Elezioni presidenziali in Venezuela: la vittoria “debole” di Maduro

Di Gianandrea Rossi Venerdì 19 Aprile 2013 17:17 Stampa
Elezioni presidenziali in Venezuela: la vittoria “debole” di Maduro Foto: Joka Madruga

Le elezioni della scorsa domenica in Venezuela hanno apparentemente sancito la vittoria del delfino di Chávez, Nicolás Maduro. Tuttavia, il lieve scarto di voti con lo sfidante Henrique Capriles e le accuse di brogli e irregolarità hanno imposto il riconteggio dei voti. Qualunque sia il risultato finale, le elezioni hanno fotografato un paese profondamente spaccato.


L’esito delle elezioni presidenziali del 14 aprile scorso apre nuovi e inattesi scenari in Venezuela. La forte polarizzazione interna che caratterizza oggi il paese, dopo la vittoria di Chávez nella precedente tornata elettorale, tenutasi il 7 ottobre 2012 (che aveva visto l’ormai defunto presidente vincere con il 55% dei voti e con uno scarto ridotto al “solo” 11% circa sul suo rivale), si è espressa nel risultato della scorsa domenica, certificando una distanza tra Henrique Capriles, il candidato dell’opposizione, e Nicolás Maduro, delfino del leader scomparso, di appena 250.000 voti e offrendo al mondo l’immagine di un paese chiaramente spaccato.

Infatti, secondo i dati ufficiali forniti dal Consejo Nacional Electoral (CNE), già diffusi nella tarda notte di domenica, Nicolás Maduro avrebbe vinto le elezioni con il 50,47% delle preferenze (7.559.349 voti) contro il 48,98% (7.296.876 voti) raccolti da Henrique Capriles, candidato della Mesa de Unidad Democrática (MUD). L’astensione complessiva si è ridotta attorno al 20,16%, mentre alle ultime elezioni era stata del 19,06%.

La prime giornate post elettorali sono trascorse in un clima di forte tensione, dovuto al rifiuto della MUD di accettare il risultato proclamato dal CNE, a cui Henrique Capriles ha anche formalmente chiesto, subito dopo le elezioni, di avviare il riconteggio di tutti i voti. Secondo le denunce dell’opposizione infatti vi sarebbero stati numerosi episodi di brogli e irregolarità, che soltanto attraverso un confronto tra il dato elettronico e le schede effettivamente votate potrebbe essere portato alla luce. Secondo quanto dichiarato dallo stesso Capriles, potrebbero esservi oltre 300 mila voti a suo favore che non risulterebbero nello scrutinio elettronico. «Il conteggio potrebbe dimostrare facilmente la vittoria di Capriles» hanno affermato fonti della MUD, forte di 3200 casi esemplari denunciati, considerati come prove delle irregolarità, e delle denunce di malfunzionamento di 535 terminali per il voto (attraverso cui sono transitati circa 190.000 voti). Dopo quattro giorni di polemiche e tensioni il CNE, pur ribadendo l’ufficialità dei dati diffusi, ha deciso di accettare la richiesta dell’opposizione e di verificare il 100% dei voti, e non soltanto il 54%, come previsto dalla legge elettorale. Capriles ha espresso la propria grande soddisfazione, dichiarando di “accettare” la decisione assunta dal CNE, proprio alla vigilia della cerimonia di insediamento di Nicolas Maduro (fortemente contestata dall’opposizione che non ha partecipato all’atto celebrato in Parlamento, cui hanno preso parte invece Dilma Rousseff, “Pepe” Mujica e Mahmud Ahmadineyad), ponendo così fine ad alcune giornate di forte tensione, che hanno provocato 8 morti, 61 feriti e oltre 250 arresti.

Le difficili giornate che hanno seguito il voto hanno anche evidenziato la forte spaccatura del paese. Durante il suo primo discorso da presidente eletto, Maduro ha da un lato sottolineatola forte continuità con il passato del suo prossimo mandato, che scadrà nel 2019: «io sono il figlio di Chávez, sono chavista, sono il primo presidente chavista dopo Chávez, e sono chiamato a portare avanti il suo impegno nella protezione degli umili, dei poveri, della patria e dell’indipendenza, nel costruire il socialismo»; dall’altro ha assunto toni di accesa polemica con l’opposizione: «la maggioranza è la maggioranza (…) coloro che pretendono di offendere la maggioranza in democrazia di fatto stanno incitando a un golpe», ha ricordato il neoeletto presidente, in un discorso dai forti accenti, denso di richiami a Chávez, in cui ha esplicitamente accusato Capriles di condurre «una guerra sporca contro di lui». Quasi contemporaneamente, migliaia di manifestanti dell’opposizione si sono riuniti in piazza Altamira, nel municipio di Chacao, per appoggiare la richiesta di Capriles di riconteggiare i voti.

