L'offerta di gas in Europa in una prospettiva di lungo termine

Written by Manfred Hafner Sunday, 02 March 2008 19:21 Print

A causa della crescente domanda europea di gas e del calo dell’offerta interna, l’Europa, nei prossimi decenni, dovrà affrontare una crescente dipendenza dalle importazioni. Le aree confinanti con l’Europa dispongono di notevoli riserve e di risorse che possono coprire l’aumento di fabbisogno delle importazioni a medio-lungo termine. Con lo sviluppo di utilizzi differenziati, soprattutto per la produzione di energia, il gas sta acquistando sempre maggiore importanza per la sicurezza delle forniture energetiche europee.

 

In realtà negli ultimi dieci anni si è sviluppata una domanda sostanzialmente vincolata, che spiega la funzione essenziale che l’Unione europea attribuisce al gas naturale per la sua politica energetica. Per assicurare e incrementare le forniture di gas, però, c’è bisogno di grossi investimenti in tutti i settori della filiera, soprattutto nell’esplorazione e nello sviluppo, nel trasporto internazionale e nelle infrastrutture a valle (gasdotti e serbatoi). Questi investimenti saranno realizzati da aziende energetiche e richiederanno pertanto un clima adeguato per gli investimenti, che non implichi esclusivamente considerazioni di natura economica, ma anche un ambiente stabile, regole chiare e la possibilità, per gli operatori, di sviluppare le indispensabili partnership strategiche.

Il fabbisogno di importazioni europee di gas sul lungo termine

Il fabbisogno di importazioni risulta dalla differenza tra la domanda e la produzione interne. Sulla scorta dei due scenari della domanda utilizzati dal progetto ENCOURAGED, il fabbisogno d’importazioni per l’Europa (qui intesa come Unione europea, Svizzera e tutti i paesi balcanici) dovrebbe aumentare dai 220 miliardi di metri cubi (bcm) del 2000 a 470 bcm nel 2030 nello scenario a domanda ridotta e addirittura a 650 bcm nello scenario a domanda elevata (Figura 1), il che significa raddoppiare o triplicare il fabbisogno di importazioni nel giro di trent’anni. Tale evoluzione impone erogazioni crescenti da parte dei fornitori tradizionali ma anche lo sviluppo di fonti aggiuntive.

 

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Figura 1. Futuro fabbisogno di importazioni di gas per l’Europa

(Europa dei ventisette, Svizzera e tutti i paesi balcanici).

Fonte: DG-TREN e OME.

 

Occorre inoltre rilevare che, oltre alle incertezze circa la futura domanda europea, esiste anche molta insicurezza rispetto alle previsioni sulla futura produzione interna di gas. Il principale interrogativo riguarda il tasso di contrazione della produzione britannica di gas. Per esempio la stima qui utilizzata della Direzione generale trasporti ed energia della Commissione europea (EC DG-TREN) stima che nel 2020 la produzione britannica ammonterà a 88 bcm, mentre il ministero britannico del commercio e industria la valuta come inferiore ai 20 bcm. Sembra ragionevole prevedere un livello a metà tra queste due cifre, ma questo mette in luce quanta sia l’incertezza legata al futuro fabbisogno di gas importato. L’offerta esterna potenziale di gas all’Europa sul lungo termine

