giornalista e politologo, è Visiting Fellow alla London School of Economics e collabora con l’Institut des Hautes Études de l’Amérique latine dell’Università Paris III-Sorbonne Nouvelle.
La parabola della storia recente del Brasile è ben sintetizzata da tre copertine del settimanale inglese “The Economist”. La prima nel 2009: la statua del Cristo Redentore, costruita negli anni Venti del secolo scorso sulle colline che dominano Rio de Janeiro, trasformata in una specie di razzo fiammeggiante, e il titolo “Brazil takes off”, il Brasile decolla. La seconda copertina nel 2013: il razzo del Cristo Redentore è in picchiata, apparentemente fuori controllo, e la rivista si chiede “Did Brazil screw it up?”, il Brasile ha rovinato tutto? La terza copertina è del giugno di quest’anno. Il Cristo Redentore è immobile, con una maschera collegata a una bombola d’ossigeno, simbolo della catastrofica gestione della pandemia di Covid-19 nel paese, e la diagnosi non ha chiaroscuri: “Brazil’s dismal decade”, il cupo decennio del Brasile.