Piero Fassino

Piero Fassino

è sindaco di Torino.

Torino, la città che ha sfidato la crisi

Se per cento anni Torino è stata una realtà essenzialmente industriale e manifatturiera oggi, pur continuando a rappresentare una grande realtà produttiva, ha saputo darsi un profilo diverso e aprirsi a nuove vocazioni espressione della società e dell’economia della conoscenza: ricerca, innovazione, formazione, cultura. Forte dell’enorme trasformazione già messa in atto, la città ha affrontato la crisi e l’ha sfidata, convinta che nella capacità di produrre cambiamento e trasformazione stiano le opportunità di crescita, di progresso, di lavoro di una comunità.

La Birmania a un bivio

Piero Fassino, inviato speciale dell’UE per Birmania/Myanmar, analizza la situazione attuale e le prospettive future della Birmania all’indomani delle prime elezioni dal 1990 e della liberazione di Aung San Suu Kyi.

Dall'Ulivo al Partito democratico

Con la vittoria nelle elezioni politichedel 10 e 11 aprile e con i risultati confortanti delle elezioni amministrative di maggio non soltanto si chiude un ciclo elettorale intenso e impegnativo, ma soprattutto si è aperta una nuova stagione politica caratterizzata dall’esaurirsi del berlusconismo e dal ritorno a responsabilità di governo di una coalizione riformista e progressista. Da questo mutamento radicale di scenario occorre adesso trarre tutte le conseguenze e rivolgere la nostra attenzione alle nuove sfide che ci attendono. Per ciò che hanno rappresentato per quasi un quindicennio Berlusconi e il progetto politico da lui rappresentato, il mutamento nella guida politica del paese, infatti, non è un semplice cambio di governo. È bene non dimenticare mai che Berlusconi si era presentato agli italiani con un messaggio ambizioso e suggestivo: modernizzare l’Italia, liberare le energie del paese, offrire a ciascuno più opportunità e più occasioni. E il tutto era stato alimentato dall’idea che per «far volare l’Italia bisognava renderla più leggera».

Un nuovo incontro tra fede e ragione

Viviamo in un mondo percorso da grandi inquietudini e da grandi domande. Il terrorismo è entrato nella nostra vita e nella vita del mondo. Un terrorismo che ci ha rivelato l’intrinseca fragilità di un pianeta interdipendente e globale anche nei livelli di insicurezza e nelle paure. Ogni cittadino del mondo ― che viva a Londra, Madrid, Sharm El Sheikh, Bali, Casablanca, Gerusalemme, New York o in una qualsiasi delle tante altre città che in questi anni sono state ferite dal terrorismo ― si percepisce come un destinatario di una violenza cieca, che può colpire ovunque e chiunque. E ciò determina nelle opinioni pubbliche di tutto il mondo un diffuso sentimento di inquietudine, di insicurezza, di incertezza che cambia abitudini, relazioni tra le persone, modi di vivere e di pensare.

Una sinistra più grande per il cambiamento

I dati del 13 maggio 2001 hanno fotografato impietosi una sinistra che è ai suoi minimi storici – sia come DS, sia come insieme di tutte le forze di sinistra – e che registra crescenti difficoltà a rappresentare una società investita da grandi mutamenti: nell’elettorato della sinistra persiste lo squilibrio tra classi di età a sfavore dei giovani, si registra una preoccupante staticità sociale, si restringono le basi di massa del consenso, si conferma una ridotta capacità d’attrazione di nuovi elettori. Tutto ciò è tanto più grave perché in questi anni la sinistra ha assolto – e peraltro con riconoscimenti – funzioni di governo, guidando l’Italia in un processo di risanamento finanziario, di crescita economica, di stabilità sociale, di europeizzazione che non è tuttavia stato premiato dal voto dei cittadini. Tra le molte ragioni di ciò, emerge un «deficit di cultura riformista» non colmato dall’essere stati forza di governo.