, né il Bosforo, né il Mar Nero, ma continua ad aprirsi a oriente su uno spazio aperto.

Ciò che contraddistingue dal punto di vista geografico l’Europa, e in particolare la Comunità europea, è un certo numero di caratteristiche geografiche che non sono solo particolari, ma che hanno un’incidenza importante sulla sua personalità.

L’Europa è ampiamente bagnata dal mare, dal Mar Baltico e dal Mare del Nord, dall’Oceano Atlantico e dal Mediterraneo. Nessun punto del suo territorio è molto distante dal mare e alla sua prossimità si attribuisce in genere una tendenza all’apertura.

In quanto estremità di un continente, l’Europa vede confluire in sé, sia pure in misura ridotta, i diversi climi e i territori di diversa natura presenti sul continente. Ne risulta la diversità e, nonostante l’abbondanza di foreste in epoca antica e alto-medievale, non c’è parte del suo territorio che non sia stata a lungo e in prevalenza occupata da pianure, da terre coltivabili, da steppa o da montagne. La prima caratteristica a imporsi in Europa è dunque la diversità, e questa diversità, che si manifesta allo stesso tempo in un altro campo privilegiato, quello della cultura, dell’alimentazione e della cucina, impedisce all’Europa di diventare uno Stato uniforme: essa è votata alla diversità delle regioni e dei costumi, e questa diversità, coniugata ai tratti comuni che stiamo per delineare, rappresenta la sua ricchezza.

L’Europa conta anche un gran numero di fiumi navigabili e il trasporto di persone e di merci via acqua è stato a lungo uno dei tratti rilevanti della sua attività. Come frontiere e come mezzi di trasporto, certi corsi d’acqua si sono imposti fino a sfiorare il mito. Citeremo il Rodano, sul quale ha da poco pubblicato un bellissimo libro Jacques Rossiaud, il Reno che aveva affascinato l’europeo Lucien Febvre, il Danubio, che è diventato un grande personaggio europeo grazie alla penna di Claudio Magris. Nonostante la diversità alimentare cui si è accennato, l’Europa si concentra in un piccolo numero di reti di consumatori e di amatori. A tavola esiste un’Europa della birra e una del vino, fatto che d’altra parte distingueva, nel Medioevo, i conventi europei da quelli francescani. Alla fine o lontano dai pasti ci sarà, dopo la scoperta di regioni lontane, un’Europa del tè e una del caffè. Per molto tempo l’Europa si riscalderà con la legna e con questo materiale costruirà le sue abitazioni nel Medioevo, per poi diventare un mondo del carbone e infine, con l’eccezione della Norvegia, dipendente dall’estero per il petrolio e il gas.

Oggi sappiamo che la storia si fa su tempi lunghi e addirittura lunghissimi, e che comincia dalla preistoria. Non vediamo spuntare nessuna Europa dalla preistoria, ma dobbiamo rilevare che la comparsa dell’uomo è avvenuta probabilmente in Africa, che la nascita dell’agricoltura è avvenuta in Asia e che l’unico fenomeno comune agli europei di oggi in età preistorica è la presenza un po’ dovunque nell’attuale territorio europeo (tra 150.000 e 35.000 anni fa) dell’uomo di Neanderthal, che si distingue per gli insediamenti all’aria aperta, fuori dalle grotte, per un embrione di idee religiose, di pratiche funerarie, e per lo sviluppo dell’arte rupestre. Nell’epoca della cultura di La Tène (verso la metà del V secolo a.C.), tre popolazioni di diverso tipo portano la propria civiltà in Europa e vi lasciano una loro eredità: gli sciti, gli iberi e i celti. Lo storico polacco Karol Modzelewski, nel suo bel libro “L’Europa dei barbari” 1 ha recentemente dimostrato che questi popoli erano tutt’altro che selvaggi, come indicava per i romani e per i loro successori il termine di barbari, e che il loro contributo alla civiltà comune europea è stato di un’importanza comparabile a quella dei greci e dei romani.

