Elezioni amministrative in Spagna: inizia il dopo-Zapatero

Di Alfonso Botti Martedì 31 Maggio 2011 11:37 Stampa
Elezioni amministrative in Spagna: inizia il dopo-Zapatero Foto: Federación Socialista Asturiana

Il tracollo socialista alle elezioni amministrative del 22 maggio ha aperto una pagina nuova della storia del partito socialista spagnolo. Dopo la rinuncia di Zapatero a ricandidarsi nel 2012 la scelta è caduta su Alfredo Pérez Rubalcaba: i prossimi mesi ci diranno quanto profondo sarà il cambiamento.


Annunciato da tutti i sondaggi, il tracollo socialista alle elezioni amministrative del 22 maggio è giunto puntuale come i treni dell’Alta velocità spagnola. In termini assoluti i socialisti hanno perso circa un milione e mezzo di voti, i popolari ne hanno guadagnati seicentomila e Izquierda Unida duecentoventimila, mentre alla formazione centrista di Rosa Díez, Unión Progreso y Democracia (UP y D), che si presentava per la prima volta in questo tipo di competizioni, ne sono andati oltre quattrocentomila. In termini percentuali i socialisti sono stati sopravanzati dai popolari di circa 10 punti, toccando il fondo dei consensi dal ritorno della democrazia. Delle 13 (su 17) Comunità autonome in cui si è votato, hanno perso le 6 in cui erano al governo, mentre il PP ha incrementato i propri voti nelle rimanenti. L’astensione, solitamente alta in tutte le competizioni elettorali spagnole, non ha conosciuto significativi incrementi; la partecipazione si è attestata sul 66%, mentre un lieve incremento si è avuto nelle schede bianche e nulle. Rimanendo ai dati, ve ne sono due ulteriori da segnalare.

In primo luogo la notevole affermazione in Euskadi e nella Navarra del nazionalismo basco radicale presentatosi nella coalizione denominata Sortu, che oltre a San Sebastián ha conquistato la maggioranza assoluta in 88 municipi, quella relativa in 25, eleggendo 1138 consiglieri. Complessivamente oltre duecentosettantaseimila voti, pari al 25,5%, con un significativo incremento rispetto alla migliore performance elettorale di quest’area politica, quella del 1999, quando Euskal Herritarrok aveva calamitato duecentoventitrèmila voti ottenendo il 17,7% dei consensi.

In secondo luogo il relativo successo della formazione xenofoba Plataforma per Catalunya, capeggiata da un ex militante dell’organizzazione neofascista Fuerza Nueva che, presentatasi in varie località catalane ha ottenuto quasi sessantaseimila voti, eleggendo 67 consiglieri. Un campanello d’allarme, più che una minaccia reale, almeno per ora, specie se comparato al dilagare di movimenti xenofobi nel Nord Europa in situazioni economiche nettamente meno traballanti di quella spagnola.

I motivi del crollo socialista sono di facile individuazione. Confermato con un discreto margine nelle elezioni del 2008, Rodríguez Zapatero, che tanto aveva impressionato l’opinione pubblica internazionale con le sue riforme di ampliamento dei diritti civili, si è mostrato del tutto inadeguato di fronte al precipitare della crisi economica, la cui gravità non ha inizialmente percepito e sulla quale è intervenuto in modo tardivo con misure draconiane poco attente ai redditi da lavoro dipendente, tanto inefficaci sul piano dell’occupazione quanto generose verso il sistema bancario. Il voto del 22 maggio è stato dunque politico: ha punito il governo socialista, le sue contraddizioni e il suo andamento ondivago.

Ricorrente è stata la domanda se il movimento degli acampados o indignados, sui quali hanno indugiato i media, abbia inciso sull’esito del voto. Considerato il mancato decremento della partecipazione, la leggera crescita delle schede bianche e nulle e di Izquierda Unida, si può senz’altro concludere che la protesta dei giovani di Puerta del Sol e delle piazze di tante altre città spagnole non è stata influente. Né avrebbe potuto essere diversamente, considerata la recente apparizione di questo movimento. Altro discorso andrebbe fatto sul significato e le prospettive future di un movimento che intende battersi sul terreno democratico per rinnovare la democrazia spagnola, a cominciare dalla riforma della legge elettorale che, per favorire l’integrazione dei nazionalismi periferici (catalani, baschi, galiziani, ma anche andalusisti, canari ecc.), premia i partiti con radicamento territoriale forte ma circoscritto, a scapito delle formazioni presenti su tutto il territorio nazionale.

Le elezioni hanno aperto una nuova fase politica e un acceso dibattito all’interno del PSOE. I popolari hanno chiesto subito elezioni anticipate. Essi, però, oltre a non avere credibili proposte alternative sul piano economico, continuano a non avere i numeri alle Cortes per presentare una mozione di censura che, nel caso fosse respinta, avrebbe un effetto-boomerang. Da parte loro i socialisti hanno assoluto bisogno di tempo per tentare di risalire la china e presentarsi agli elettori con un nuovo leader e un programma credibile, dopo la rinuncia di Zapatero a una nuova candidatura. D’accordo su questo obiettivo, i socialisti si sono dapprima divisi su come raggiungerlo. All’idea di Zapatero di avviare un dibattito interno in vista delle primarie, si è inizialmente opposto il presidente della Comunità di Euskadi, Patxi López, fautore della convocazione di un congresso straordinario che, scavalcando le primarie, portasse all’elezione di un nuovo segretario generale. Una proposta che, di fatto, oltre a indebolire Zapatero, avrebbe sbarrato la strada alla candidatura dell’attuale ministro della Difesa, la catalana Carmen Chacón, le cui possibilità di affermazione, considerevoli in caso di primarie, sarebbero state pressoché nulle in un congresso straordinario controllato dall’apparato del partito. Chacón, sottoposta a molteplici pressioni, ha finito per rinunciare, spianando così la strada ad Alfredo Pérez Rubalcaba, secondo alcuni il vero ispiratore della mossa di Patxi López, che ha ricevuto l’investitura dal Comitato federale svoltosi il 28 maggio. Per decidere come affrontare il prossimo futuro, al PSOE è bastata una settimana. Se sia stata una vittoria dell’apparato del partito per non mettersi in discussione e scavare in profondità alla ricerca delle cause della sconfitta o una prova di unità e rapidità, saranno i prossimi mesi a dirlo.

 

 


Foto di "Federación Socialista Asturiana"

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