Al fine di soddisfare la futura domanda di importazioni, è stata fatta un’approfondita valutazione del potenziale a lungo termine delle fonti di approvvigionamento. Tale valutazione si basa su informazioni geologiche (riserve e risorse), sulle strategie e sulla pianificazione di paesi e aziende, su considerazioni di natura istituzionale, politica e geopolitica, nonché di mercato, non escluso il fatto che l’Europa deve competere con altri mercati mondiali per attirare le forniture future di gas. Si è preso inoltre in considerazione un gran numero di potenziali fornitori di gas naturale per l’Europa. La Tabella 1 mostra i risultati della valutazione dell’Osservatorio mediteraneo dell’energia (OME) sul potenziale di offerta esterna a lungo termine per l’Europa. Si prevede che la disponibilità totale raggiunga un livello di circa 450 bcm entro il 2010, di 640 bcm nel 2020 e più di 700 bcm per il 2030, rispetto ai 304 bcm importati nel 2005. Va rilevato che questo non è uno scenario relativo all’offerta, ma alle potenzialità dell’offerta, e si riferisce cioè ai paesi da cui l’Europa potrebbe attingere per ottenere certi volumi (quantità per tempo) di gas se ne avesse bisogno. Mentre si prevede che l’Algeria, la Norvegia e la Russia conserveranno il proprio ruolo dominante riguardo alle potenzialità dell’offerta, pare che ci possa essere una spettacolare crescita del potenziale di offerta da parte del Medio Oriente, della Nigeria, della Libia e dell’Egitto. Ciò significa che l’Europa avrà bisogno sia di nuovi importanti gasdotti sia di infrastrutture per l’importazione di gas naturale liquefatto (GNL).

 

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Inutile dire che non tutto questo potenziale sarà consumato se non lo richiederà il futuro fabbisogno di importazioni. Invece, se tale fabbisogno fosse superiore al previsto, potrebbero rendersi disponibili volumi aggiuntivi di gas per l’Europa soprattutto (ma non solo) dalla Russia e dal Qatar. Questi due paesi non solo hanno un enorme potenziale di riserve, ma la la ripartizione delle loro esportazioni tra diversi mercati mondiali sarà adattata in base alle esigenze della domanda. Per rendere disponibile all’Unione europea il suddetto potenziale di offerta sarebbe quindi necessario aggiungere nuovi corridoi a quelli già esistenti tra l’Europa e le tre principali zone di fornitura (Norvegia , Russia e Africa settentrionale). Sembra anche importante sviluppare linee dirette di esportazione del gas dalla regione del Caspio verso l’Europa attraverso la Turchia, nonché diverse filiere per il gas naturale liquefatto proveniente soprattutto dal Golfo Persico, dall’Africa settentrionale e occidentale, prevedendo scali in diversi paesi dell’Unione. In effetti si prevede che il gas naturale liquefatto copra circa un terzo del potenziale dell’offerta esterna di gas all’Unione entro il 2030. Tale tendenza richiederebbe in particolare di sviluppare ulteriormente le capacità europee di rigassificazione. In realtà, il potenziale dell’offerta di gas naturale liquefatto potrebbe arrivare a 227 bcm all’anno nel 2030, anche se nel 2005 ne sono stati forniti solo 37 bcm.

Esigenze di infrastrutture per i corridoi del gas

Diversi corridoi sono in fase di consolidamento o di sviluppo. I tracciati tradizionali verso l’Europa sono tutti in via di consolidamento. Sei nuovi corridoi sono in fase di sviluppo, dalla Norvegia al Regno Unito (Langeled Pipeline), dalla Russia alla Germania attraverso il Baltico (Nord Stream), dall’Algeria alla Spagna (Medgaz) e all’Italia (Galsi). Un altro importante tracciato in fase di sviluppo è il corridoio che va dal Medio Oriente e dal Caspio, attraverso la Turchia, ulteriormente prolungato attraverso la Grecia (interconnessione Turchia-Grecia-Italia) o attraverso le regioni orientali dei Balcani all’Austria (Nabucco), che permetterà di diversificare le fonti di approvvigionamento dell’Europa. In diversi paesi europei sono inoltre in fase di sviluppo o di progettazione vari terminali di rigassificazione del gas naturale liquefatto. La penetrazione del gas naturale liquefatto nel mercato dell’energia è particolarmente vistosa nel Regno Unito, e si prevede che diventi importante in Italia. Alcuni di questi progetti, però, sono esposti a ostacoli di natura amministrativa (soprattutto in Italia). I progetti dei gasdotti considerati potrebbero offrire una capacità d’importazione all’Europa di 100 bcm/anno in più per l’inizio del prossimo decennio. Inoltre, gli annunciati progetti per il gas naturale liquefatto rappresenterebbero una maggiore capacità di importazione di circa 100 bcm/anno, sempre entro l’inizio del prossimo decennio. La quantità di progetti proposti potrebbe quindi far ritenere che non ci siano problemi di inadeguatezza degli investimenti nelle infrastrutture internazionali per le forniture di gas verso l’Europa. Va tuttavia sottolineato che molti di questi progetti sono in discussione da parecchio tempo e che i tempi per il loro completamento sono spesso lunghi. Potrebbe anche esserci una selezione tra i vari progetti ed è possibile che non tutti siano alla fine realizzati. Resta comunque la necessità di garantire che, quanto meno, saranno disponibili a tempo debito le capacità di trasporto aggiuntive necessarie a soddisfare l’aumento di domanda.