Tuttavia è in Grecia e nel mondo ellenico che compaiono le prime civiltà avanzate, come quella micenea, che si afferma a partire dal XVIII secolo a.C. La civiltà propriamente greca, sviluppatasi in generale nei centri urbani, fatto che pone già la città come elemento fondamentale della civiltà europea, ha lasciato in particolare all’Europa nel suo insieme due eredità fondamentali. La prima è politica: le città greche, il cui modello più brillante è Atene, hanno consegnato a un avvenire che perdura ancora oggi la democrazia politica, nella quale ognuno è cittadino, anche se nelle città greche antiche quell’uguaglianza non valeva per le donne, per gli stranieri e per gli schiavi. La disuguaglianza tra uomini e donne, i diritti negati o ridotti agli immigrati sono per questo i resti di un arcaismo del quale l’Europa fa fatica a disfarsi, ma che deve essere relegato a quei lontani trascorsi storici.

Il secondo lascito dell’antica Grecia a tutta l’Europa è quello del pensiero razionale. Anche se la lingua greca non è mai stata conosciuta in certi paesi europei e in altri è finita rapidamente nell’oblio, la sua presenza, grazie alle scuole, all’etimologia, alle abitudini di ragionamento, si è diffusa nell’Europa intera.

L’esistenza degli esseri e delle cose è abbastanza strettamente legata alla comparsa e all’esistenza di un nome. È appunto nel mondo della filosofia greca che appare il nome Europa, nel V secolo a.C., in un ambito che allora rappresentava ciò che c’era di più sacro: la mitologia. È in quell’epoca che si diffonde il mito della ninfa Europa, rapita in Oriente dal sovrano degli dei greci, Zeus, che la trasporta in Occidente. Le origini orientali, il legame tra l’Oriente e questo Occidente che diventerà l’Europa, resteranno sempre più o meno stretti. Anche se nel corso della storia l’Europa ha stabilito relazioni privilegiate con l’Africa (purtroppo soprattutto con la colonizzazione), con l’America del Nord dove ha trasferito una forma originale di democrazia, il cui insieme formerà l’Occidente con un ramo europeo e uno americano, questi legami intercontinentali non sostituiranno l’antica complicità originale tra Europa e Asia. Il campo religioso lo attesta in modo straordinario, i due poli di attrazione per gli europei sono asiatici: Gerusalemme per gli ebrei e i cristiani, La Mecca per i musulmani.

Un nuovo periodo, un nuovo strato della costruzione dell’Europa si presenta con il mondo romano, repubblica e poi impero, che abbraccia una gran parte dell’ecumene. Se nell’ambito della cultura letteraria e filosofica il mondo romano non è particolarmente creativo, accontentandosi in generale di tradurre il greco e di farne da tramite, in altri campi Roma sarà una delle grandi fonti di civiltà per l’Europa intera; con la lingua che sarà parlata o letta fino al XV secolo e poi insegnata nella maggior parte delle scuole europee, con l’architettura in cui i romani sono stati maestri in Europa (e fuori dell’Europa hanno fatto passare il neoclassicismo), in campo giuridico nel quale il diritto romano o quanto da esso proviene ha offerto la base giuridica storica a tutta l’Europa.

La successiva ondata storica che ricoprì e impregnò profondamente l’Europa fu quella del cristianesimo. Arrivò con la conversione dell’imperatore romano Costantino nel IV secolo. Dai tempi di Carlo Magno (morto nell’814), se non prima, tutti gli europei furono cristiani o meglio divennero europei convertendosi al cristianesimo (germani, scandinavi, slavi, ungheresi, fino ai lituani nel XIII secolo).

Carlo Magno, pur restando un franco per nazionalità e pur avendo lo sguardo rivolto al passato dell’Impero romano, aveva in mente una specie di accademia letteraria e filosofica europea, radunando intorno a sé irlandesi, germani, franchi, spagnoli, italiani. Il più noto di quella corte accademica fu l’irlandese Alcuino (ca. 735-804). La Terza Repubblica francese ha talora fatto di Carlo Magno un simbolo affinché le scuole dei monasteri non fossero riservate ai futuri monaci, ma accogliessero anche i figli dei membri dell’aristocrazia. Si può dire che i romani abbiano lasciato all’Europa il programma delle arti liberali. Carlo Magno diede loro un ruolo di primo piano, ma ancora definito come privilegio sociale.