A confermare il pieno sostegno alle autorità venezuelane sono giunte a poche ore dal voto le parole di conforto di alcuni governi tradizionalmente vicini a Caracas, come quello cinese, quello russo e quello cubano. «Il capo dello Stato russo si è detto sicuro che sotto la guida di Maduro il Venezuela rafforzerà ulteriormente il partenariato strategico con la Russia» ha riferito il Cremlino in un comunicato ufficiale. Sulla stessa linea si è pronunciato il governo cinese. «Rispettiamo la scelta fatta dal popolo venezuelano» ha dichiarato in una conferenza stampa la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hua Chunying. Sulla stessa scia anche il tradizionale alleato di Chávez, l’iraniano Ahmadinejad, che dopo aver chiamato a poche ore dal voto il neoeletto presidente per congratularsi, ha annunciato il suo ritorno a Caracas per partecipare all’insediamento di Maduro.

Dall’America Latina sono arrivate parole di sostegno e solidarietà da molte capitali. Primo fra tutti Raul Castro ha celebrato la “vittoria trionfante” dell’erede di Hugo Chávez e ha sottolineato la “solidarietà e impegno” dell’isola nei confronti di Nicolás. «Questa vittoria decisiva e la vostra fedeltà al popolo garantiranno la continuità della Rivoluzione bolivariana e una reale integrazione della Nostra America» ha inoltre dichiarato Raul Castro nella lettera indirizzata ai cittadini venezuelani.

Stesso entusiasmo hanno mostrato i presidenti Evo Morales, Cristina Kirchner e Rafael Correa, soci dell’Alleanza bolivariana per le Americhe (ALBA), la Colombia di Manuel Santos e il Brasile di Dilma Rousseff, che in una telefonata ha manifestato al nuovo presidente «soddisfazione per il clima di normalità in cui si sono svolte le votazioni» e si è detta pronta a «lavorare con il nuovo governo venezuelano».

Più caute le reazioni del capo della delegazione di osservazione elettorale dell’UNASUR (Unión de Naciones Suramericanas), Chaco Álvarez, al momento della consegna del rapporto che verrà esaminato nei prossimi giorni. Álvarez ha ribadito l’importanza di «rispettare i risultati proclamati dal CNE e di incanalare tutte le eventuali operazioni di riconteggio nell’ambito del regolamento vigente». In un vertice convocato ad hoc a Lima, l’UNASUR ha poi deciso di accettare il pronunciamento del CNE che ammette il riconteggio dei voti.

Stessa prudenza è stata mostrata dall’Unione europea, che “prende atto” della vittoria del candidato di Chávez, ma sottolinea l’importanza di avere un risultato condiviso dopo le denunce dell’opposizione. «È importante che l’esito di un’elezione sia accettato da tutte le parti» ha detto Maja Kocijancic, portavoce dell’Alto rappresentante per gli affari esteri. «Se il Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) decide di fare un conteggio deve realizzarlo velocemente e con la massima trasparenza, soprattutto in considerazione del margine estremamente ristretto dei risultati» ha aggiunto. Tra le capitali europee, Madrid è stata protagonista di un veloce incidente diplomatico, legato alle prime dichiarazioni del ministro degli Esteri José Garcia-Margallo, critiche nei confronti del risultato, e successivamente rientrate nei ranghi formali del riconoscimento del risultato ufficiale proclamato (anche se una certa distanza sembra ormai evidente dopo l’annuncio che la Corona di Spagna non avrebbe partecipato all’insediamento).

Al di là del nodo legato al riconteggio dei voti, l’esito elettorale offre a ogni modo uno spaccato estremamente aggiornato della distribuzione del voto venezuelano. Il dato più impressionante è dato dallo spostamento di voti che ha ridotto di oltre 600.000 i consensi dell’erede di Chávez: a ottobre Chávez ottenne 8.190.000 voti circa, mentre Capriles ne conquistò 6.591.000.

Capriles vince in otto dei ventitre stati (Anzoátegui, Bolívar, Lara, Mérida, Miranda, Nueva Esparta, Táchira e Zulia), strappando cosi al chavismo sei stati in più rispetto allo scorso ottobre (a ottobre vinse solo a Tachira e Merida). Un segnale che mostra chiaramente le criticità legate alla candidatura stessa di Nicolás Maduro (e l’insostituibilità di Hugo Chávez) e alla percezione che la popolazione ha avuto del suo messaggio elettorale.

