Il BES: per una nuova costituzione statistica

Di Luciano Canova Venerdì 05 Aprile 2013 14:30 Stampa
Il BES: per una nuova costituzione statistica Foto: Nic McPhee

La complessità del presente esige un misuratore della ricchezza più articolato e raffinato del PIL. Per questo nasce il BES (Benessere Equo e Sostenibile), che si propone di catturare lo stato di benessere di un paese per mezzo dell’integrazione di 12 differenti dimensioni: salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, benessere soggettivo, ambiente, paesaggio e patrimonio culturale, qualità dei servizi, sicurezza, politica e istituzioni, ricerca e innovazione.


Nel 2008, il governo Sarkozy istituì una commissione che riuniva, al suo interno, premi Nobel come Joseph Stiglitz e Amartya Sen. L’obiettivo era quello di suggerire il superamento della visione tradizionale della contabilità nazionale, proponendo l’applicazione di un approccio integrato: non più un unico numero (come, ad esempio, il PIL) utilizzato come mantra litanico da ogni policy maker incaricato di definire un progetto di sviluppo, ma un set di indicatori afferenti a più dimensioni. L’OCSE, sull’onda di quanto indicato dal Rapporto della Commissione, lanciò nel 2010 la Better Life Initiative e, con spirito decisamente affine, l’Italia ha presentato, l’11 marzo scorso a Roma, il primo Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (BES), un progetto coordinato dall’ISTAT e dal CNEL. Il presidente Enrico Giovannini, fresco di nomina nella commissione dei “saggi” creata da Napolitano per risolvere lo stallo istituzionale del nostro paese, parla giustamente di una svolta importante, che ha l’obiettivo di realizzare una nuova “costituzione statistica”.

Il tema in oggetto non è affatto banale e ha rappresentato, sopratutto dopo le consultazioni elettorali, un punto importante del dibattito tra le forze politiche anche del nostro paese. Anche il responsabile economico del Partito Democratico si è espresso al riguardo: “Con l’indicatore del benessere è stato fatto un passo importantissimo. Il BES in prospettiva deve essere l’indicatore di riferimento. Abbiamo bisogno di misurare la ricchezza in modo molto più articolato di quanto riusciamo a fare con il PIL. Il Parlamento, nel fare la valutazione macroeconomica di finanza pubblica delle leggi ex ante prevista per legge, dovrà organizzarsi per formulare delle valutazioni che abbiano a riferimento questo nuovo parametro di misurazione”.

Ma che cos’è il BES? L’idea è semplicemente quella di sostituire un numero con un altro? O la faccenda è un po’ più complessa, in un contesto dove gestire la complessità diventa sempre più raro?

Il BES non si propone di catturare lo stato di benessere di una nazione attraverso un solo indicatore, ma per mezzo dell’integrazione tra più dimensioni e statistiche. È una vera e propria rivoluzione copernicana: non più l’ossessione monocorde di una politica ispirata al raggiungimento di un numero, ma una serie di numeri robusti scientificamente e messi al servizio, piuttosto, di una politica efficace nel perseguire i suoi obiettivi. È un radicale mutamento, insomma, della visione della società e del progresso, tanto più nel bel mezzo di una recessione grave come quella in cui siamo ancora immersi.

Come è riportato dagli stessi documenti ufficiali, “La crisi economica degli ultimi cinque anni sta mostrando i limiti di questo modello, accentuando le disuguaglianze tra classi sociali, le profonde differenze territoriali e riducendo ulteriormente la già scarsa mobilità sociale. In questo arco di tempo alcuni segmenti di popolazione e certe zone del paese sono stati particolarmente colpiti sia dalla riduzione dei posti di lavoro (la percentuale degli individui in famiglie senza occupati è passata, tra il 2007 e il 2011, dal 5,1% al 7,2%, con una dinamica più accentuata tra gli under 25, per i quali è cresciuta dal 5,4% all’8% e nel Mezzogiorno, dove dal 9,9% si è passati al 13,5%), sia dalla diminuzione del potere d’acquisto, che tra il 2007 e il 2011 si è ridotto del 5%”.

Il BES aggrega 12 dimensioni del benessere: salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, benessere soggettivo, ambiente, paesaggio e patrimonio culturale, qualità dei servizi, sicurezza, politica e istituzioni, ricerca e innovazione. Per ciascuna di queste dimensioni, è stato fatto un lavoro attento di ricognizione all’interno della letteratura scientifica, andando a individuare i principali indicatori in grado di dare una rappresentazione puntuale del livello e stato di quell’aspetto del benessere.

Sono evidenziati anche i limiti dell’attuale sistema di informazione statistica e le possibilità di ulteriori sviluppi futuri, perché il BES, più che offrire una rappresentazione numerica della realtà, parte dalla stessa per indicare un percorso di lettura e trasformazione del contesto socioeconomico di riferimento. Un sistema di indicatori wiki per una politica sempre più fine tuned.

La sfida è tanto ambiziosa quanto necessaria: krisis, in greco, significa anche scelta. Se la statistica è la dieta con cui informare la società dei suoi obiettivi e fini ultimi, qual è il nutrimento migliore che scegliamo per promuovere il progresso economico e sociale?


Foto: Nic McPhee

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