Dopo Carlo Magno l’Europa medievale fu tentata di unificarsi in diverse forme. La prima ebbe come intermediaria la Chiesa, che aveva adottato e tenuto in vita il sistema amministrativo istituito dai romani in tutti i territori in cui si erano installati. La circoscrizione più importante era la diocesi, che divenne la sede e il centro di governo della più alta personalità ecclesiastica, il vescovo. L’unità amministrativa era la parrocchia, che svolse una funzione importante quando in tutta l’Europa gli abitanti delle campagne si concentrarono in villaggi intorno alla chiesa e al cimitero (verso l’XI secolo). Tuttavia ogni tentativo di dominio, da parte laica come da parte ecclesiastica, non ebbe successo. Nella maggior parte dell’Europa la Chiesa sembrò in un primo momento nelle mani dei signori, che spesso nominavano vescovi e curati, ma tra la metà dell’XI secolo e quella del XII, quella che viene chiamata la riforma gregoriana, dal nome di papa Gregorio VII (1073- 85), mentre la liberò sostanzialmente dal dominio dei laici, non riuscì a far nascere una teocrazia, a differenza di quanto era avvenuto con l’Islam. Fu questa una caratteristica dell’Europa nel suo insieme: basandosi su una frase del Vangelo («bisogna dare a Dio ciò che è di Dio e a Cesare ciò che è di Cesare »), laici ed ecclesiastici vi vivevano in un modo abbastanza indipendente e questo permise all’Europa di non finire sotto il giogo di una tradizione ecclesiastica e religiosa e di potersi adattare all’evoluzione e, più propriamente, ai progressi materiali, politici, intellettuali compiuti dal mondo europeo. Si può dire che la battaglia della laicità in Europa sia stata vinta nel Medioevo, anche se questo può apparire paradossale, perché quello fu il periodo più religioso per l’Europa.

Anche un’altra personalità, il papa, non fu in grado di unificare l’Europa. Il vescovo di Roma ebbe inizialmente difficoltà a svincolarsi dal dominio del patriarca di Costantinopoli, perché Bisanzio restava la capitale teorica di un impero che continuava a chiamarsi romano, pur essendosi lasciato sottrarre tutto l’Occidente latino. In seguito il papa s’indebolì in una lotta costante con l’imperatore e nei conflitti talora sanguinosi con la popolazione romana. Dopo aver perso il prestigio a causa dei numerosi antipapi nominati dall’imperatore, dell’esilio ad Avignone e dello scisma che vide contrapposti due e perfino tre pontefici (nel XIV e XV secolo), pur essendo ufficialmente definito il sovrano dei fedeli del mondo intero, il papa non svolse nessun ruolo nella formazione dell’Europa.

Nemmeno l’imperatore lo svolse. Indebolito dalla secessione di questa o di quella regione, dalla ribellione quasi continua dell’Italia contro il suo potere, dall’effettivo affrancamento di regni come quello inglese e quello francese, che perfino con un re pio come Luigi IX (San Luigi) protestava violentemente contro le ingerenze della Santa Sede e dell’Impero nel proprio regno, l’imperatore conservò un ruolo puramente onorifico. È possibile considerare che un altro potere, soprattutto spirituale ma con una forte base materiale, abbia avuto un ruolo unificante. Si tratta del monachesimo, che però fu frammentato in diversi ordini e l’unificazione realizzata nell’ 817 ad Aix-la-Chapelle da Roberto il Pio non durò a lungo. L’ordine cluniacense, istituito alla fine dell’XI secolo, divenne una potenza pari a quella di uno Stato, ma, nonostante tutto, limitata, mentre con i frati mendicanti (domenicani e francescani) nel XIII secolo, il monachesimo ritornò a un’attività sì sociale, ma soprattutto religiosa e sostanzialmente urbana, e molte città europee ne portarono segni profondi secondo caratteristiche comuni.