Barriere agli investimenti per tipo di progetto d’importazione

Al centro della questione del finanziamento degli investimenti c’è la relazione tra l’incertezza, i costi dell’investimento e la sua redditività. I quattro esempi illustrati di seguito indicano come alcuni progetti risultino intrinsecamente sostenibili, mentre altri presentano maggiori difficoltà e possono richiedere un sostegno di natura politica o legislativa.

Il Nord Stream è un grosso gasdotto sottomarino (27,5 bcm) che attraversa il mar Baltico, collegando direttamente la Russia e la Germania. Mentre E.ON, Wintershall e Gasunie sono ormai partner ufficiali, il gasdotto è stato progettato e deciso senza nessun accordo di fornitura agli importatori. Promosso da Gazprom, esso punta a escludere i paesi di transito, come l’Ucraina. Grazie al sostegno di pochi importanti promotori, questo progetto non sembra che abbia davanti a sé grossi ostacoli.

Il progetto Medgaz (8 bcm) dall’Algeria alla Spagna è stato il primo proposto da CEPSA e Sonatrach, per assicurare le forniture di gas alla Spagna. Al progetto hanno aderito rapidamente numerosi partner, comprese le principali utilities spagnole nonché Total, GDF e BP. In effetti il Medgaz punta a rifornire anche la Francia e il mercato europeo.

Promossa dagli importatori, la decisione dell’investimento è stata presa e il gasdotto dovrebbe entrare in funzione entro il 2009.

Il gasdotto Galsi (da 8 a 10 bcm) dall’Algeria all’Italia, via Sardegna, è un’iniziativa congiunta di Sonatrach, ENEL, Edison e di vari altri partner, che si sono riservati una piccola quota delle capacità di trasporto. Gli accordi di spedizione stabiliranno la tempistica del progetto. A dif- ferenza del Nord Stream, il Galsi non gode del sostegno di uno o due importatori maggiori che possano offrire garanzie certe sull’erogazione futura.

Il progetto Nabucco è un gasdotto di grande capacità (25-30 bcm) che punta a collegare direttamente le risorse di gas della regione del Caspio e del Medio Oriente ai mercati dell’Unione europea. Mentre i suoi vantaggi potenziali sono notevolissimi, in termini di diversificazione dell’offerta e di stimolo alla concorrenza, questo progetto resta difficile da attuare per ora, a causa della complessità dei problemi di transito e della difficoltà di coordinare gli investimenti nelle infrastrutture di produzione e di trasporto.

I progetti di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto procedono abbastanza facilmente quando sono sostenuti dai beneficiari o da grossi produttori (come il terminal Fos nel sud della Francia, sviluppato da Gaz de France, e i terminali di rigassificazione in Spagna e nel Regno Unito), mentre altri, promossi da nuovi soggetti (come il terminal di Brindisi sviluppato da British Gas, come molti altri terminal in Italia), incontrano regolarmente ritardi a causa di ostacoli amministrativi e di rischi commerciali.

