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Car sharing e sharing economy: il caso di car2go

Da anni, ormai, la popolazione mondiale tende a concentrarsi all’interno o nei pressi dei centri urbani, esprimendo una crescente domanda di mobilità e rendendo inadeguata l’offerta tradizionale in materia di trasporti. Dall’intersezione di questa evoluzione delle esigenze dei cittadini con i risultati dei progressi della tecnologia digitale e con gli effetti di un mutamento culturale che privilegia l’accesso rispetto al possesso scaturiscono il successo della sharing economy e l’affermazione, anche in Italia, di un diffuso servizio di car sharing.

 

Il nuovo paradigma economico della sharing economy

Complice la crisi economica e grazie all’indispensabile supporto offerto dalle nuove tecnologie e dall’internet delle cose, si sta progressivamente affermando, anche in Italia, la sharing economy: un fenomeno economico e sociale che, fondandosi su dinamiche collaborative e su un innovativo  approccio alla fruizione di beni e servizi, spinge verso un diverso equilibrio tra mercato, Stato e società in cui progressivamente i mercati cedono il passo alle reti, la proprietà diviene meno importante dell’accessibilità e si afferma il cittadino smart, allo stesso tempo fruitore e produttore di servizi.

La cybersecurity: Una priorità dell’universo digitale

La digitalizzazione sta mutando il nostro modo di vivere, di rapportarci con la società, di organizzare il lavoro e i processi produttivi. Non c’è oggi attività o servizio che non sia fruibile attraverso la rete e in completa mobilità. Se tutto questo da un lato consente di ottenere vantaggi in termini economici e di tempo, dall’altro accresce l’esposizione a nuove forme di rischio, ad attacchi informatici, al pericolo di vedere sottratti informazioni e dati sensibili, minando così la fiducia del cittadino-utente nella sicurezza dei servizi digitali. In tale scenario diventa vitale dotarsi degli strumenti necessari a garantire la sicurezza dell’intero sistema.

Quale coordinamento per le infrastrutture delle telecomunicazioni?

È in corso, in questi anni, un cambiamento epocale nel processo di trasmissione dei contenuti audio e video, che vede sostituirsi al tradizionale modello circolare una distribuzione a rete, in cui contano i fili e ancor più i nodi. Questo cambiamento avrà implicazioni economiche e sociali rilevanti e molteplici, che impongono una gestione attenta delle trasformazioni in atto. A chi spetta, tra i tanti attori coinvolti, il ruolo di guida di questo processo?

Smart city, smart citizen

Nel linguaggio politico corrente l’espressione “smart city” viene spesso utilizzata per indicare tutti i possibili desiderata relativi al contesto urbano, spesso avendo solo un’idea vaga degli ambiti in cui si muove una smart city e, soprattutto, con una scarsa consapevolezza del ruolo strategico che le città svolgono oggi in campo sia economico che sociale. Eppure oggi come non mai c’è bisogno che i diversi attori mettano a sistema le proprie pratiche per convergere su modelli efficaci e progetti cantierabili che imparino dalle esperienze internazionali virtuose e che permettano al nostro paese di recuperare il gap digitale e culturale che ci spinge in fondo in tutti i ranking sull’innovazione. In questi ultimi mesi qualcosasi sta lentamente muovendo e ci sono gli elementi per guardare con attenzione alle prospettive delle politiche per le comunità intelligenti.

Per una cultura digitale patrimonio di tutti

La scarsa propensione all’innovazione, sia nella pubblica amministrazione che nelle imprese, ha tra le sue ragioni la assai limitata diffusione della cultura digitale. Nel mondo di oggi, invece, e ancor di più inquello di domani, serve che tutti i lavoratori siano dotati di una spiccata attitudine al cambiamento, della consapevolezza che il digitale può essere una leva formidabile da utilizzare in tal senso e delle competenze digitali adeguate a mettere in atto il cambiamento. La cultura digitale deve per questo diventare patrimonio di tutti, in particolare dei giovani, e affinché ciò sia possibile è necessario mettere in campo un’azione formativa capillare, a cominciare dalla scuola.

Sviluppare competenze digitali: una priorità strategica nazionale

Tutte le analisi concordano nel ritenere che il possesso diffuso di adeguate competenze digitali sia la chiave di volta per garantire al paese un futuro di crescita e sviluppo democratico e partecipato. A questa apparente consapevolezza non seguono però strategie e fatti adeguati ad affrontare una sfida di tale importanza e portata. Il tema rimane marginale nel dibattito e si scontra sovente con osservazioni che tradiscono superficialità di analisi ed eccessiva semplificazione dei processi. Occorre prendere rapidamente atto che il superamento dell’analfabetismo digitale della popolazione è una vera emergenza nazionale e mettere di conseguenza in campo tutti gli interventi necessari a contrastare il fenomeno.

Il web motore di sviluppo

Nonostante la spiccata vocazione all’export del nostro sistema produttivo solo una piccolissima parte delle aziende italiane utilizza internet come canale di vendita. Allo stesso modo, in pochi sembrano essere consapevoli del rilevante aumento di produttività che il maggiore utilizzo della tecnologia digitale potrebbe portare all’economia nazionale. Eppure, colmando il ritardo che l’Italia sconta nel percorso di digitalizzazione, si potrebbero generare in tempi rapidi buona crescita e nuova occupazione. Per farlo è però necessario, oltre agli interventi infrastrutturali indispensabili, creare consapevolezza diffusa di quanto il tema sia strategico per l’Italia e riorientare in tal senso il dibattito pubblico.

Internet come bene comune: garantire il diritto di accesso

L’uso di internet ha profondamente trasformato il nostro vivere sociale, la nostra visione del mondo e il nostro modo di fare politica, e oggi la rete costituisce un vero e proprio spazio pubblico dove l’utente definisce anche la sua dimensione di cittadino. Tuttavia, il concetto di cittadinanza digitale non può prescindere dal riconoscimento costituzionale del diritto di accesso alla rete e dalla definizione di internet come bene comune. È in questo senso che sembra attualmente indirizzato il dibattito nazionale e internazionale, tanto dottrinale quanto politico. La formulazione di adeguati principi costituzionali dovrà però tenere conto anche di come le diseguaglianze economichee sociali si ripercuotono sulle possibilità di accesso alla rete da parte degli utenti.

L’internet dei doveri: da infrastruttura a istituzione

Si parla comunemente di internet dei diritti come di una sorta di estensione dell’ambito in cui questi possono essere fatti valere, sebbene non sia ancora chiaro chi, come e fino a che punto sia in grado di garantirli. Meno noto è il concetto di internet dei doveri, in base al quale la rete può divenire a pieno titolo un’istituzione sociale e di mercato, purché si vada oltre l’approccio individualista e opportunistico con il quale gli utenti hanno finora usato il web. Tuttavia, è evidente che in internet lo Stato non è più in grado di esercitare appieno la sua coercizione legittima e che anzi vi si realizzano delle forme alternati vedi organizzazione sociale per le quali non valgono più le tradizionali regole definite dalla politica. Nonostante questo conflitto di interessi, la politica ha un’opportunità per intervenire positivamente nella formazione di domanda di innovazione al fine di migliorare le efficienze economiche e sociali e di conseguenza la vita dei cittadini.

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