Goffredo Bettini

Goffredo Bettini

è dirigente nazionale del Partito Democratico.

Ricostruire un’idea alternativa di società

La pietà si trasmette più facilmente tra chi combatte gomito a gomito e dalla stessa parte; ma può sorgere spontanea anche tra gli schieramenti nemici; come fu nel Natale del ’14, festeggiato insieme dai tedeschi e dagli inglesi. Usciti per un momento dai ruoli che la guerra imponeva per tornare di nuovo uomini, sotto lo stesso cielo. I generali non gradirono. La paura e la speranza non li univano tra di loro come i soldati. La guerra esalta le diverse categorie degli esseri umani: la carne da macello e l’aristocrazia del comando. Gli uni non si possono immedesimare con gli altri. Anche l’empatia ha le sue leggi e i suoi confini. Dall’esterno non ti permette di comprendere fino in fondo la sofferenza dell’altro. Che è impensabile se non provata direttamente; quell’“apnea” degli offesi quando è sola la forza che fa il merito e che stabilisce la giustizia.

La crisi delle forme della politica

La sinistra italiana (e non solo) da molti decenni non è in buona salute. Appare incerta, opaca, troppo divisa; poco incisiva a fronte delle grandi domande che pone la contemporaneità. Ci sono responsabilità soggettive da indagare. Scelgo un aspetto sul quale concentrarmi. Concerne non solo le difficoltà o i limiti politici della nostra lotta; piuttosto alcuni fenomeni storici che ci hanno investito con una rapidità sorprendente: la caduta delle “forme” nel cuore della civiltà occidentale. Di tutte le forme. Dei partiti, delle istituzioni, delle aggregazioni sociali e culturali, della famiglia, delle piazze comunali, dei quartieri un tempo compatti, delle religioni con le loro chiese ed edifici di culto.

 

Berlinguer, un comunista italiano

Ripensare Berlinguer, evitando una facile utilizzazione del suo ricordo per una polemica, in un senso o nell’altro, sulle vicende politiche dell’oggi. Tra le cose assodate, per tutti, è che Berlinguer fu un leader di straordinaria statura: etica e intellettuale. Con la tempra di un padre della Repubblica. In questo senso sono bellissime le parole con cui Mario Tronti conclude il suo libro «Il Principe disarmato»: «È difficile parlare di Berlinguer, senza nostalgia. Sì, lo so, c’è il pericolo di idealizzare il personaggio, di immaginare l’isola che non c’è, di vedere solo luci senza ombre. Ma è un peccato veniale che ci deve essere concesso.