I naufraghi della civiltà dell’accoglienza

Di Italianieuropei Giovedì 07 Aprile 2011 18:00 Stampa
I naufraghi della civiltà dell’accoglienza Foto: Gianluca Di Girolami


Alle quasi 26.000 persone che, secondo quanto ci dice il ministro Maroni, sono sbarcate sulle nostre coste dall’inizio dell’anno, probabilmente non si aggiungeranno mai quei 250 uomini, donne e bambini ora dispersi, che si accalcavano sul barcone naufragato ieri notte nel Canale di Sicilia.

Andranno invece a sommarsi alle migliaia di disperati – di cui è pressoché impossibile calcolare con precisione il numero – che negli ultimi venti anni hanno lasciato le coste nordafricane per non raggiungere mai l’agognata Europa, luogo della promessa, o forse solo della speranza di un futuro migliore.

Migliaia di vite spezzate nella sostanziale indifferenza di un’opinione pubblica troppo presa dalla sua quotidianità, incline a liquidare troppo frettolosamente questi episodi come l’ennesima, inevitabile tragedia.

I morti annegati nel canale di Sicilia non sembrano scalfire il nostro piccolo mondo. O almeno non tanto quanto quelli che sono riusciti ad arrivare e che, per strumentali ragioni di propaganda, ci vengono descritti come una pericolosa minaccia alla nostra sicurezza, al nostro benessere, alla nostra civiltà. Una civiltà, quella cristiana ed europea, che vede la solidarietà e l’accoglienza fra i suoi valori costitutivi ma che poi, anche in questo caso distrattamente, non disdegna di “ospitare”, rinchiudendole, persone che fuggono dalla guerra, dalla miseria, dalle malattie, dalla fame.

Finalmente, dopo esitazioni e ritardi scandalosi e incomprensibili se non in chiave di propaganda elettorale, il governo italiano ha scoperto di avere in mano uno strumento per, quantomeno, fare fronte alla prima fase dell’emergenza: quei permessi di soggiorno temporaneo che permetteranno ai migranti arrivati nelle scorse settimane di muoversi nell’area Schengen e di ricongiungersi così alle famiglie, agli amici, ai conoscenti che in molti casi già vivono sul territorio europeo. Scatterebbe così anche un obbligo di solidarietà dell’Europa, e speriamo che questa volta l’Europa sappia fare la sua parte.

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