La Chiesa aveva tentato di unire i cristiani europei in un’impresa che era nel contempo militare, politica e religiosa: le crociate. Si sa che queste alla fine si conclusero con una disfatta che impoverì pesantemente l’Europa di uomini e di risorse e che provocò più conflitti che intese tra i cristiani europei. Il solo successo, che però rispondeva a una logica sia geografica sia storica, fu la riconquista della penisola iberica, occupata in gran parte dai musulmani all’inizio dell’VIII secolo, e che comunque restituì all’unità europea tutto il suo territorio solo alla fine del XV secolo.

Occorre ricercare altrove l’Europa nel corso della sua formazione unitaria, che andava costituendosi sotterraneamente con la creazione e la diffusione di una civiltà comune senza una diretta traduzione politica. La riforma gregoriana aveva principalmente finalità ecclesiastiche, ma creò comunque alcune abitudini in parte nuove in tutta l’Europa, come il celibato dei preti e il rifiuto della simonia, cioè della vendita delle cariche ecclesiastiche. Analogamente, pur se la Chiesa e il laicato tendevano a prendere le distanze l’una dall’altro, i concili cosiddetti ecumenici, ma di fatto europei, che si tennero a partire dal IV secolo, abituarono i rappresentanti del clero a riunirsi non solo in quanto esponenti del mondo ecclesiastico, ma anche in quanto europei. Nel periodo in cui il mondo si modernizzava e in cui si attuava quella che ho definito «la discesa dei valori del cielo sulla terra», si svolsero a Roma, al Laterano, quattro concili ecumenici (dei quali il più importante fu quello del 1215, che stabilì le regole del matrimonio e della confessione) e i due concili di Lione (1245 e 1274). Due principali fenomeni caratterizzarono in Europa il periodo che si ha l’abitudine di chiamare feudale, in particolare i secoli XI e XII. Una è quella che Pierre Toubert ha definito “incastellamento”, con il riunirsi dei signori e dei villaggi in castelli o città fortificate, l’altra è quella che Robert Fossier ha chiamato “inurbamento”, con il serrarsi di una popolazione crescente all’interno delle città, e un aumento delle attività, dell’importanza e del numero di abitanti.

Nel corso del Medioevo furono soprattutto alcune opere colte e particolari istituzioni scolastiche a formare gli elementi essenziali di una civiltà comune europea. L’opera colta era l’enciclopedia. Il Medioevo europeo, in particolare il XIII secolo, fu un’epoca di enciclopedie. Già nel VI secolo c’era stata l’enciclopedia “Etimologie” del vescovo spagnolo Isidoro di Siviglia; nel XIII secolo un insieme di testi, i più famosi dei quali furono quelli dell’inglese Barthelemy, “Della proprietà delle cose”, in latino, e quella dell’italiano Brunetto Latini, maestro di Dante, redatta in francese.

L’istituzione scolastica era l’università, che riuniva maestri e studenti, costituendo facoltà che insegnavano dovunque le arti liberali venute dal passato romano e che realizzavano una specie di propedeutica: erano in numero di sette, tre inferiori, grammatica, dialettica e retorica, e quattro superiori, geometria, aritmetica, astronomia e armonia (la musica). Accanto alla Facoltà delle arti, che si ritrova in tutte le università, in alcune città ne nacquero altre più specializzate. Quella di teologia divenne caratteristica dell’Università di Parigi; quella di diritto più famosa era a Bologna, dove era attiva dalla seconda metà del XII secolo, essendo la prima università europea; la Facoltà di medicina fu per esempio dominante a Montpellier. Le università furono una creazione essenziale per l’Europa, diffondendosi gradualmente in tutto il mondo cristiano. Nel XIII secolo, in Francia a Parigi, poi a Tolosa e Montpellier, in Inghilterra a Oxford e a Cambridge, in Spagna a Salamanca, in Portogallo a Coimbra. Praga, in Boemia, nacque nel 1347, Heidelberg in Germania nel 1385, Cracovia in Polonia nel 1364, St. Andrews in Scozia nel 1413, Uppsala in Svezia nel 1477 e Copenaghen in Danimarca nel 1478.

