La massiccia partecipazione referendaria ha evidenziato la volontà della maggioranza del paese di rimettere al centro dell’attenzione il cittadino, la persona, con i suoi bisogni inalienabili, di colmare la distanza tra la politica e i cittadini.
La decisione del governo Merkel di chiudere tutti i reattori nucleari entro il 2022 non rappresenta un cambiamento improvviso o una reazione emotiva all’incidente di Fukushima, è invece frutto di una scelta strategica relativa al mix energetico che da più di dieci anni privilegia lo sviluppo delle fonti rinnovabili.
I fautori del ˝sì˝ al referendum sull’acqua cavalcano i temi della privatizzazione e della svendita del bene “pubblico” per eccellenza senza considerare alcuni aspetti fondamentali della questione: come possono le imprese pubbliche far fronte agli ingenti investimenti di cui necessitano le infrastrutture del sistema idrico? Perché opporsi a priori a una legge che consentirebbe la creazione di migliaia di posti di lavoro?
La qualità e il costo del servizio idrico in Italia non reggono il confronto con la media europea: il monopolio pubblico non è la soluzione ideale. Il coinvolgimento di soggetti privati, invece, potrebbe garantire alla collettività servizi efficienti, inseriti nelle dinamiche competitive del mercato e al contempo sottoposti alla regolazione pubblica. Invece che l’abrogazione del decreto Ronchi-Fitto, sarebbero necessarie l’istituzione di un’Autorità indipendente e l’introduzione di criteri di regolazione rigorosi e validi su tutto il territorio nazionale.
Quanta complessità si cela dietro il semplice gesto di aprire un rubinetto per vederne sgorgare dell’acqua potabile, di buon sapore, inodore, incolore e disponibile in ragionevoli quantità e a tariffe accessibili?