Quanta maestria, quanto mestiere si celano nell’artista intento a offrire una rappresentazione della realtà che non sia una sua semplice riproduzione in termini di informazione? In un tempo in cui l’atrofia della sensibilità fa sì che l’interpretazione delle cose del mondo si riduca a notizia è lecito chiedersi se vi siano ancora, come è stato per il passato, artisti in grado di restituire orizzonte alla realtà.
La lettura di “Typee” e “Walden ovvero Vita nei boschi”, due memorabili capolavori della letteratura americana dell’Ottocento, suscita più di un interrogativo intorno alla possibilità per l’uomo «civilizzato», pur capace di lasciarsi alle spalle il suo passato e intravedere forme di vita libere dalla tirannia del lavoro, di trasformare la sua libertà in una condizione permanente. Tuttavia né Melville né Thoreau hanno il tono di chi racconta una sconfitta, semmai la loro è una morale dell’esperienza e della trasformazione, totalmente aliena dalle tentazioni dell’utopia.