Nei fatti, anche se formalmente è il vincitore delle elezioni, Nicolás Maduro porta con sé una vittoria “debole” soprattutto in termini politici, dopo aver perso la sfida di mantenere compatti i tradizionali consensi messi insieme dal suo predecessore. Tra le cause di questa flessione, secondo alcune prime analisi, i toni particolarmente accesi di una campagna elettorale che, negli ultimi giorni, ha visto al centro dell’attenzione un eccessivo richiamo, ai limiti della trasfigurazione mistica, del presidente Chávez, più che i bisogni sempre più urgenti di varie fasce della popolazione, esasperate dalla crisi finanziaria e dai problemi economici e sociali che affliggono il paese. Temi su cui ha invece particolarmente insistito Henrique Capriles nella sua campagna, ripresentatosi dopo soli sei mesi di nuovo come sfidante del chavismo, con una proposta di programma coerente con la campagna già fatta lo scorso ottobre e consolidata attraverso un messaggio unitario (garantito dal perdurare dell’alleanza della MUD), incentrato sulle criticità prodotte dai molti anni di presidenza di Chávez e sull’ambiguità della gestione degli ultimi passaggi istituzionali succeduti alla morte di Chávez (dapprima con il mancato giuramento di Chávez lo scorso 10 gennaio e successivamente con la designazione di Maduro come reggente dopo la morte del presidente, in violazione dell’articolo 233 della Costituzione).

A conferma delle difficoltà interne emerse nel blocco di potere che Chávez aveva tentato di mantenere unito designando come suo successore Maduro lo scorso dicembre alla vigilia della sua ultima operazione, le dichiarazioni rilasciate via Twitter, poche ore dopo il voto, dal presidente dell’Assemblea Nacional, Diosdado Cabello, l’altra figura chiave dell’eredità chavista, vicina ai militari e più lontana dall’influenza cubana. Cabello ha subito approfittato dell’inatteso risultato elettorale per invitare il chavismo a riflettere, “facendo autocritica”, rispetto alla contraddizione che «i poveri votino per i loro sfruttatori». Queste dichiarazioni, sono state “riprese” poche ore dopo nel discorso che Maduro ha pronunciato non appena proclamato come presidente eletto dal CNE. «Occorre fare autocritica, giusta e senza flagellarci, e costruire una nuova forza» ha dichiarato. «Dobbiamo formare un nuovo governo, penseremo bene a cosa fare, ora per il momento confermo Jorge Arreaza come vicepresidente di questo governo» ha dichiarato il neopresidente.

In questa situazione di incertezza e forte tensione, si potrebbe forse delineare l’avvio di un nuovo percorso per il paese, che potrebbe obbligare le varie anime della maggioranza a dialogare individuando un nuovo percorso per il futuro, costrette peraltro dalla necessità di impostare un nuovo rapporto con un’opposizione che, nonostante i suoi tradizionali limiti, sembra ormai aver consolidato il suo ruolo per il futuro del paese dopo il percorso avviato con la MUD (in occasione delle elezioni legislative del 2010 e proseguito con le primarie dell’anno scorso in vista della selezione del candidato presidente per le elezioni presidenziali del 2012).

A tale dialogo sembrerebbe ispirarsi la scelta del CNE di autorizzare il riconteggio dei voti, che ha coinciso con un immediato arresto delle violenze (dopo gli scontri delle ultime ore), già anticipata dalla scelta di Capriles di cancellare una marcia verso gli uffici del CNE che, secondo alcune fonti, avrebbe offerto nuove occasioni di scontri. Nella stessa direzione vanno i reiterati appelli alla non violenza e alla pace fatti dal coordinatore della MUD, Ramón Guillermo Aveledo, che ha ricordato più volte il carattere democratico e pacifista delle rivendicazioni avanzate. Nel prossimo futuro, si profilano importanti appuntamenti che potrebbero segnare le tappe di questo dialogo imposto dall’esito delle urne. Innanzitutto le elezioni amministrative di luglio, mentre tra meno di diciotto mesi, nel 2015, le elezioni legislative, che potrebbero portare a un ulteriore indebolimento dell’attuale maggioranza “chavista”; infine, se il dialogo non dovesse consolidarsi, l’ipotesi del referendum revocatorio, ammessa dopo quattro anni di mandato.

 

 


Foto: Joka Madruga