Più forte è meglio? La vittoria di Angela Merkel e lo spazio per politiche social(democratiche)

Di Benjamin Wilhelm Martedì 24 Settembre 2013 17:24 Stampa

I risultati delle elezioni federali tedesche hanno confermato le previsioni regalando alla Cancelliera tedesca e alla sua CDU/CSU una schiacciante vittoria. La scomparsa della FDP dal Bundestag, per la prima volta dalla nascita della Repubblica federale, priva però il partito di centrodestra del suo alleato, costringendo Angela Merkel a guardare a sinistra. Nonostante la sconfitta elettorale dei socialdemocratici, dunque, c’è ancora spazio per imprimere una svolta a sinistra alla politica tedesca, soprattutto nel welfare.


Angela Merkel ha vinto le elezioni. La CDU – così come la CSU in Baviera – ha ottenuto la maggioranza dei voti in tutto il paese e in tutto l’elettorato, a prescindere dalla regione di residenza, dall’età, dal livello di istruzione o dal genere degli elettori presi di volta in volta in considerazione. In sostanza la CDU/CSU ha ricevuto di gran lunga la maggioranza dei voti da ogni categoria sociale. Con il 41,5% dei voti, i cristiano democratici sono a soli 5 seggi dalla maggioranza assoluta.

Peer Steinbrück non poteva vincere le elezioni. I socialdemocratici, che hanno conquistato il 25,7% dei voti, non si sono ancora rimessi dalla sconfitta del 2009. Sebbene negli ultimi giorni della campagna elettorale il Partito Socialdemocratico Tedesco abbia guadagnato consensi, la SPD non è riuscita a ottenere che il 2,2% dei voti in più rispetto a quattro anni fa.

I liberali hanno decisamente perso le elezioni. Per la prima volta nella storia della Repubblica federale, la FDP non sarà avrà alcun membro nel Bundestag. Apparentemente, i liberali non sono stati in grado di mantenere le promesse fatte prima dell’ultima tornata elettorale.

Gli euroscettici hanno quasi trionfato. Il partito Alternativa per la Germania (AfD) ha ottenuto il 4,7% delle preferenze. Appena lo 0,1% in meno dei liberali e con soli 0,3 punti percentuali dal poter entrare in Parlamento.

Il Partito Verde si sta riducendo rispetto alle aspettative. Con l’8,4%, i Verdi costituiranno (di nuovo) il gruppo più piccolo al Bundestag. Potrebbero peraltro inciampare di nuovo in alcune delle posizioni assunte nei primi anni Ottanta, come quando fazioni interne al partito avevano promosso la legalizzazione del sesso consensuale con minori.

Infine, il partito di sinistra, Die Linke, si è “sistemato”. Conquistando l’8,6% dei voti e, sebbene abbia perso il 3,3% rispetto alle elezioni del 2009, Die Linke è sempre meno un partito con una base esclusivamente in Europea orientale.

Queste sono le cifre. I fatti sono che Angela Merkel ha vinto le elezioni, ma ha perso la sua coalizione. Per questa ragione le prossime quattro settimane saranno l’occasione per nuove politiche in Germania, ma anche per molte speculazioni, giochi politici e riconfigurazioni dello staff. Ciò che al momento sembra essere sicuro, e poco importa quali saranno i risultati dei negoziati, è che ci sarà più spazio per idee socialdemocratiche (effettivamente realizzabili) nella discussione. Angela Merkel, infatti, deve trovare i suoi partner nella parte sinistra dello spettro politico tedesco. Questo nuovo orientamento implica cambiamenti su diversi piani.

L’introduzione di un salario minimo federale (di almeno 8,50 euro all’ora) è una questione fondamentale per tutti i partiti, con l’eccezione della CDU/CSU. Una questione che sarà al centro dei negoziati. Tutti i partiti rappresentati nel nuovo Parlamento si oppongono poi alle dichiarazioni del centrodestra che non ci sarà alcun aumento delle tasse. La Energiewende – il passaggio dall’energia nucleare e da quella di origine fossile alle fonti rinnovabili – sta avendo un impatto sull’industria tedesca a causa dell’aumento del prezzo dell’energia. In questo caso i socialdemocratici hanno una posizione più scettica, dovuta agli oneri che peserebbero sui datori di lavoro, e, di conseguenza, si trovano in accordo con le richieste dei sindacati volte a proteggere i posti di lavoro. I Verdi, invece, sono decisamente in favore di una transizione veloce e coerente all’energia solare ed eolica, mentre sono assolutamente contrari a fornire sussidi alle energie di origine fossile o a esentare l’industria ad alta intensità energetica (produzione di acciaio e alluminio).

A dire la verità, su questi temi – aumento della pressione fiscale per i redditi più alti, investimenti nell’industrie innovative e una transizione senza intoppi del mercato del lavoro tedesco all’energia verde – la maggioranza di sinistra nel nuovo Bundestag condivide molte preoccupazioni . Eppure, essa non costituisce ancora un’alternativa. Almeno per il momento.

Il successo di Angela Merkel, infine, è in linea con le inquietudini dell’opinione pubblica tedesca sulle difficoltà ancora in atto nella zona euro.

L’eccezionale risultato degli euroscettici (che si stanno già preparando alle elezioni europee del 2014) costituisce un’altra espressione di queste preoccupazioni. Per questo sarebbe arduo per i socialdemocratici includere nel proprio programma le attuali posizione di Die Linke su questioni come gli eurobonds, un Piano Marshall per l’Europa o la riduzione del debito dei paesi vulnerabili della zona euro (per non parlare della sua opposizione all’appartenenza alla NATO, ad altre alleanze militari e alle missioni ONU).

Tutto sommato, sono dei risultati elettorali interessanti. I soliti sospetti non hanno una maggioranza decisiva in Parlamento (CDU/CSU e FDP versus SPD e Verdi) e, secondo i sondaggi, l’elettorato tedesco è fortemente in favore di una nuova Grosse Koalition tra i cristiano democratici e i socialdemocratici. La collaborazione fra il 2005 e il 2009 ha lasciato un buon ricordo, in netto contrasto con la ben più difficile costellazione offerta dalla coalizione fra cristiano democratici e liberali (reciproche offese come Gurkentruppe – truppe di cetrioli – e Wildsau – porci – sono ormai quasi diventate patrimonio culturale). Comunque, Angela Merkel – per quanto convincente la sua posizione possa apparire al momento – deve ancora raggiungere gli altri partiti e la posizione che potrebbe risultare da questi negoziati potrebbe non essere così dominante come apparirebbe dal numero di seggi in Parlamento. C’è ancora spazio per dei cambiamenti politici e c’è ancora spazio per un governo socialdemocratico.

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