In sintesi, si può stimare il livello delle barriere agli investimenti in base all’esposizione ai rischi dei diversi progetti: rischi che riguardano il mercato (incertezza sui prezzi e i volumi), o che possono essere di natura normativa (incidenza di norme e regolamenti sulla redditività delle nuove infrastrutture) e di natura politica (incertezze relative alle relazioni internazionali e ai rischi del trasporto).

L’esposizione ai rischi e la capacità di limitarli da parte degli investitori incidono direttamente sulla sostenibilità sul lungo periodo dei progetti e sugli incentivi all’investimento. Come indicato nella Tabella 2, abbiamo individuato tre categorie di progetti, più o meno esposti a diversi rischi: i progetti promossi da esportatori (ad esempio Nord Stream), quelli promossi dagli importatori (come Medgaz, terminal Fos) e quelli misti (Nabucco e la maggior parte dei terminali per la rigassificazione). I progetti promossi da esportatori e importatori sono quelli relativamente meno difficili da portare a termine, grazie alle grandi quote di mercato e alle capacità finanziarie degli investitori.

 

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I più difficili da realizzare sono i progetti promossi da soggetti intermedi, sia gasdotti sia terminali di rigassificazione, che hanno l’obiettivo di penetrare in un mercato e non di consolidare una posizione a monte o a valle. Questo tipo di progetti è più esposto a rischi e può avere bisogno di un sostegno politico, visto che favorisce la concorrenza e la diversificazione dell’offerta.

Incentivi per promuovere gli investimenti nelle infrastrutture

In un contesto competitivo, il compito delle istituzioni è essenzialmente normativo: rendere più stabile il clima degli investimenti, ridurre i rischi normativi e realizzare le condizioni per rendere economicamente più sicuri i progetti più deboli. È inoltre di fondamentale importanza tenere conto del fatto che le infrastrutture internazionali rappresentano solo una parte della filiera del gas, che comprende anche i giacimenti di produzione. Infatti, a causa degli elevati rischi tecnici, le aziende che operano sui giacimenti non possono permettersi di farsi carico completamente dei rischi di mercato, che vanno scaricati sugli operatori a valle. Le norme devono pertanto rendere possibile la realizzazione di accordi commerciali che consentano di separare il rischio tecnico, attribuendolo agli operatori a monte, da quello commerciale, attribuendolo agli operatori a valle.

Quanto più è esposto al rischio, tanto più un progetto è difficile da attuare. Perciò, per promuovere gli investimenti nei corridoi del gas, le iniziative politiche e legislative devono concentrarsi su tre diversi tipi di intervento: limitazione dei rischi di mercato, limitazione del rischio normativo e limitazione del rischio politico.

Limitazione dei rischi di mercato

Disaggregando la filiera del gas, riducendo le protezioni al mercato a valle, sviluppando la concorrenza, si sono accresciuti i rischi che gli operatori devono affrontare. Per rendere più agevole questa azione può essere opportuno: a) consentire accordi a lunga scadenza, compresi i classici contratti a lungo termine, tra operatori a monte o intermedi, e società a valle; ciò implica la possibilità di una protezione a monte, di chi ha in carico il rischio tecnico, facendo sì che i grossisti a valle si facciano carico del rischio commerciale; b) assicurare uno status specifico agli accordi a monte, come le joint venture, che coinvolgono più partner. Per favorire la commercializzazione del gas, tali joint venture andrebbero considerate come un unico fornitore e non come un consorzio di più produttori; c) completare il mercato interno per aiutare grossisti e i soggetti che sviluppano i corridoi a limitare i rischi di mercato. Ciò implica garantire un accesso più ampio ai mercati nazionali, attraverso lo sviluppo di interconnessioni e l’omogeneizzazione delle normative in Europa.

