Ne vous quittez pas. Sulla crisi politica in Belgio

Di Ernst Stetter Martedì 15 Febbraio 2011 12:35 Stampa
Ne vous quittez pas. Sulla crisi politica in Belgio Foto: Arnaud

Per anni il Belgio federale è stato un esempio di “democrazia del consenso”, in cui partiti e interessi partecipavano al processo decisionale senza che uno prevalesse sugli altri. Tuttavia, è dal 2007 che il Nord fiammingo e il Sud vallone litigano sulla riforma dello Stato, una lite che ha portato, nella scorsa primavera, alla caduta del governo e poi a nuove elezioni.


Queste elezioni non hanno prodotto alcuna soluzione: le parti in causa continuano ad essere in disaccordo su quali poteri potrebbero andare alle regioni e quali invece dovrebbero rimanere federali. Ciò ha indotto alcuni analisti politici e cittadini belgi a concludere che i politici belgi abbiano perso la capacità di raggiungere compromessi e che la cultura politica sia marcia. Se almeno fosse così semplice!


Il deficit democratico del Belgio federale

Il Belgio è stato creato nel 1830 come monarchia costituzionale, dopo la rivolta popolare contro il Regno Unito d’Olanda, paese del quale il Belgio faceva parte sin dalla sconfitta napoleonica del 1815. Con un Sud di lingua francese e un Nord di lingua fiamminga, il Belgio fu per molto tempo uno Stato unitario, divenendo uno Stato federale nel 1993, quando venne diviso in tre comunità (fiamminghi, valloni e tedeschi) e tre regioni (Fiandre, Vallonia e Bruxelles), ognuna con propri interessi e responsabilità. La complicata struttura istituzionale del Belgio è il risultato di un processo di decentralizzazione messo in moto nel corso degli anni Cinquanta, quando – in particolar modo – i fiamminghi cominciarono a chiedere maggiore autonomia sulle questioni culturali.

Sebbene il Belgio abbia tre lingue ufficiali, non tutti sono in grado di parlare le tre lingue. Nel Nord si parla fiammingo (circa 6 milioni di abitanti), a Sud si parla francese (circa 4 milioni), in una piccola regione sudorientale la lingua prevalente è il tedesco (parlato da circa 75 mila persone) e infine Bruxelles è bilingue. Le istituzioni di governo sono organizzante per lo più secondo queste divisioni linguistiche. E lo Stato federale ha responsabilità soltanto per quelle materie che gli sono state specificamente attribuite da regioni e comunità, sebbene in pratica funzioni esattamente al contrario. Non esistono partiti politici belgi. Divisi a partire dagli anni Settanta, i partiti politici sono organizzati a livello regionale: ognuno rappresenta gli interessi della propria comunità/regione e il governo federale viene costituito sulla base di una maggioranza di seggi all’interno dei diversi gruppi linguistici in un Parlamento federale, che però non è eletto federalmente.

Un prerequisito fondamentale per ogni democrazia è dato dalla responsabilità dei politici eletti di fronte agli elettori sulle cui vite le politiche di governo incideranno. In un sistema federale, ciò implica che i rappresentati eletti a livello federale siano responsabili di fronte ai cittadini dell’intero paese, fattore che è assicurato dall’elezione di un presidente federale oppure dalla creazione di collegi elettorali federali nei quali si presentino partiti politici attivi a livello dell’intera federazione. A differenza di qualunque altra federazione di Stati esistente, questa responsabilità a livello federale è assente in Belgio, dove metà dei cittadini non può esercitare alcuna influenza su metà dei politici federali. Sebbene esista un governo federale, gli elettori possono votare per i partiti politici della loro comunità, i quali poi prenderanno posto in un governo con i partiti politici dell’altra regione/comunità per formare una coalizione di governo. L’assenza di un dialogo politico federale e la separazione fra i differenti gruppi linguistici, ognuno con il proprio sistema democratico, con i suoi mezzi di informazione e la sua opinione pubblica separata finisce per provocare una netta distinzione fra l’interesse regionale e l’interesse federale, allontanando ulteriormente le diverse comunità.

