Giancarlo Summa

Giancarlo Summa

giornalista e politologo, è Visiting Fellow alla London School of Economics e collabora con l’Institut des Hautes Études de l’Amérique latine dell’Università Paris III-Sorbonne Nouvelle.

Il ritorno di Lula in un Brasile in ginocchio

La parabola della storia recente del Brasile è ben sintetizzata da tre copertine del settimanale inglese “The Economist”. La prima nel 2009: la statua del Cristo Redentore, costruita negli anni Venti del secolo scorso sulle colline che dominano Rio de Janeiro, trasformata in una specie di razzo fiammeggiante, e il titolo “Brazil takes off”, il Brasile decolla. La seconda copertina nel 2013: il razzo del Cristo Redentore è in picchiata, apparentemente fuori controllo, e la rivista si chiede “Did Brazil screw it up?”, il Brasile ha rovinato tutto? La terza copertina è del giugno di quest’anno. Il Cristo Redentore è immobile, con una maschera collegata a una bombola d’ossigeno, simbolo della catastrofica gestione della pandemia di Covid-19 nel paese, e la diagnosi non ha chiaroscuri: “Brazil’s dismal decade”, il cupo decennio del Brasile.

I poveri del Brasile garantiscono la vittoria di Lula

Domenica 29 ottobre, le dieci di sera. Luiz Inacio Lula da Silva, rieletto presidente del Brasile con 58,2 milioni di voti, ha già ricevuto la telefonata di rito del suo avversario sconfitto, Geraldo Alckmin, e ha appena rilasciato una breve dichiarazione davanti a trecento giornalisti, cameraman e fotografi di tutto il mondo stretti nel salone di un hotel. Adesso, dopo mesi di campagna elettorale massacrante e un anno e mezzo sotto il fuoco incessante dei mass media, è il momento di gettarsi tra le braccia della sua gente, di lasciar parlare il cuore.