Introduzione

Written by Redazione Tuesday, 13 May 2008 18:42 Print
Questo numero di Italianieuropei è stato chiuso in redazione il 18 aprile scorso, a pochi giorni da un risultato elettorale che ha stabilito la sconfitta del centrosinistra e del suo progetto di rinnovamento per il paese. Una sconfitta da cui siamo usciti scossi, turbati, col cuore in subbuglio; ma può essere un turbamento salutare nel chiarimento di se stessi e nella comprensione della realtà che abbiamo di fronte, se riusciremo a leggere con pazienza e umiltà quello che è accaduto e iniziare un nuovo percorso.

Sin dal momento in cui abbiamo cominciato a pensare il sommario di questo numero (alcuni mesi prima delle elezioni) eravamo però convinti che qualcosa fosse andato perso già da tempo, e il risultato elettorale del 13 e 14 aprile non ha fatto altro che rafforzare in noi questo convincimento: si era perso di vista l’obiettivo ultimo a cui l’agire politico dovrebbe tendere, poiché – come ricordava Lodovico Antonio Muratori – «il principale fine della politica consiste in rendere felici i popoli».
Sogniamo la pubblica felicità perché crediamo nell’esistenza di uno Stato meno tecnocratico e burocratizzato, e nello stesso tempo più agile e dotato di strutture più rispondenti ai bisogni dei cittadini. Vorremmo avere la forza di ripensare un’utopia, una città ideale, trasparente, dove tutto sia visibile e nulla nascosto dai giochi contorti di una politica incapace di cogliere i grandi cambiamenti avvenuti nel paese e nel mondo.
In una situazione storica in cui ci si affanna a seppellire le ideologie, a dimenticare sistematicamente le radici storiche della destra e della sinistra, vorremmo divenire uno dei luoghi di riferimento della sinistra italiana. Vorremmo nella nostra rivista porre attenzione e dar voce agli interessi dei gruppi sociali più deboli,
dagli operai ai giovani senza lavoro, dai ricercatori costretti a lasciare il paese agli insegnanti, dai pensionati agli immigrati; vorremmo difendere la nostra storia, il percorso di democratizzazione del paese di cui la sinistra si deve sentiregiustamente garante e protagonista. Perciò dovremo progettare il futuro studiando il passato, cogliendo il ruolo determinante delle tecnologie e delle grandi trasformazioni a cui assistiamo nella nostra quotidianità, ma sapendo valorizzare le tradizioni e le radici culturali, avendo rispetto dei valori, ma anche mostrando la capacità di porsi dei dubbi e di riflettere sul senso del limite.
Crediamo si debba ripartire da un’analisi della società e dalla definizione di alcuni obiettivi da raggiungere. Una volta individuato l’obiettivo, il fine al quale tendere – che Europa e che Italia vogliamo costruire – e capito esattamente il punto in cui siamo, non rimane che stabilire il percorso da seguire. Ci siamo quindi chiesti dove siamo, cosa stia facendo il nostro paese, quale sia il suo ruolo nel contesto economico e politico globale e cosa possiamo fare per migliorare le nostre performance, la nostra competitività, cosa sia possibile fare, in definitiva, per partecipare e trarre beneficio da quegli stessi, inevitabili  cambiamenti in atto nel mondo globalizzato e che purtroppo, finora, abbiamo solo subito.
Ci siamo quindi resi conto che ci sono alcune tappe ineludibili in questo percorso, alcuni passaggi che nel nostro ideale cammino non possono essere evitati (del resto, cercare scorciatoie non sarebbe né giusto né funzionale al raggiungimento del nostro obiettivo). Abbiamo individuato perciò, senza alcuna pretesa di essere esaustivi, alcuni temi (il lavoro, e in particolare il lavoro dei giovani e delle donne, il valore dello Stato sociale, il peso e le prospettive della comunicazione, i beni culturali, la laicità, la valorizzazione della creatività e dell’innovazione) che «servono a render felici i popoli» e sui quali, chiunque si trovi a guidare l’Italia, il paese attende delle risposte. Abbiamo provato anche a fornire alcune chiavi interpretative e a suggerire delle proposte muovendo da alcuni punti fermi. Riteniamo, infine, che sia ancora valido ciò che Oscar Wilde diceva in “L’anima dell’uomo sotto il socialismo”: «Ma un mappamodo che non includa il paese di Utopia non è degno di essere guardato (...). Il raggiungimento del bene comune, della pubblica felicità è una continua realizzazione
di utopie».