Una soluzione a tale problema potrebbe essere l’introduzione di un collegio elettorale federale, i cui rappresentanti dovrebbero essere eletti a livello statale. Questo è quanto è stato proposto da un gruppo di professori ed esperti belgi. Ciò aggiungerebbe un dibattito politico a livello federale alla politica belga e un certo numero di politici competerebbe per i voti di tutti i cittadini belgi e non solo quelli della propria comunità di appartenenza.


La Nuova alleanza fiamminga (N-VA): movimento popolare o popolarità personale?

Proprio in questa cornice istituzionale il partito separatista fiammingo guidato da Bart De Wever è riuscito a cavalcare con successo le divisioni fra “noi e loro” strumentalizzando la complessità istituzionale e la superiorità economica dei fiamminghi sui “poveri” valloni. A suo avviso, sarebbe un bene per entrambe le regioni avere una maggiore autonomia e soprattutto l’ultima parola sul loro destino: la Vallonia potrebbe così essere più indipendente dalle Fiandre, prendendo in mano il proprio destino; le Fiandre, dal canto loro, sarebbero in grado di agire più agilmente e nel proprio interesse. Gli altri partiti fiamminghi presenti al tavolo delle trattative seguono questa logica solo fino a un certo punto e con diversi gradi di accettazione; i partiti della comunità francese non concordano, e tuttavia sono preparati all’idea di un compromesso. Eppure c’è una grossa differenza fra quanto il partito principale della comunità francese, il Partito socialista, è pronto a concedere e quanto la Nuova alleanza fiamminga trova accettabile. Sono state elaborate varie proposte, ma tutte sono state spazzate via dall’uno o dall’altro partito che dovrebbe partecipare alla coalizione di governo.[1]

Ciò che è presentato dalla N-VA come un gioco a somma positiva, dunque nell’interesse di entrambe le parti, è in verità una battaglia per l’indipendenza basata su un’idea viziata di identità fiamminga, che non è per niente nuova in Belgio e trae origine da un movimento popolare che ha agito nel corso del Ventesimo secolo. Per citare lo stesso Bart De Wever: «Il Belgio è il malato d’Europa» e prima o poi in qualche modo si dissolverà. Il Belgio è una costruzione artificiale e le Fiandre sono una nazione che deve far parte dell’Unione europea e di nessun’altra cornice federale o sovranazionale. Non è chiaro però che soluzione De Wever abbia in mente per la capitale, prevalentemente francese ma inserita in territorio fiammingo. Bruxelles peraltro non è solo la capitale del Belgio, delle Fiandre e della comunità francese, è anche la casa delle istituzioni europee ed è di grande importanza economica per tutto il Belgio.

Sebbene l’obiettivo finale sia l’indipendenza fiamminga, Bart De Wever afferma di non volere una rivoluzione ed è dunque interessato a un processo che porti gradualmente all’indipendenza. La sua causa è aiutata enormemente dal culto che si è sviluppato attorno alla sua persona, dovuto alle sue note performance televisive in un quiz per celebrità fiamminghe e per le sue brillanti battute. Criticato da un altro intellettuale fiammingo, i suoi ammiratori si limitarono ad attaccare il suo detrattore accusandolo di non possedere le capacità intellettuali per capire Bart De Wever. Ai loro occhi Bart De Wever, uno storico che non ha mia completato il suo dottorato per entrare in politica, è intellettualmente superiore a tutti gli altri politici. Dunque, sebbene la N-VA sia stata in grado di attingere alle forze nazionaliste fiamminghe, il suo successo elettorale è da ascrivere parzialmente anche alla popolarità personale del suo leader.

I politici belgi possono forse essere accusati di incompetenza o di accettare una cultura politica marcia, ma il vero problema è costituito dalla loro incapacità ideologica o dalla loro reticenza a cercare compromessi, come è stato sottolineato di recente anche dal commissario europeo Karel De Gucht. In altre parole, quanto più a lungo si protraggono i negoziati tanto più la N-VA può far credere ai cittadini belgi che il sistema politico belga non funziona più.


E ora?