Limitazione del rischio normativo

Le norme vanno adattate all’evoluzione delle condizioni di mercato (accesso di terzi, politica dei prezzi ecc.). Anche quando sono necessari, questi cambiamenti apportano una maggiore incertezza che può trasformarsi in una barriera importante per gli investimenti. Per sostenere lo sviluppo di corridoi per il gas, si raccomanda pertanto di: a) definire le norme di accesso da parte di terzi alle nuove infrastrutture sulla base di una valutazione caso per caso. Chi sviluppa nuovi progetti si prende un rischio e non può permettersi di lasciare la porta aperta ai free rider. Chi stabilisce le regole deve riconoscere questo rischio e impedire l’accesso a terzi, compatibilmente con le regole interne di mercato. Una soluzione soddisfacente può essere quella della open season, che offre un compromesso tra la tutela degli investitori e lo sviluppo della concorrenza; b) definire con chiarezza i confini del mercato interno del gas in Europa per stabilire le norme che si applicano ai diversi operatori impegnati nello sviluppo dei corridoi. È particolarmente importante chiarire le norme che regolano i segmenti terminali dei gasdotti che si trovano all’interno dell’Unione europea, pur facendo parte di corridoi internazionali; c) rendere le norme più prevedibili e più stabili. Le frequenti modifiche normative inducono gli investitori ad anticipare i cambiamenti futuri e questo può portarli a ritardare gli investimenti. È pertanto importante rendere più trasparente la dinamica legislativa, indicando senza ambi- guità quali sono le priorità politiche (per esempio se si vuole favorire la concorrenza o la sicurezza delle forniture).

Limitazione del rischio politico

La dimensione internazionale del commercio del gas ne acuisce l’esposizione ai rischi politici, soprattutto per l’instabilità istituzionale dei paesi di produzione e di transito, per i conflitti tra governi e così via. Un contesto politico adeguato e amico migliora notevolmente il clima per gli investimenti. Si dovrebbero prendere in considerazione anche alcune forme di sostegno economico-istituzionale per i progetti che favoriscono la sicurezza, la diversificazione dell’offerta e la concorrenza, ma che hanno davanti a sé notevoli ostacoli, come: a) rimuovere gli ostacoli istituzionali e normativi allo sviluppo di nuovi progetti: ciò vale in particolare per i terminali di rigassificazione, spesso in ritardo o rinviati per ragioni amministrative o politiche; b) garantire sostegno finanziario ai corridoi prioritari, per cui quando non è possibile completare gli investimenti considerati importanti per la sicurezza o la diversificazione, esclusivamente a causa di considerazioni di mercato (per esempio per mancanza di garanzie sul volume), questi dovrebbero essere sostenuti con crediti internazionali (EIB, EBRD) o con garanzie governative; c) sviluppare organi internazionali di conciliazione o arbitrato. Poter contare su arbitri credibili per risolvere le dispute internazionali garantisce maggiore sicurezza agli investitori.

Si dovrebbe promuovere un maggiore sviluppo dell’attività del Segretariato del Trattato della Carta dell’Energia e di altri organismi sopranazionali; d) garantire stabilità internazionale e fiducia. Poiché la sicurezza dell’offerta coinvolge diversi paesi, tutti i potenziali partner devono collaborare. Si raccomandano dunque posizioni equilibrate che nei negoziati internazionali tengano conto degli interessi dei paesi produttori e di quelli di transito, senza limitarsi a concentrarsi sulla sicurezza delle forniture all’Europa.

Alcune considerazioni geopolitiche conclusive

Quanto detto mostra come esista un’abbondante offerta potenziale di gas, in grado di soddisfare la futura domanda di importazioni in Europa. Molti progetti sono in fase di elaborazione, ed è probabile che molti di essi si concretizzino presto. Ma i progetti che possono meglio contribuire alla diversificazione dell’offerta e accrescere la concorrenza sembrano i più difficili da attuare (per esempio il cosiddetto «quarto corridoio» attraverso la Turchia e i Balcani, o certi terminali di rigassificazione). Pertanto, quando non è possibile completarli sulla sola base di considerazioni di mercato, gli investimenti ritenuti importanti per la sicurezza e la diversifica- zione dell’offerta dovrebbero ricevere un sostegno politico. Sembra inoltre importante che l’Unione europea definisca una politica energetica coerente.

