Qui gladio ferit gladio perit

Di Nicla Vassallo Martedì 28 Settembre 2010 14:59 Stampa
Qui gladio ferit gladio perit Foto: Emily Tebbetts

Nicla Vassallo risponde alle riflessioni di Francesca Izzo sul suo articolo Donne-madonne, donne-maddalene, apparso sul n. 3/2010 di “Italianieuropei”.

Di solito, non replico. Confido nei lettori, nella loro capacità di valutare quanto scrivo, in relazione agli appunti che mi vengono mossi. Questa volta faccio un’eccezione, anzi più d’una. Per “Italianieuropei”. Perché, da filosofa analitica, credo nelle critiche; critiche che fanno crescere, che incidono, che conducono a rafforzare le proprie argomentazioni, a mutare qualche premessa, qualche conclusione. Replico alle riflessioni sul mio “Donne–madonne, donne–maddalene”, nonostante continui a rimanere una vecchia signora (a quarantasette anni) e a ritenere che non si ragioni con gli urli, né che sia costruttivo farlo. Specie in una società in cui dominano le anti-ragioni urlate di chi non pensa, di chi ha intenzione di imporre le proprie visioni, di chi si adopera per mettersi in bella mostra, sempre e comunque.
Dunque, chi stabilisce di che cosa il mio articolo deve dare conto? E, non solo non do conto di quanto si pretende, ma offro «un dogmatico e semplicistico abc», insieme a «schematiche e vane condanne», nonché un «abusato mantra», e via dicendo. Tutto ciò senza uno straccio di argomentazione a supporto. Meglio denigrare; le argomentazioni lasciamole a chi ha tempo da perdere. Oppure, sbaglio, e, se mancano argomentazioni valide, qualche argomentazione c’è, fallace però – non dimentichiamo che in latino il verbo fallere significa ingannare. Argomentazioni ad hominem nel loro tentativo di screditare, attraverso termini diffamatori e calunniosi, il mio “Donne–madonne, donne–maddalene”, di punirlo senza processarlo, cedendo, con toni minacciosi, alle argomentazioni ad baculum (ricorso alla bacchetta, a cui preferisco la penna rossa).
Riflessioni? Ragionamenti? Si riflette e si ragiona male. Ci si appella alla tradizione, senza comprendere che la tradizione non equivale a affermazioni vere, proseguendo con toni di poco rispetto: «Liquida così, in maniera affrettata, teorie, dibattiti, politiche, leggi che da un trentennio sono al centro della “rivoluzione più lunga” non solo in Italia, ma in tutta Europa, a cominciare dalla Francia, patria delle teorie della differenza sessuale…». Trentennio? Trent’anni fa: anni Ottanta, cosa accadeva in Italia e in Francia? Sta, comunque, di fatto che appellarsi alla tradizione è cadere in una fallacia. Le tradizioni possono errare: non sono state forse le tradizioni a negare a lungo il voto alle donne, a contestare i diritti civili agli afro-americani, a favorire movimenti xenofobi?
Di più: vengo considerata una «Paladina del transgender e dell’eliminazione della scomoda realtà del corpo sessuato», cosa che mi pare tirata per i capelli, a leggere il mio articolo; offesa perché ricordo Ipazia – figura straordinaria, non credete? – che qualcuno insiste nel voler assassinare, ancor oggi; tacciata di semplicismo in relazione alla «complessa elaborazione della differenza sessuale», mentre credo che si debba elaborare ciò che c’è, non quanto s’inventa, e che la differenza sessuale abbia una realtà rimane ancora da dimostrare: solo due sessi? Stando alla biologia? In cosa consisterebbe l’effettiva rilevanza epistemico–cognitiva della supposta differenza? Cosa dicono le scienze cognitive in proposito?
Sempre incisive le riflessioni su di me: «Non la sfiora il sospetto che una cosa è la partizione del genere umano in due sessi e un’altra, ben diversa, sono le preferenze sessuali che riguardano i singoli individui, e sono molteplici, alcune tra l’altro oggettivamente criminali». Ma, no, suvvia, vi assicuro che da qualcosa vengo sfiorata: già, da una “partizione del genere umano in due sessi” che ci stigmatizza da Adamo ed Eva, ingabbiandoci in ruoli, costringendoci a recitare; già, dalle preferenze sessuali criminali: belle le statistiche che riferiscono delle molestie e violenze sulle donne (a opera di individui di quali preferenze sessuali?), delle prostitute–schiave che popolano le nostre strade (a uso e consumo di individui con quali preferenze sessuali?), del turismo nelle varie tailandie alla caccia di bambine (turismo praticato da individui di quali preferenze sessuali?). Ma sono io a cadere in confusioni ontologiche, nonostante apprezzi Tommaso. Soprattutto perché non capisco cosa c’entri il «puro spirito».
Veniamo alle conclusioni delle riflessioni su “Donne–madonne, donne–maddalene”: «Un delirio di onnipotenza nell’aspirazione, in realtà un adattamento all’esistente dove non è necessario cambiare nulla nell’assetto sociale, economico politico e alle donne è chiesto di fare volta a volta, secondo le circostanze e le richieste, l’Ipazia, la Maddalena, la Madonna e di non contare nulla». Delirio di chi? Onnipotenza? Esistente? Necessario? Eccoci alle fallacie semantiche: i termini impiegati hanno più di un significato e rimangono parecchio vaghi, al punto da confondere, da interferire con la presunta coerenza, da travisare il mio pensiero.
Dogmatismi e opportunismi, staticità e retoriche, populismi e irrisioni: questa è una fetta dell’Italia, da cui i cantori della differenza sessuale non sono alieni, protettori delle donne, che, arroccati in qualche maddalena–madonna del pensiero a senso unico, mal argomentato, presuntuoso, pretestuoso, non riescono ad assumersi le proprie responsabilità, neanche a domandarsi dove il dominio incontrastato della filosofia della differenza sessuale abbia condotto il nostro paese. Un paese che insulta le intelligenze di troppe donne e troppi uomini.
Limitandoci alle donne, per insultarle non si richiede la penna, basta sintonizzarsi sui canali giusti della nostra televisione nazional-popolare. Se, invece, vogliamo discutere, iniziamo col leggere qualche voce su sesso, femminismi, gender, comportamenti–orientamenti–preferenze sessuali di una bella enciclopedia: on-line si trova la “Stanford Encyclopedia of Philosophy”. Aggiornarsi non fa male. O forse non si è ancora pronti? Meglio un romanzo, un classico? “Orlando” di Virginia Woolf. Virginia Woolf! Chi era costei? E “Orlando”? Qui gladio ferit gladio perit.

 

Foto: Tubular di Emily Tebbetts

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