Ci si potrebbe chiedere perché gli altri partiti in gioco non cerchino di andare avanti senza l’N-VA? In teoria questo sarebbe possibile, visto che un governo federale ha bisogno solo di raggiungere una maggioranza in ognuno dei due gruppi linguistici del Parlamento federale. In pratica, però, la questione non è poi così semplice. La N-VA rimane il partito più consistente del Parlamento federale e dunque sembrerebbe poco democratico escludere questo partito dal processo decisionale. Inoltre, gli altri partiti, in particolare quelli fiamminghi, credono che l’appartenenza alla coalizione federale costringerebbe la N-VA a divenire un po’ più moderata; mentre lasciarla all’opposizione non farebbe che rafforzarla.

Alla fine di gennaio circa 40 mila belgi – francesi e fiamminghi – hanno affollato le strade per manifestare la propria preoccupazione per lo stallo politico. Dopo oltre 230 giorni senza un governo (senza tenere in considerazione il governo ad interim che si è occupato di portare avanti l’ordinaria amministrazione) il Belgio si accinge a superare il record del paese che è stato più a lungo senza un governo, record che al momento è detenuto dall’Iraq con 248 giorni. Se questa scadenza avrà qualche effetto sui politici belgi è opinabile; ciò che dovrebbe preoccuparli seriamente, invece, è il fatto che i mercati finanziari stanno cominciando a fremere, nonostante il fatto che i problemi finanziari del Belgio non siano paragonabili a quelli di altri paesi della periferia europea. Il problema adesso non è più tanto se il Belgio sarà in grado di pagare i suoi debiti, ma se continuerà ad esistere. Per questa ragione, i tassi di interesse a lungo termine sui titoli di Stato sono cresciuti nelle ultime settimane, mettendo a repentaglio il futuro di tutti i cittadini belgi.

È dunque essenziale che i negoziatori trovino presto un accordo per mostrare a tutti gli osservatori che il Belgio è ancora in grado di superare i propri problemi interni e che non cesserà presto di esistere, e che il governo è anche capace di occuparsi delle questioni che toccano il benessere della popolazione: il bilancio, l’invecchiamento della società, la povertà ecc. La più recente proposta della N-VA e della CD&V – i cristianodemocratici fiamminghi – di occuparsi solo di poche questioni riguardanti la decentralizzazione e le riforme dello Stato (secondo lo slogan «poco è meglio») è stata accolta con scetticismo dalla controparte francese e non ha aiutato le parti ad avvicinarsi. È probabile che i liberali siano presto invitati a sedersi al tavolo delle trattative che la loro vicinanza ideologica con la N-VA sui temi socioeconomici serva a rompere il ghiaccio. Qualora questo non dovesse funzionare, rimane sempre l’eventualità che la Nuova alleanza fiamminga decida di abbandonare i negoziati, lasciando aperte agli altri partiti due strade: andare avanti senza la N-VA oppure organizzare nuove elezioni. Quest’ultima prospettiva è rischiosa e nessun politico sembra pronto a prenderla in considerazione.


Ne vous quittez pas!

Se il Belgio continuerà ad esistere come sistema federale dipende in larga misura dal mantenimento o meno del deficit democratico a livello federale. L’efficacia dei nazionalisti fiamminghi nello sfruttare le divergenze economiche tra le regioni, l’aumentata complessità sociale dovuta alla globalizzazione e la stessa complessità istituzionale del Belgio per costruire un’identità fiamminga certamente renderà più difficile trovare una soluzione. Più le due comunità continueranno a considerarsi come due mondi a parte, più la solidarietà e la cooperazione all’interno della federazione saranno minacciate. Chiaramente, i valloni, da parte loro, hanno la responsabilità di riformare nel più breve tempo possibile la loro economia postindustriale prima che sia troppo tardi.



[1] Per quanto riguarda i fiamminghi la coalizione è formata dalla Nuova alleanza fiamminga, dai socialdemocratici (SP.a) e dai verdi (Groen!). Per quanto riguarda invece la comunità francese: i socialdemocratici (SP), i cristianodemocratici (CDH) e i verdi (Ecolo).

 

 


Foto di Arnaud

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