America Latina: innovazione e integrazione produttiva per continuare a crescere

Di Francesca D'Ulisse Martedì 02 Ottobre 2012 16:19 Stampa

Nonostante le esportazioni dei paesi latinoamericani abbiano subito nell’ultimo anno una leggera contrazione, l’America Latina è destinata a superare l’Europa per quanto riguarda i dati della crescita. Restano tuttavia da risolvere diversi problemi per colmare i ritardi accumulati nel processo di sviluppo, differenziare l’economia e assicurare redistribuzione economica e inclusione sociale.


In attesa dell’uscita del Rapporto sulle prospettive di crescita economica dell’America Latina per il biennio 2012-2013, la Commissione economica delle Nazioni Unite per l’America latina e i Caraibi (CEPAL) ha diffuso i dati dell’export della regione per il 2011 e il 2012.

L’analisi parte da una prima constatazione: i volumi delle esportazioni continueranno a crescere nel 2012 del 4% – tra il 1995 e il 2000 i valori medi dell’export furono del 20%, mentre nel 2011 il progresso era stato del 23% rispetto all’anno precedente – ma si sta assistendo a una loro progressiva contrazione cominciata nel secondo semestre del 2011. Le cause sono facilmente identificabili: l’attuale recessione europea, lo scarso dinamismo dell’economia nordamericana, il rallentamento della crescita cinese e in genere delle altre economie emergenti pesano sui bilanci delle aziende e sulle partite correnti dei singoli paesi e della regione nel suo complesso. Naturalmente, il trend non è uguale per tutte le subregioni del continente: nel 2012, il valore del commercio con l’estero del Messico e dei paesi centroamericani dovrebbe crescere sopra la media regionale (7,3% export e 5% import), mentre una tendenza opposta dovrebbe verificarsi per l’America del Sud (i cui valori dovrebbero essere 1,1% per l’export e 5% per l’import). A soffrire di più saranno i paesi caraibici che sono maggiormente legati alle ragioni di scambio con l’Unione europea (accordo fra l’UE e i paesi ACP che avranno un export negativo dello 0,7% e un aumento del 2,1% delle importazioni.

Il Rapporto CEPAL dedica un interessante capitolo ai profili qualitativi e quantitativi dell’export latinoamericano che aiutano a comprendere meglio il perché dei ritardi accumulati negli anni rispetto ad altre aree del mondo. L’export della regione, infatti, è ancora pesantemente dominato dai prodotti primari. In particolare, nel 2011 le vendite di petrolio hanno pesato per il 50% del totale della regione, seguite da quelle di altre materie prime come rame e ferro. Le principali imprese attive nell’export, infatti, sono per lo più legate alle risorse naturali: PDVSA (Petróleos de Venezuela), PEMEX (Petróleos Mexicanos), Petrobras e Ecopetrol al petrolio e la gas, Vale e Codelco (Corporación Nacional del Cobre de Chile) ai minerali. Si regista, inoltre, una concentrazione eccessiva dell’export in poche e grandi imprese, come quelle appena menzionate, mentre soffrono in questa fase quelle di piccole e medie dimensioni. Non solo. Nella maggior parte dei paesi latinoamericani, la percentuale delle imprese che esportano è inferiore al 2% e tra queste predominano le aziende che vendono “un solo prodotto a un solo mercato”. Da un’analisi di 108.000 imprese di dieci paesi della regione, il 36% si trova in questa situazione. Insomma, oltre al fatto di esportare poco, la regione vende pochi prodotti e in pochi mercati.

Per migliorare questi dati, il Rapporto ritiene urgente promuovere processi di innovazione, migliorare la competitività e lavorare all’internazionalizzazione delle imprese. È necessario, inoltre, potenziare le relazioni commerciali regionali che ancora si attestano a meno del 20% del totale e che sono il principale motore per unire alla crescita economica una redistribuzione della ricchezza e quindi quei processi d’inclusione sociale che sono tra gli obiettivi strategici del continente.

Allo stesso modo, è imprescindibile arrivare a un’integrazione produttiva su scala continentale che agisca sulla quantità e sulla qualità dell’export: nonostante proprio il 50% di beni intermedi sia scambiato tra i paesi della regione, il peso di questi stessi prodotti nell’export è soltanto del 10%! La soluzione, non facile, è quella di creare un ambiente favorevole a una maggiore integrazione produttiva tra le economie della regione. In questo senso, è necessario attivare un migliore coordinamento delle imprese esportatrici, creare infrastrutture fisiche e di connettività e sostenere i processi di internazionalizzazione delle piccole e medie imprese. In altri termini, l’analisi della CEPAL mette in luce che l’obiettivo strutturale di una crescita con uguaglianza si può ottenere soltanto attraverso un maggiore coordinamento delle politiche macroeconomiche, industriali e commerciali.

Oltre al miglioramento del commercio intraregionale, il Rapporto guarda a una relazione più intensa con l’area dell’Asia e del Pacifico come a un volano di sviluppo essenziale. Almeno fino al 2017, i paesi in via di sviluppo rappresenteranno i due terzi della crescita mondiale e attireranno più della metà dei flussi di investimenti esteri diretti. Secondo il Fondo monetario internazionale, nei prossimi cinque anni l’Asia sarà la fonte di quasi la metà della crescita mondiale (la Cina peserà per il 28,8%, il Giappone per il 2,6% e il resto dell’Asia per il 20,5%) e l’America Latina supererà l’Europa occidentale con l’8,3% di crescita contro l’8%.

In questo mondo “sottosopra”, entro il 2020 il commercio Sud-Sud sorpasserà quello Nord-Nord e l’America latina dovrà attivarsi per non soccombere alla forza produttiva dell’Asia.

Come la regione svilupperà una strategia regionale verso la Cina e il resto dell’Asia-Pacifico senza snaturare il contenuto della propria agenda economica e commerciale; come saprà consolidare un trend positivo di crescita, migliorando l’export e perseguendo l’obiettivo dell’uguaglianza e dell’inclusione sociale con uno sguardo attento alla sostenibilità ambientale: saranno questi i contenuti dell’agenda economica su cui si misureranno i governi e le organizzazioni regionali del continente. Le soluzioni su cui la CEPAL invita a lavorare rilanciano una nuova e rinnovata presenza dell’America Latina nel commercio internazionale: non più un’attenzione spasmodica alla riduzione dei salari e alle produzioni a basso valore aggiunto ma ricerca, innovazione, uso di nuove tecnologie e creatività come parole d’ordine per la competizione nel terzo millennio. Non vale lo stesso anche per la nostra Europa?

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