Nel corso degli anni l’Unione europea ha elaborato una serie di misure politiche (il Trattato sulla Carta dell’Energia, l’accordo quadro INOGATE, la politica europea di vicinato, la Comunità dell’Energia, per non parlare dello stesso allargamento dell’Unione) che puntano ad affrontare i rischi geopolitici nelle aree confinanti, comprese soprattutto le minacce agli approvvigionamenti energetici. Tali misure sono ben fondate ed esaustive. Tuttavia sono possibili alcuni miglioramenti.

In primo luogo si dovrebbero aumentare gli sforzi per favorire la creazione di un mercato unico, integrato e competitivo in Europa – in sostanza, trasformare un’idea in realtà. Il mercato unico europeo per l’energia è un progetto ma non ancora una realtà. In certi documenti della Commissione si tende a parlare come se fosse una realtà, finendo così per nascondere l’esigenza di un investimento molto più deciso per aumentare le capacità d’interscambio energetico tra i paesi membri dell’Unione.

Oggi l’assenza di un’effettiva integrazione del mercato europeo risulta essere il primo e principale ostacolo all’attuazione di una politica energetica comune dell’Unione verso il resto del mondo. La credibilità di tutti gli strumenti disponibili viene sostanzialmente messa in pericolo se viene a mancare l’asse centrale della strategia dell’Unione – accesso ai principali mercati energetici del mondo.

In secondo luogo bisognerebbe integrare la Turchia. La Turchia è la porta verso le forniture dei gasdotti da sud-est e la principale speranza di diversificazione dell’offerta tramite gasdotti per l’Europa. Se la Turchia non viene integrata nel mercato unico europeo per l’energia, è possibile diversificare solo per mezzo di importazioni di gas naturale liquefatto. È certamente possibile farlo, ma ovviamente la posizione dell’Unione si indebolirebbe se questo paese prendesse una posizione nazionalista sull’energia, imitando in questo la Russia Infine si dovrebbe incoraggiare la trasformazione della Russia. L’attuale atteggiamento della Russia nelle questioni energetiche è giustificato e razionale se il paese considera se stesso principalmente come un produttore ed esportatore di idrocarburi, piuttosto che come un paese industrializzato che desidera integrarsi nel mercato europeo e nel pro- cesso di globalizzazione. Poiché la produzione e le esportazioni di idrocarburi sono in aumento e i prezzi dei prodotti energetici restano elevati, la produzione industriale russa può perdere competitività, a causa del conseguente apprezzamento del tasso di cambio reale (il cosiddetto Dutch disease). La Russia resta comunque un’importante potenza industriale, nonostante la difficile transizione dal passato sovietico, e non sono pochi quelli che, al suo interno, sono in favore di una strategia diversa. L’Unione europea può svolgere un ruolo attivo per incoraggiare questa evoluzione strategica, sostenendo gli interessi e la vocazione industriale della Russia, per controbilanciare la lobby degli idrocarburi e incoraggiare il processo verso un settore energetico più competitivo. Possiamo pertanto concludere che l’inserimento di considerazioni di politica energetica nella politica estera dell’Unione europea consiste nell’impiego delle leve diplomatiche, politiche ed economiche atte a favorire la più ampia attuazione delle norme e principi del mercato energetico comune.1

 

[1] Questo articolo si basa sul lavoro svolto dall’OME nel quadro del progetto ENCOURAGED (Energy Corridor Optimization for the European Markets for Gas, Electricity and Hydrogen) finanziato dalla Commissione europea-DG ricerca. L’autore, che ha coordinato la parte del progetto ENCOURAGED relativa ai corridoi del gas, desidera ringraziare i colleghi dell’OME, Habib El Andaloussi, Benoit Esnault, Sohbet Karbuz e Giacomo Luciani per i loro contributi.