Leila e lo sciopero negli occhi

Di Francesco Zippel Martedì 12 Luglio 2011 11:06 Stampa

Si dice che Pier Paolo Pasolini avesse ipotizzato di trasferirsi a vivere in Marocco, in una zona ancora non “toccata” dalla modernità. Vedendo “La Source des Femmes” si ha la sensazione che Pasolini sarebbe rimasto affascinato da quei luoghi e da quella realtà arcaica in ebollizione, prossima a quella che sarebbe diventata la “rivoluzione araba”.

 

Si dice che Pier Paolo Pasolini, nei suoi ultimi anni di vita, avesse ipotizzato di trasferirsi a vivere in Marocco, in una zona ancora non “toccata” dalla modernità e dai suoi nefasti eccessi. Vedendo “La Source des Femmes” si ha la sensazione che Pasolini sarebbe rimasto affascinato da quei luoghi e da quella realtà arcaica in ebollizione, prossima a quella che sarebbe diventata, nella scorsa primavera, la “rivoluzione araba”. Radu Mihaileanu deve aver fiutato preventivamente il cambio del vento in atto nel mondo arabo e ha deciso di trovare una chiave per raccontarlo. Amante del paradosso, il regista franco rumeno ha tuttavia scelto un approccio poco pasoliniano per descrivere tale mutazione. Sempre in bilico tra riflessione storica e trovate d’intrattenimento, Mihaileanu non opta in questo caso né per l’allegoria yiddish di “Train de vie” né per la “via balcanica al caos”, di chiara influenza kusturicana, de “Il concerto” per comporre i suoi “appunti arabi”. La chiave è molto europea, francese si potrebbe dire, intendendo una pratica assai diffusa nella Parigi in cui il regista risiede da anni. Gli uomini del villaggio non vogliono canalizzare l’acqua della fonte? Per quale motivo le donne devono mettere a repentaglio la propria salute sotto il sole cocente e tra rocce instabili andando a prenderla ogni giorno? Sciopero! Meglio fermarsi e contrapporre un’unica e semplice forma di ricatto alla protervia degli uomini. Niente sesso, imparate a rispettarci e poi ne riparliamo. In parole povere è questo l’inedito messaggio lanciato dalle donne del villaggio di Mihaileanu, capitanate dalla giovane e bellissima Leila. L’affronto è insostenibile tanto per i fondamentalisti quanto per la temibile suocera di Leila, che vivono diversamente male questo “allontanamento” dal focolare da parte delle donne. Mihaileanu colora la sua trovata narrativa soffermandosi sulle varie complicazioni che una tale “rivoluzione culturale” può portare in un contesto così piccolo e codificato, sebbene percorso da un “vento” capace di spostare in pochissimo  tempo equilibri millenari. Né Pasolini né tanto meno De Sica vengono scomodati dal regista rumeno in questo viaggio provocatorio nell’Islam e nella condizione femminile. Il suo è uno spunto, una suggestione di ciò che potrebbe accadere in un mondo dove molto viene dato per scontato. Guardando “La Source des Femmes” si ha la stessa sensazione che si può ottenere osservando una foto del National Geographic scattata in periodo di guerra in Medio Oriente. Si incrociano gli occhi bellissimi di una donna, ci si sofferma sul velo che le incornicia il volto per poi registrare l’arcaicità del background. Uno spunto dal grande impatto visivo che può suggerire evoluzioni di ogni genere, “movimenti dell’animo” che è possibile scorgere negli occhi di Leila, la piccola principessa della rivoluzione di Mihaileanu.

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