Agostino Giovagnoli

Agostino Giovagnoli

insegna Storia contemporanea all’Università Cattolica di Milano.

Tramonto dell’antifascismo e resa delle classi dirigenti italiane

Nell’Italia del 2018 il fascismo è tornato a essere un problema: azioni violente compiute da militanti fascisti, propaganda da parte di organizzazioni fasciste, apologia di fascismo più o meno esplicita ecc. È accaduto con l’aggressione di Como contro volontari che si occupano di accoglienza agli immigrati; a Macerata, quando qualcuno ha sparato indiscriminatamente contro gli stranieri; a Rimini, con i simboli del ventennio esibiti senza censure e via dicendo. È inevitabile chiedersi se istituzioni, forze politiche, società italiana siano diventate troppo tolleranti o addirittura abbiano abbassato la guardia nei confronti del fascismo. Da quasi un secolo in Italia fascismo è sinonimo di illibertà e antifascismo di democrazia. L’attuale declino dell’antifascismo coincide con un declino della democrazia nel nostro paese?

La fine della funzione costituente dei partiti

A settanta anni di distanza, l’esperienza dell’Assemblea costituente conserva grande fascino. Appare un esempio cui continuare a ispirarsi. Sorprende, in particolare, la capacità che ebbero allora i partiti di accantonare calcoli angusti e interessi limitati, superando fortissime contrapposizioni ideologiche per realizzare un “compromesso costituzionale” di grande respiro. Ne è scaturita una Costituzione che ha mantenuto nel tempo notevole vitalità, sopravvivendo alla scomparsa delle forze che lo hanno generato. Ma la memoria della fase costituente pone oggi un problema scomodo. L’accordo tra i partiti che ha portato alla Costituzione ha rappresentato l’espressione più alta di una democrazia consensuale che in Italia è stata abbandonata dall’inizio degli anni Novanta. È subentrato un bipolarismo aspramente conflittuale e poco compatibile con la funzione costituente dei partiti. Con questo problema è necessario misurarsi, se si vogliono ricordare la Costituente e la Costituzione in modo non meramente celebrativo o retorico.

Luigi Sturzo: “il Mezzogiorno salvi il Mezzogiorno!”

L’intervento di Luigi Sturzo che qui viene riproposto, svolto nel 1923 in occasione del quarto anniversario della fondazione del Partito popolare italiano, ripercorre le direttrici di quello che, a giudizio dello stesso autore, può divenire il “programma del risorgimento meridionale”: un’opera lunga, faticosa, che sta solo ai cittadini del Mezzogiorno realizzare contando sulla spinta offerta dall’evento storico dell’Unità d’Italia.

Chiesa e cattolici nella Seconda Repubblica

Nelle diverse stagioni della storia dei rapporti tra Stato e Chiesa in Italia, oltre alle relazioni di vertice tra le due isti­tuzioni è stato rilevante il maggiore o minore coinvolgimen­to dei cattolici nella costruzione della convivenza civile. E la “pace religiosa”, cioè lo sviluppo di rapporti positivi tra Sta­to e Chiesa, si è affermata in stretto rapporto ad una “lai­cità condivisa”, e cioè non all’intensificazione del conflitto tra clericali e anticlericali ma piuttosto al superamento de­gli “storici steccati tra guelfi e ghibellini”, secondo la nota espressione degasperiana. Nella Prima Repubblica, caratte­rizzata da un forte coinvolgimento dei cattolici nella vita politica, c’è stata sia pace religiosa sia laicità condivisa, men­tre nella Seconda Repubblica, contraddistinta da una loro sostanziale marginalità, sono tornate ad emergere tensio­ni tra Stato e Chiesa e si registra una crisi della laicità.

Partito Democratico e nuova laicità

Il dibattito sul nuovo Partito Democratico si è intrecciato negli ultimi mesi con il problema del rapporto di questa nuova formazione politica con la tradizione e i valori cristiani. Ma, in Italia, dire cristianesimo significa dire Chiesa cattolica, scriveva De Gasperi, ed è inevitabile che anche oggi i due aspetti si intreccino strettamente. Ne è scaturita una notevole varietà di prese di posizione, da Francesco Rutelli, che ha ricordato l’atteggiamento di Togliatti verso le istituzioni ecclesiastiche, a Livia Turco, che ha indicato la via di un rapporto con le realtà più vive e significative del mondo cattolico, e a Franco Monaco, che ha posto l’accento sulla dimensione personale e coscienziale del riferimento ai valori cristiani. Oppure da Pietro Scoppola e Giorgio Tonini, che hanno insistito sulla questione di un’ispirazione cristiana del nascente Partito Democratico, a Massimo Salvadori ed Emanuele Macaluso che hanno sottolineato gli effetti della secolarizzazione in Europa e affermato l’esigenza di fondare il nuovo partito su basi rigorosamente laiche. Ma si potrebbero ricordare anche tanti altri interventi, come quelli di Ranieri, Acquaviva e molti altri.

Religioni e fondamentalismi

Dopo l’11 settembre 2001, l’opinione pubblica internazionale ha guardato con maggiore attenzione al mondo delle religioni. Le religioni, sebbene talvolta attraverso semplificazioni non rispondenti alla realtà, sono state messe sul banco degli accusati o almeno chiamate a pronunciarsi in modo chiaro sui problemi posti dal fondamentalismo e dal terrorismo. Ne è seguito un significativo dibattito sulla funzione che le religioni possono svolgere nella società contemporanea. Nell’immediato, un riferimento forte ai principi di laicità e di democrazia ha accompagnato la denuncia del pericolo rappresentato dalle religioni e in particolare dall’Islam per la sopravvivenza degli Stati Uniti.