Le università svolsero una funzione essenziale nella formazione dell’Europa. Prima con l’uniformità della loro costituzione e del loro funzionamento, poi con il nomadismo di docenti e studenti da una sede all’altra, a lungo favorito dal fatto che la lingua di tutte le università europee era il latino, ma che continuò in una certa misura anche dopo l’adozione delle lingue vernacolari (come ricorda attualmente il nome delle borse “Erasmus”). D’altra parte, questa diffusione delle università su tutto il territorio europeo contribuì a dare forme di ragionamento e di pensiero simili a tutti coloro che le avevano frequentate in qualsiasi paese europeo.

Spesso ci si dimentica che nel Medioevo era esistita un’Europa precedente a quella degli umanisti: l’Europa dei santi. Nel 1290 l’arcivescovo di Genova, Jacopo da Varagine, domenicano, pubblicò un catalogo di santi, la “Leggenda aurea”, che ispirò una devozione comune agli europei, e così dalla fine del XIII secolo ci fu anche un’Europa della leggenda aurea. Tra quei santi, probabilmente, il più presente dalla Polonia al Portogallo era san Martino, un legionario romano di origine ungherese, convertitosi al cristianesimo nel IV secolo, che divenne vescovo di Tours e che morì nel 397.

Aggiungiamo volentieri che tra i creatori dell’Europa si può contare anche uno dei capolavori della letteratura medievale. Si tratta della “Divina Commedia” dell’italiano Dante Alighieri, morto nel 1321, che esprime magnificamente i sentimenti più elevati e più profondi degli uomini e delle donne del Medioevo europeo, la loro coesistenza in un mondo che tenta di sfuggire all’Inferno per elevarsi al Paradiso e che coniuga l’amore di Dio con quello umano dell’uomo per la donna (Beatrice).

Il XV secolo fu probabilmente decisivo per l’affermazione dell’Europa. Oltre ai numerosi impulsi unitari ricordati, va anche citato ciò che mise in pericolo quell’unità. Una comunità si forma anche attraverso i cimenti, e ne esce vincente se sa trasformare una divisione in una diversità. L’Europa doveva quella divisione all’Impero romano e all’antichità: era la contrapposizione tra un Occidente che parlava latino e un Oriente che parlava greco. In questo elenco di date che procedono verso l’unificazione, ce ne sono altre che sembrano segnare se non un arretramento, almeno una sconfitta. Tale fu la grande separazione che sembrò definitiva, nel 1054, tra un cristianesimo latino occidentale e uno greco orientale, detto ortodosso. Tra l’Europa dell’ovest e quella dell’est, la storia doveva portare ancora una grande prova nel XX secolo, con la costituzione del mondo comunista. Oggi, però, l’Europa antica, per metà latina e per metà greca, è davvero l’antenata di una Comunità europea che trascende le lingue e le religioni. Anche se il cristianesimo resta per l’Europa medievale il grande elemento di unità, bisogna sottolineare che dopo la difficile prova nel XIV secolo dello scisma della Chiesa cristiana tra due o tre papi, l’Europa seppe ritrovarsi tutta intera ai concili di Costanza (1414-18) e di Basilea (1431-37).

Anche elementi in apparenza negativi possono contribuire all’affermazione di una comunità. È il caso delle conseguenze della pressione turca verso l’Europa. I turchi presero definitivamente Costantinopoli nel 1453. L’Europa si trovò così tragicamente, ma in un certo modo positivamente, amputata dell’Impero bizantino, con il quale aveva sempre intrattenuto relazioni difficili.

Indichiamo poi due testi del XV secolo che dimostrano come la coscienza europea si sia ormai affermata, anche se l’Europa concretamente resta divisa. Paradossalmente è un sovrano eretico, il re hussita di Boemia, Giorgio di Podebrad, a redigere nel 1462 un progetto di Europa unita: è il progetto più antico del genere.

Di converso, papa Pio II (Enea Silvio Piccolomini), un erudito umanista senese, scrisse nel 1458 un trattato che intitolò “Europa”. L’autore ne era il capo religioso e, ancora paradossalmente, fu un papa che diede per la prima volta a un libro quel nome che avrebbe indicato poi in modo ufficiale un mondo laico.


[1] K. Modzelewski, L’Europe des barbares. Germains et slaves face aux heritiers de Rome, Aubier, Parigi 2006.