Il viaggio e la deriva. Idee per un governo dell'immigrazione

Di Italianieuropei Venerdì 16 Ottobre 2009 15:15 Stampa

Circa un anno fa, all’indomani della sconfitta elettorale del centrosinistra e dell’avvento di un governo decisamente pronto a cavalcare le paure, la Fondazione Italianieuropei ha favorito, nel proprio ambito, la costituzione di un gruppo di studio sui temi dell’immigrazione, un luogo, un laboratorio di idee per una cultura riformista di governo in grado di farsi progetto politico e, così, di dialogare con la società. Da quella esperienza nasce anche questa pubblicazione.

Prefazione


L’immigrazione è un tema da “maneggiare con cura”. Lo sa chi, da tempo, ne conosce la complessità e ha capito che non c’è un bandolo della matassa o chi, nel tempo, ha imparato a leggere gli eventi oltre il proprio spazio di vita. Ma è chiaro anche a coloro che, ragionando sui dati, hanno provato a proporre un approccio positivo e hanno compreso immediatamente come mantenendo bassi i toni non si ottenga un grande successo.

Quanto alla sfera della politica occorre essere molto cauti, perché a parlar bene dell’immigrazione – e, di conseguenza, degli immigrati – si possono perdere le elezioni, si può diventare “impopolari”. Questo è accaduto nelle vicende italiane come in quelle degli altri paesi occidentali: la parola “straniero” è diventata il crocevia dove finiscono le certezze e inizia l’inquietudine, dove il rapporto con l’altro diventa conflitto che infonde paura. Guai a sottovalutare la paura e a non prenderla sul serio. Soprattutto mentre c’è chi la intercetta e la esaspera, la usa per tornaconto politico, con una responsabilità ancora più grave: quella di ingaggiare una lotta che si risolve in una sorta di “autismo sociale”.

Come fare, allora, a parlare di immigrazione mentre essa suscita sentimenti ostili? Come suggerire di leggere i fatti quotidiani, i cambiamenti circostanti, le esperienze personali dentro la più difficile dimensione globale che determina e orienta i flussi migratori? Come invitare a cogliere le sfide inedite di un fenomeno che mette alla prova le nostre conquiste giuridiche, le idee di democrazia, di laicità, di libertà, di cittadinanza? Soprattutto, come governare questo passaggio “epocale” per andare oltre il crocevia della paura e poter, così, “nominare” la speranza?

Queste e altre domande assai impegnative animano, ormai da anni, la riflessione politica e culturale che sta interessando le forze riformiste del paese, quelle maggiormente disposte a farsi convincere più dai dati che dalle impressioni, più pronte ad investire sulla potenzialità delle risorse partecipative che a lucrare sulla solitudine e sull’egoismo. Vale poco ricordare quanto esse siano, oggi, in minoranza; molto di più servirebbe incoraggiarle a farsi protagoniste di una nuova stagione democratica che riscopra il valore dell’inclusione, che ricrei una rete sociale e il senso di una appartenenza non rancorosa.
Proprio in questo consiste il compito della politica, nonostante essa sembri meno capace di un tempo di orientare la società; e nonostante il fatto che la politica riformista non sia stata, finora, capace di assumere stabilmente il tema dell’immigrazione nelle proprie analisi della realtà.

Circa un anno fa, all’indomani della sconfitta elettorale del centrosinistra e dell’avvento di un governo decisamente pronto a cavalcare le paure, la Fondazione Italianieuropei ha favorito, nel proprio ambito, la costituzione di un gruppo di studio sui temi dell’immigrazione, un luogo, un laboratorio di idee per una cultura riformista di governo in grado di farsi progetto politico e, così, di dialogare con la società. Nel gruppo di studio si sono incontrate persone che, attraverso percorsi diversi, hanno maturato esperienza o competenza sui temi che interessano il dibattito attuale e che credono che la politica possa davvero discutere di immigrazione, superando la paura, laddove essa sia in grado di nominare i problemi, sviluppare coerenza e accompagnare gli individui “dentro” la realtà. Dai primi incontri del gruppo di studio sono maturate le riflessioni e le proposte raccolte in questo volume. Insieme, si è deciso che esse venissero esposte come un discorso unitario e non, come più spesso accade, attraverso la presentazione dei singoli contributi elaborati da ciascuno. Ciò ha reso il lavoro di scrittura in parte più complesso e, per questo, sento doveroso ringraziare Antonella Bucci, Andrea Masala ed Enrico Petrocelli che mi hanno aiutato a curarlo. Un ringraziamento sincero va a Giuliano Amato e Massimo D’Alema che hanno sostenuto il progetto nonché a quei componenti del gruppo di studio che hanno offerto il loro contributo alla realizzazione di questo libro: Aldo Bonomi, Luca Einaudi, Renato Finocchi Ghersi, Antonio Golini, Renzo Guolo, Massimo Livi Bacci, Francesca Maria Marinaro, Guido Orlandini, Ferruccio Pastore, Livia Turco. Ciò che importa dello sforzo compiuto è il metodo seguito e il messaggio che si è voluto dare. Quanto al secondo, saranno le conclusioni a darne conto. Quanto al primo, si è voluto dimostrare che ci sono competenze, esperienze, passioni da mettere a fattor comune per conquistare più persone ad una visione di speranza.

Marcella Lucidi

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